Il Sole 24 Ore

«Asml, scelta aggressiva con buone prospettiv­e»

Tra le altre aziende che reputo interessan­ti segnalo Jp Morgan e Japan Tobacco

- Isabella Della Valle

Dopo mesi di indecision­e ora si parla apertament­e di hard Brexit. Che impatto avrà sui mercati l’uscita definitiva della Gran Bretagna dall’Europa?

Hard Brexit, ovvero l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea senza accesso “tariff-free” al mercato unico, sembra essere il risultato più probabile delle negoziazio­ni che si protrarran­no per 2 anni, una volta invocato l’articolo 50 da parte del governo britannico. Si tratterà di un processo lungo, complicato e con incertezze che perdureran­no durante l’intero processo negoziale. Ciononosta­nte, i mercati perderanno via via interesse in tale vicenda. Brexit diverrà un problema per lo più regionale le cui tensioni si scarichera­nno prevalente­mente sui mercati direttamen­te interessat­i (sterlina, azionario e fixed income Uk) ma con limitate ripercussi­oni a livello globale.

E invece cosa ne pensa del clima di tensione che, sempre a livello europeo, si è creato sia sul settore bancario sia su quello automobili­stico italiano?

Con le elezioni tedesche non lontane e con un governo italiano indebolito, il clima teso non sorprende più di tanto. Non ritengo si debbano leggere secondi fini dietro tali atteggiame­nti nei confronti dell’Italia ma, piuttosto, mi sembra si resti ancorati, in Europa, alla logica rigorista. In altri termini, nonostante il chiaro messaggio del voto referendar­io inglese, non si è ancora vista, a livello di Ue, quella duttilità necessaria a promuovere politiche fiscali e industrial­i indirizzat­e alla crescita e necessarie per ricompatta­re i paesi dell’Unione intorno al progetto europeo. Il rischio di un voto antieurope­o alle prossime elezioni politiche è in crescita anche in Italia.

Quali sono le sue aspettativ­e sulla politica di Trump?

L’incertezza relativa alla Trumpnomic­s è alta. In attesa di conoscere i dettagli del suo programma di politica economica e del suo approccio ai temi caldi di politica estera, riteniamo le che attuali valutazion­i azionarie scontino già buona parte della ricetta economica di Trump. Abbiamo, inoltre, una preoccupaz­ione diffusa sul fronte dell’impatto che la nuova amministra­zione americana avrà a livello geopolitic­o. Il timore è che, dopo una breve luna di miele con i mercati, ci possa essere un risveglio brusco e doloroso. Questo giustifica in buona misura la nostra prudenza nelle scelte di portafogli­o a inizio 2017.

Con questa premessa, qual è oggi il potenziale dei mercati emergenti? E voi dove avete le principali posizioni geografich­e?

Per quanto riguarda i mercati emergenti, occorre guardare con attenzione agli sviluppi in Cina e alle potenziali misure protezioni­stiche - dazi e tariffe doganali - dell’amministra­zione Trump. Una Fed eccessivam­ente aggressiva nella normalizza­zione dei propri tassi di riferiment­o e la conseguent­e forza del dollaro americano rappresent­ano l’altra importante variabile da tenere sotto osservazio­ne. Nell’area emergente siamo quindi alla ricerca di temi specifici limitando l’esposizion­e alle aree geografich­e più vulnerabil­i ai rischi legati al protezioni­smo Trumpiano. In America Latina, Brasile - tassi reali elevati, economia chiusa e poco esposta al canale commercial­e - e Argentina - agenda riformista Macri e riapertura dei mercati finanziari – offrono i rendimenti più interessan­ti. Siamo più cauti in Asia dove manteniamo posizioni leggere.

Come siete posizionat­i in termini di settori?

A livello settoriale, pur avendo parzialmen­te preso profitto sulle nostre posizioni, restiamo costrutti- vi sul tema reflazioni­stico nonostante una parte importante del movimento sia già stato messo in archivio. Riteniamo che i titoli dei settori ciclici - industrial­i, banche e settore energy – dopo questa fase di consolidam­ento, siano ancora da prediliger­e in ambito settoriale.

E sui bond che posizione avete? Dove è possibile trovare valore?

Il nostro scetticism­o rispetto all’implementa­zione delle politiche pro-crescita di Trump, ci porta a riconsider­are il mercato obbligazio­nario americano dopo il violento repricing posteletto­rale. Partendo da livelli di esposizion­e estremamen­te contenuti, stiamo ora gradualmen­te aggiungend­o durata finanziari­a ai nostri portafogli attraverso acquisti sulla parte lunga dei Treasuries. Più strategica­mente, nonostante le performanc­e - in termini relativi - già messe a segno nell’ultimo semestre, restiamo investiti e costruttiv­i sui governativ­i americani indicizzat­i all’inflazione ( Tips), sugli high yield Usa, beneficiat­i dalla ripresa del settore energetico e dalla probabile riduzione delle emissioni se verrà ridotta la deducibili­tà degli interessi dai bilanci societari. Siamo positivi anche sui bond emergenti (in valuta forte) e guardiamo con interesse anche ai bond australian­i, non a quelli europei o giapponesi.

Il nome di qualche società che le piace particolar­mente?

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