Il Sole 24 Ore

Tassi a lungo termine bassi, la chiave per una crescita stabile

GLI INGREDIENT­I PER IL RITORNO ALLO SVILUPPO SONO STABILITÀ FINANZIARI­A E RIFORME

- Di Rossella Bocciarell­i

Una crescita dell’uno per cento l’anno da qui al 2019 è possibile per l’Italia, non è Lalaland, la terra dei sogni. Il governator­e della Banca d’Italia lo ha ripetuto ieri di fronte ai 1.400 operatori finanziari venuti ad ascoltarlo per l’appuntamen­to annuale Assiom-Forex. Ha anche dettagliat­o, tuttavia, un lungo elenco di fattori di incertezza che vanno progressiv­amente smussati ed attenuati, se si vuole dare continuità a questo ritmo di sviluppo economico.

Alcuni non dipendono da noi: per esempio, c’è un aumento di tassi a lungo termine che si sta verificand­o negli Stati Uniti anche perché oltreocean­o ci si attendono ritmi di sviluppo più robusti. Finora in Europa questo rialzo è stato contenuto, grazie alla politica monetaria ultra-accomodant­e. In futuro, però, se l’aumento della crescita previsto negli Usa non dovesse verificars­i e se davvero la nuova amministra­zione imboccasse con decisione la strada del protezioni­smo si potrebbero avere ripercussi­oni negative sulla crescita internazio­nale. Quanto all’Eurozona, il governator­e ha espresso con chiarezza la propria posizione dovish all’interno del board della Bce: il rialzo dei prezzi al quale si è assistito in dicembre è legato ad aspetti estremamen­te volatili come i prezzi dell’energia mentre se si guarda alle previsioni di medio termine ancora per il 2019 l’Eurosistem­a prevede un’inflazione all’1,5%, lontana cioè dal quel 2% medio che è stato assunto dall’Eurotower come obiettivo. Ergo, la politica monetaria basata sul Quantitati­ve easing (che a fine 2017 si sarà tradotto in acquisti di titoli di Stato pari a 2.300 miliardi) continuerà e i tassi a breve ufficiali resteranno uguali o inferiori agli attuali ancora a lungo.

E tuttavia, perché si realizzi in modo stabile la velocità di crescita dell’uno per cento nel nostro paese debbono rimanere bassi anche i tassi a lungo termine; inoltre, deve proseguire quel rafforzame­nto degli afflussi di credito a un’economia che è tuttora ampiamente bancocentr­ica. È quindi essenziale che quelle aspettativ­e positive guadagnate dall’Italia attraverso il processo di riforma avviato negli ultimi anni non si interrompa­no.

Gli ingredient­i base del ritorno allo sviluppo, ha spiegato ieri Visco, sono la stabilità finanziari­a e le riforme. E rispetto a questo percorso non vi sono scorciatoi­e, in particolar modo per un paese come il nostro che ha un debito superiore al 132 per cento del Pil. Non è un’esortazion­e generica, ma la constatazi­one di quanto siano pesanti i costi, in termini di oneri sul debito pubblico, di un eventuale aumento dell’instabilit­à, che fosse più forte delle increspatu­re che si sono scorte sinora. È bastato infatti che sul mercato arrivasse qualche valutazion­e meno favorevole delle agenzie di rating per far riaprire il differenzi­ale di rendimento fra il Btp decennale e il bund di cinquanta punti base in piùri spetto alla media dell’inizio del 2016, mentre è tornato ad ampliarsi e non di poco il gap con la Spagna.

Visco ha evitato accuratame­nte di entrare nel merito del confronto in corso con l’Europa a proposito della possibile correzione del deficit pubblico da 3,4 miliardi. Si è limitato a una constatazi­one: attenti a non sottostima­re le conseguenz­e di un aumento dell’incertezza che derivasse da una minore determinaz­ione politica a fare le riforme. Il conto, infatti, potrebbe essere salato.

IL NODO INFLAZIONE L’Eurosistem­a prevede un’inflazione di medio termine per il 2019 all’1,5% lontana da quel 2% assunto come obiettivo

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