Robo advisor il dibattito continua e il focus resta la consulenza
Lavoro per una società di consulenza e mi occupo da anni del mondo dei Financial Services. Seguo da tempo tutte le tematiche innovative connesse ad aspetti finanziari e mi ha incuriosito molto il dibattito sul tema della consulenza automatizzata su Plus24. Devo dire che la diversità di posizioni e vedute da parte dei vari esperti che sono intervenuti è fisiologica quando si tratta di affrontare un tema innovativo che per il mercato europeo non trova ancora una sua collocazione ben precisa. Leggendo anche i rapporti delle principali società di consulenza si nota come nemmeno i dati sugli orientamenti dei consumatori verso il robo- advising sono chiari e distanti tra loro. Io farei un passo indietro nella discussione, analizzando i fattori che richiedono un cambiamento nel mondo della consulenza finanziaria, che sono connessi sia alla domanda sia all’offerta. Uno studio condotto recentemente dal centro ricerche della Consob dimostra che gli investitori italiani non riconoscono il servizio di consulenza come un valore aggiunto che merita un pagamento. Partendo dal presupposto universale secondo cui il cliente ha sempre ragione, proverei ad analizzare gli errori che hanno commesso (e stanno commettendo) gli intermediari. Se gli investitori si fidano poco di consulenti e intermediari è sicuramente per la presenza di elevati conflitti d’interesse. Negli anni successivi alla grande crisi il servizio di consulenza è servito alle imprese di investimento per tre motivi: raccogliere capitale vendendo azioni proprie, ottenere liquidità collocando obbligazioni e garantirsi una fonte di reddito alternativa al margine di interesse collocando prodotti di terzi, principalmente fondi, polizze e certificati con elevati costi di ingresso e di gestione. Inoltre la consulenza è sempre stata offerta in un’ottica Mifidbased, essendo limitata alla sola valutazione di adeguatezza, non come un servizio con una sua dignità (anche contrattuale) pertanto il cliente l’ha sempre percepita come un suo diritto normativo più che come un’opportunità o un servizio.