«Asml, scelta aggressiva con buone prospettive»
Tra le altre aziende che reputo interessanti segnalo Jp Morgan e Japan Tobacco
Dopo mesi di indecisione ora si parla apertamente di hard Brexit. Che impatto avrà sui mercati l’uscita definitiva della Gran Bretagna dall’Europa?
Hard Brexit, ovvero l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea senza accesso “tariff-free” al mercato unico, sembra essere il risultato più probabile delle negoziazioni che si protrarranno per 2 anni, una volta invocato l’articolo 50 da parte del governo britannico. Si tratterà di un processo lungo, complicato e con incertezze che perdureranno durante l’intero processo negoziale. Ciononostante, i mercati perderanno via via interesse in tale vicenda. Brexit diverrà un problema per lo più regionale le cui tensioni si scaricheranno prevalentemente sui mercati direttamente interessati (sterlina, azionario e fixed income Uk) ma con limitate ripercussioni a livello globale.
E invece cosa ne pensa del clima di tensione che, sempre a livello europeo, si è creato sia sul settore bancario sia su quello automobilistico italiano?
Con le elezioni tedesche non lontane e con un governo italiano indebolito, il clima teso non sorprende più di tanto. Non ritengo si debbano leggere secondi fini dietro tali atteggiamenti nei confronti dell’Italia ma, piuttosto, mi sembra si resti ancorati, in Europa, alla logica rigorista. In altri termini, nonostante il chiaro messaggio del voto referendario inglese, non si è ancora vista, a livello di Ue, quella duttilità necessaria a promuovere politiche fiscali e industriali indirizzate alla crescita e necessarie per ricompattare i paesi dell’Unione intorno al progetto europeo. Il rischio di un voto antieuropeo alle prossime elezioni politiche è in crescita anche in Italia.
Quali sono le sue aspettative sulla politica di Trump?
L’incertezza relativa alla Trumpnomics è alta. In attesa di conoscere i dettagli del suo programma di politica economica e del suo approccio ai temi caldi di politica estera, riteniamo le che attuali valutazioni azionarie scontino già buona parte della ricetta economica di Trump. Abbiamo, inoltre, una preoccupazione diffusa sul fronte dell’impatto che la nuova amministrazione americana avrà a livello geopolitico. Il timore è che, dopo una breve luna di miele con i mercati, ci possa essere un risveglio brusco e doloroso. Questo giustifica in buona misura la nostra prudenza nelle scelte di portafoglio a inizio 2017.
Con questa premessa, qual è oggi il potenziale dei mercati emergenti? E voi dove avete le principali posizioni geografiche?
Per quanto riguarda i mercati emergenti, occorre guardare con attenzione agli sviluppi in Cina e alle potenziali misure protezionistiche - dazi e tariffe doganali - dell’amministrazione Trump. Una Fed eccessivamente aggressiva nella normalizzazione dei propri tassi di riferimento e la conseguente forza del dollaro americano rappresentano l’altra importante variabile da tenere sotto osservazione. Nell’area emergente siamo quindi alla ricerca di temi specifici limitando l’esposizione alle aree geografiche più vulnerabili ai rischi legati al protezionismo Trumpiano. In America Latina, Brasile - tassi reali elevati, economia chiusa e poco esposta al canale commerciale - e Argentina - agenda riformista Macri e riapertura dei mercati finanziari – offrono i rendimenti più interessanti. Siamo più cauti in Asia dove manteniamo posizioni leggere.
Come siete posizionati in termini di settori?
A livello settoriale, pur avendo parzialmente preso profitto sulle nostre posizioni, restiamo costrutti- vi sul tema reflazionistico nonostante una parte importante del movimento sia già stato messo in archivio. Riteniamo che i titoli dei settori ciclici - industriali, banche e settore energy – dopo questa fase di consolidamento, siano ancora da prediligere in ambito settoriale.
E sui bond che posizione avete? Dove è possibile trovare valore?
Il nostro scetticismo rispetto all’implementazione delle politiche pro-crescita di Trump, ci porta a riconsiderare il mercato obbligazionario americano dopo il violento repricing postelettorale. Partendo da livelli di esposizione estremamente contenuti, stiamo ora gradualmente aggiungendo durata finanziaria ai nostri portafogli attraverso acquisti sulla parte lunga dei Treasuries. Più strategicamente, nonostante le performance - in termini relativi - già messe a segno nell’ultimo semestre, restiamo investiti e costruttivi sui governativi americani indicizzati all’inflazione ( Tips), sugli high yield Usa, beneficiati dalla ripresa del settore energetico e dalla probabile riduzione delle emissioni se verrà ridotta la deducibilità degli interessi dai bilanci societari. Siamo positivi anche sui bond emergenti (in valuta forte) e guardiamo con interesse anche ai bond australiani, non a quelli europei o giapponesi.
Il nome di qualche società che le piace particolarmente?