Il mondo su quella Renault 4
Il sole penetrava a fatica nel salotto liberty dell’Hotel Locarno. Ero molto curioso del motivo per cui ero stato convocato. La perentorietà dell’invito poteva nascondere qualsiasi cosa. Dopo i soliti convenevoli, Nanni Delbecchi, giornalista e scrittore, mi annunciò: «Sto per partire per il giro del mondo». Per un attimo pensai di trovarmi al Reform Club, davanti a Phileas Fogg, l’eroe del Giro del mondo in 80 giorni di J.Verne. Anche se non aveva i suoi baffi, Nanni era senza dubbio un uomo gentile e quindi un gentiluomo come Fogg. Restai perplesso: se il progetto era vero, sarebbe stato preoccupante perché mi sembrava appena in grado di muoversi in Italia. Inoltre per un intellettuale non è necessario spostarsi per viaggiare. Gli citai Viaggio intorno
alla mia stanza di de Maistre. Bastava che, dopo avere annunciato a tutti la sua partenza, si rifugiasse in campagna e lì con internet e qualche libro di viaggi era fatta. Magari poteva inventarsi un amico immaginario. Visti gli umori dei tempi poteva scegliere tra un disabile, un migrante o un malato terminale. «Ma io ho un amico che viene con me».
Preoccupato, cominciai a chiedermi se si fosse già fatto fare uno zaino su misura dal sellaio di Chatwin. O se come Hemingway avesse un baule armadio di Vuitton. Il fatto è che ognuno di quei viaggiatori doveva andare solo in una direzione, mentre lui voleva addirittura fare il giro del mondo. Allora puntai tutto sulla sua celebre pigrizia. «Naturalmente avrai organizzato tutto, biglietti aerei, navali, auto in affitto…». «Non ne abbiamo bisogno perché andremo in macchina». La Sunbean grigia di Robert Byron in partenza per l’Oxiana? No, un’antica Renault 4 “verde Shetland” del 1989. Ma in fondo un altro viaggiatore, Nicolas Bouvier, era partito su una vecchia Topolino ed era sopravvissuto.
Quando era riapparso, molti mesi dopo, avevo sorvolato per tatto sul viaggio. Ma poi ecco il libro. Ero pronto alla noia di letture del genere e invece mi sono divertito. Come resistere all’avventura dei due distratti giratori del mondo, complementari come i Bouvard e Pécuchet di Flaubert? Un paragone non casuale perché queste pagine sono intessute di citazioni letterarie nascoste.
Ma ogni viaggio è una rinuncia e presto i due piccoli avventurieri avevano dovuto rinunciare alla Renault, ma non all’ironia. «Il ferry prende il largo. Pietro tira fuori il fazzoletto rosso della sua prima festa dell’Unità a cui è affezionatissimo e lo sventola in aria». Golosi, volubili e ingenui, i nostri eroi sono la presa in giro dei grandi viaggiatori che hanno sostituito gli eroi nella nostra società. Il luogo comune – «Buenos Aires è una città piena di segreti e bugie» - viene sventolato sarcasticamente. Allora mi sono chiesto: e se Delbecchi avesse inventato tutto? Ho guardato meglio le fotografie. Alcune sembravano decisamente dei montaggi di foto trovate su google. E che dire delle traversate wendersiane del deserto? Comunque il personaggio dell’ex-hippy italiano che coltiva l’erba era evidentemente un’attualizzazione degli sradicati di Maugham. Il segnale era la foto di Maugham al Raffles Hotel! Forse è proprio lì che Delbecchi si era rintanato. Eppure a tratti sembra proprio vero… ma non è importante. In fondo, come diceva Poe, «viaggiare è come sognare: la differenza è che non tutti, al risveglio, ricordano qualcosa».