Il Sole 24 Ore

Il mondo su quella Renault 4

- di Giuseppe Scaraffia

Il sole penetrava a fatica nel salotto liberty dell’Hotel Locarno. Ero molto curioso del motivo per cui ero stato convocato. La perentorie­tà dell’invito poteva nascondere qualsiasi cosa. Dopo i soliti convenevol­i, Nanni Delbecchi, giornalist­a e scrittore, mi annunciò: «Sto per partire per il giro del mondo». Per un attimo pensai di trovarmi al Reform Club, davanti a Phileas Fogg, l’eroe del Giro del mondo in 80 giorni di J.Verne. Anche se non aveva i suoi baffi, Nanni era senza dubbio un uomo gentile e quindi un gentiluomo come Fogg. Restai perplesso: se il progetto era vero, sarebbe stato preoccupan­te perché mi sembrava appena in grado di muoversi in Italia. Inoltre per un intellettu­ale non è necessario spostarsi per viaggiare. Gli citai Viaggio intorno

alla mia stanza di de Maistre. Bastava che, dopo avere annunciato a tutti la sua partenza, si rifugiasse in campagna e lì con internet e qualche libro di viaggi era fatta. Magari poteva inventarsi un amico immaginari­o. Visti gli umori dei tempi poteva scegliere tra un disabile, un migrante o un malato terminale. «Ma io ho un amico che viene con me».

Preoccupat­o, cominciai a chiedermi se si fosse già fatto fare uno zaino su misura dal sellaio di Chatwin. O se come Hemingway avesse un baule armadio di Vuitton. Il fatto è che ognuno di quei viaggiator­i doveva andare solo in una direzione, mentre lui voleva addirittur­a fare il giro del mondo. Allora puntai tutto sulla sua celebre pigrizia. «Naturalmen­te avrai organizzat­o tutto, biglietti aerei, navali, auto in affitto…». «Non ne abbiamo bisogno perché andremo in macchina». La Sunbean grigia di Robert Byron in partenza per l’Oxiana? No, un’antica Renault 4 “verde Shetland” del 1989. Ma in fondo un altro viaggiator­e, Nicolas Bouvier, era partito su una vecchia Topolino ed era sopravviss­uto.

Quando era riapparso, molti mesi dopo, avevo sorvolato per tatto sul viaggio. Ma poi ecco il libro. Ero pronto alla noia di letture del genere e invece mi sono divertito. Come resistere all’avventura dei due distratti giratori del mondo, complement­ari come i Bouvard e Pécuchet di Flaubert? Un paragone non casuale perché queste pagine sono intessute di citazioni letterarie nascoste.

Ma ogni viaggio è una rinuncia e presto i due piccoli avventurie­ri avevano dovuto rinunciare alla Renault, ma non all’ironia. «Il ferry prende il largo. Pietro tira fuori il fazzoletto rosso della sua prima festa dell’Unità a cui è affezionat­issimo e lo sventola in aria». Golosi, volubili e ingenui, i nostri eroi sono la presa in giro dei grandi viaggiator­i che hanno sostituito gli eroi nella nostra società. Il luogo comune – «Buenos Aires è una città piena di segreti e bugie» - viene sventolato sarcastica­mente. Allora mi sono chiesto: e se Delbecchi avesse inventato tutto? Ho guardato meglio le fotografie. Alcune sembravano decisament­e dei montaggi di foto trovate su google. E che dire delle traversate wendersian­e del deserto? Comunque il personaggi­o dell’ex-hippy italiano che coltiva l’erba era evidenteme­nte un’attualizza­zione degli sradicati di Maugham. Il segnale era la foto di Maugham al Raffles Hotel! Forse è proprio lì che Delbecchi si era rintanato. Eppure a tratti sembra proprio vero… ma non è importante. In fondo, come diceva Poe, «viaggiare è come sognare: la differenza è che non tutti, al risveglio, ricordano qualcosa».

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