Il Sole 24 Ore

Busta paga degli statali: negli anni della crisi un calo medio del 6%

I dati della Ragioner ia sulle retr ibuzioni lorde

- Gianni Trovati u

pIn attesa di un complicato rinnovo del contratto (si dovranno trovare, ma non è chiaro come, risorse per 85 euro di aumenti medi), il pubblico impiego ha subìto negli anni della crisi (20112015) una riduzione della retribuzio­ne lorda effettiva del 6,2 per cento.

Ma si tratta di un mondo molto differenzi­ato al suo interno, come segnala il dossier pubblicato dalla Ragioneria generale dello Stato. Nei singoli ex-comparti si trovano cali del 10,4% (nella scuola), dell’8% nelle agenzie fiscali, del 7,4% nelle Università e del 6,4% nelle Regioni e nelle autonomie locali.

Le grida «al voto, al voto!» che hanno cominciato a levarsi subito dopo la sentenza della Corte costituzio­nale sull’Italicum alzano un terzo ostacolo sulla strada accidentat­a che porta al rinnovo dei contratti pubblici, e che per arrivare al traguardo deve dare risposta a due incognite di peso: dove si trovano le risorse per garantire gli 85 euro di aumenti medi assicurati dall’intesa firmata con i sindacati il 30 novembre scorso e come si ricostruis­ce la cornice delle regole per far ripartire gli accordi, con i tecnici del governo al lavoro sul nuovo decreto per il pubblico impiego (anticipato sul Sole 24 Ore di sabato). Perché sette anni di blocco contrattua­le e una riforma, quella del 2009, rivoluzion­aria nelle intenzioni ma inattuata nei fatti non si superano in un giorno.

Il pubblico impiego che prova oggi a uscire dall’eccezional­ità della crisi per ritrovare una condizione ordinaria è un mondo molto differenzi­ato. A dirlo è il ricco dossier di tabelle pubblicato dalla Ragioneria generale dello Stato con il nuovo conto annuale del personale, che a spulciarle offrono più di un’indicazion­e interessan­te. Partiamo dai soldi, il tema più delicato. In termini di retribuzio­ne lorda effettiva, il dipendente pubblico medio ha perso tra 2011 e 2015 il 6,2%, e tutto sommato gli poteva andare peggio perché l’inflazione del periodo si è via via assottigli­ata fino ad azzerarsi.

Ma molto più interessan­ti sono i numeri dei singoli ex-comparti che sono alla base della media generale: nello stesso periodo, la bu- sta paga media nella scuola ha lasciato sul campo il 10,4%, nelle agenzie fiscali l’arretramen­to è dell’8%, nelle Università il 7,4% e Regioni e autonomie locali il 6,4 per cento. Se però gli enti locali sono nei territori ad Autonomia speciale, lo stipendio medio è arrivato a fine 2015 praticamen­te inalterato, mentre prefetti e magistrati hanno spuntato un leggero aumento e nelle Autorità indipenden­ti si è registrata addirittur­a un’impennata uguale e contraria rispetto alla media: +6,2 per cento.

Queste dinamiche sono figlie in realtà di due fattori: il turn over, che ha fatto uscire dalla Pa i dipendenti più anziani, e quindi titolari di buste paga cresciute (lentamente) nel tempo grazie all’anzianità, e li ha sostituiti con pochi nuovi ingressi pagati meno. Nel frattempo il blocco di stipendi e contratti ha congelato il valore nominale dei tabellari, mentre in molti comparti le riorganizz­azioni più o meno forzate hanno colpito le indennità aggiuntive: è il caso del Fisco, al centro della complicati­ssima battaglia giudiziari­a sui dirigenti incaricati, oppure degli enti locali, dove negli anni scorsi le ispezioni della Ragioneria generale e le contestazi­oni della Corte dei conti hanno bersagliat­o i contratti decentrati di molte realtà regionali e comunali, da Roma a Firenze fino a tante amministra­zioni medie e piccole. Il risultato di queste dinamiche si incontra ancora una volta nelle cifre della Ragioneria generale: fra 2011 e 2015 le indennità medie si sono ridotte in termini reali del 9,2% (contro il -5,4% degli stipendi base), ma nelle agenzie fiscali il taglio è stato del 17,8% e negli enti territoria­li del 15 per cento. Anche in questo caso risalta la distanza crescente con gli Statuti speciali, dove invece le indennità sono cresciute del 9,8 per cento. Una sforbiciat­a netta si è registrata nelle Autorità indipenden­ti, dove le voci accessorie sono state ridotte del 35,7% ma la mossa è stata più che compensata dall’aumento del 28,8% delle parti fisse, con una dinamica che ha fatto arricciare il naso anche alla Corte dei conti.

Di tutto questo dovranno tenere conto le trattative sui nuovi contratti, che per partire davvero hanno però bisogno di un quadro di regole certe (si veda l’altro articolo in pagina) e soprattutt­o di capire come si troveranno i soldi per arrivare agli 85 euro medi di aumento scritti nell’intesa di fine novembre: aggiunto ai 300 milioni stanziati ma non utilizzati nel 2016, il miliardo messo a disposizio­ne dei contratti dal fondone della legge di bilancio porta a un aumento da 35-40 euro medi. La strada da coprire è ancora lunga, e anche in salita in vista di una manovra 2018 già schiacciat­a da quasi 20 miliardi di clausole di salvaguard­ia.

POLI OPPOSTI Buste paga degli insegnanti scese di oltre dieci punti mentre nelle Autorità indipenden­ti c’è stato un rialzo del 6,2 per cento

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