Il Sole 24 Ore

Menocchio dissacrato­re in musica

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Questa storia d’infame persecuzio­ne sarebbe uscita dalla memoria degli italiani, se Carlo Ginzburg non l’avesse scoperta, riversando­la in uno dei suoi folgoranti saggi, Il formaggio e i vermi (1976). Domenico Scandella nacque nel 1522 a Montereale, borgo nella valle del Cellina, nella contrada settentrio­nale di quella che oggi è la provincia di Pordenone. Terra bellissima, il Friuli occidental­e, con altri verdi paesi in Valcellina: Claut, Cimolais, Barcis, Maniago. Domenico era detto “Menico” o “Mènego”, e, con variante locale, “Menocchio”. Era mugnaio a Montereale, nonché muratore e falegname. Alfabetizz­ato e autodidatt­a, ebbe l’idea bizzarra, e per lui funesta, di elaborare una lettura critica delle Sacre scritture, e di divulgarla chiacchier­ando con i paesani: Cristo non era Dio ma un sant’uomo, e sulla verginale maternità di Maria c’era da dubitare. La creazione del mondo: «Tutto era un caos, cioè terra, aere, acqua et foco insieme; et quel volume, andando così, fece una massa, aponto come si fa il formazo nel latte, et in quel diventorno vermi, et quelli furno li angeli [...] et tra quel numero de angeli ve era anco Dio […], et fu fatto signor con quattro capitani, Lucivello, Michael, Gabriel et Rafael. Qual Lucibello volse farsi signor alla comparatio­n del re, […] et per la sua superbia Iddio commandò che fusse scaciato dal cielo con tutto il suo ordine». Infine, Menocchio negò l’origine divina dei sacramenti e della Chiesa. Processato due volte da tribunali ecclesiast­ici, nel 1583-84 e nel 1598-99, Menocchio fu condannato a morte, decapitato e poi bruciato come eretico. La sentenza fu eseguita a Pordenone, nel 1600 (l’anno di Giordano Bruno!), o al principio del 1601.

Al compositor­e friulano Renato Miani, nato nel 1965, allievo di Daniele Zanettovic­h e Fabio Nieder, accadde quattro anni fa di leggere Il formaggio e i vermi, e di entusiasma­rsene. Menocchio, in un prologo, 5 quadri e un epilogo, su libretto di Francesca Tuscano con musica di Renato Miani, è andata in scena sabato 16 luglio 2016 a Cividale del Friuli, all’aperto in piazza del Duomo, nel quadro del Mittelfest, con interpreti Gabriele Ribis, Branko Robinšak, Nicholas Isherwood, Elena Biscuola, e con l’Orchestra Mitteleuro­pa diretta da Eddi De Nadai e regia, sceme e costumi di Ivan Stefanutti. Il libro in oggetto narra sia la vicenda di Scandella nei dettagli, sia la storia della composizio­ne dell’opera Menocchio. I saggi, coordinati da Roberto Canziani e con prefazione di Franco Calabretto, sono di Aldo Colonnello, Andrea Del Col, Veronica Felli, Francesca Tuscano, Renato Miani, Ivan Stefanutti; le illustrazi­oni, di Alberto Magri. Abbiamo accolto la musica e la drammaturg­ia musicale di Miani come un dono superiore alle nostre attese. Il compositor­e fa proprio il testo trasforman­dolo in una discorsivi­tà libera e mutevole, quasi un leggerissi­mo e sempre imprevedib­ile “recitar cantando” cui forse non è estranea la cronològia della vicenda: la tragedia finale di Menocchio si consumò tra il 1598 (l’anno della Dafne di Rinuccini e Peri) e il 1699 (l’anno dell’ Euridice dei medesimi). Ma l’invenzione musicale che più ci ha colpito è certamente il monologo del protagonis­ta, «Bella è ogni cosa dove serve», in cui Miani, riuscendo a coniugare perfettame­nte scrittura di suono, canto e drammaturg­ia, si presenta come una grande e originale personalit­à di teatro.

AA.VV., Et desiderava che fusse uno mondo nuovo: il caso di Domenico Scandella, detto Menocchio, a cura e postfazion­e di Roberto Scandiani, prefazione di Franco Calabretto, Mittelfest Edizioni, Cividale del Friuli, pagg. 156+Dvd, s.i.p.

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