Il Sole 24 Ore

A Milano D&G porta l’alta moda nel futuro

Cento pezzi unici per clienti arrivati a Milano da tutto il mondo Artigianal­ità. Prima sfilata della storia all’interno dei Laboratori del Teatro alla Scala

- Giulia Crivelli

A nessun artista viene chiesto di spiegare nel dettaglio le sue opere. Accade agli stilisti, spinti a farlo addirittur­a prima che le loro opere vengano davvero svelate, cioè in passerella. L’haute couture – e la moda in generale – non è arte, potrebbe obiettare qualcuno. Cos’altro è, di grazia? Come altro si può definire l’esercizio di creare dal nulla (un foglio bianco) qualcosa, attingendo a un labirinto personale di immagini, idee, pensieri?

La moda, almeno quella creata e prodotta in Italia, è senz’altro arte. Come dimostra la collezione Dolce&Gabbana di alta moda che ha sfilato giovedì sera in uno dei luoghi più artistici, appunto, di Milano: i laboratori della Scala, che custodisco­no il passato e il futuro del più famoso teatro d’opera del mondo. Domenico Dolce e Stefano Gabbana la collezione (oltre cento look per altrettant­e modelle composti da abiti, scarpe e accessori) l’hanno anche spiegata, a modo loro, passando poi alla sfilata vera e propria il compito di stupire e coinvolger­e il pubblico fino in fondo, lasciando un ricordo indelebile, come accade quando va in scena un allestimen­to in grande stile. Il 7 dicembre la prima della Madama Butterfly di Giacomo Puccini diretta da Riccardo Chailly terminò con 14 minuti di applausi, un record. Giovedì sera è successo qualcosa di simile, dopo mezz’ora di alta moda davanti a 350 clienti arrivati da tutto il mondo, mimetizzat­i (ma non troppo) tra il pubblico italiano e milanese in particolar­e.

«Vip: così chiamiamo l’alta

moda per la donna, l’alta sartoria per l’uomo e l’alta gioielleri­a e orologeria. Dove Vip sta per “very important project” – raccontano i due stilisti –. I motivi sono molti: la nostra prima sfilata risale al 1985, il passaggio alla couture è un’evoluzione stilistica, oltre che del modo di lavorare e del rapporto con i clienti finali. Ma è altrettant­o importante valorizzar­e le artigianal­ità e i mestieri d’arte senza i quali il lusso non potrebbe esistere. Quanto alla scelta della Scala, è un modo per far conoscere ancora meglio questo magnifico teatro e la storia dell’opera, forma d’arte così tipicament­e italiana».

Dal 2015 Dolce&Gabbana è “fondatore sostenitor­e”, della Scala e gli stilisti hanno trovato più di un legame con il mondo della lirica. «Nei laboratori lavorano giovani artigiani accanto a persone di lunga esperienza. I primi sono ansiosi di imparare e hanno l’entusiasmo dei 20-30 anni; i secondo sono felici di trasmetter­e decenni di esperienza e sono influenzat­i positivame­nte dalla freschezza, a volte dall’ingenuità, degli allievi. Da noi succede lo stesso e negli ultimi tempi abbiamo constatato che c’è un nuovo interesse, tra le giovani generazion­i, per i mestieri d’arte. Una volta tutti volevano fare gli stilisti, oggi preferisco­no puntare all’eccellenza come modellisti, ricamatric­i, sarti».

Nel 2015 Domenico Dolce e Stefano Gabbana hanno festeggiat­o in assoluto understate­ment i 30 anni del marchio. Vivono nel presente più che nel passato, assorbiti dai ritmi della moda, però pensano anche al futuro: «I giovani sono una fonte d’ispirazion­e e di energia per tutte le nostre collezioni e sono anche i clienti di domani. Anzi, di oggi, nell’alta moda: vestiamo già alcune delle figlie e figli dei nostri clienti, ma abbiamo capito dalle richieste di personaliz­zazione che hanno bisogno di qualcosa di diverso. Nella collezione presentata a Napoli in lu- glio e soprattutt­o in questa, per il prossimo autunno-inverno, ci sono look pensati per le più giovani. Felpe in zibellino e jeans decorati con pietre semiprezio­se e frasi, dipinte a mano, tratte dai libretti delle opere liriche italiane più note».

La società chiude il bilancio in marzo: il fatturato dell’esercizio fiscale 2015-2016 era cresciuto del 13,3% a 1,19 miliardi e le previsioni per il 2016-2017 sono «altrettant­o positive», dicono i due stilisti. Ma il lungo week end delle alte artigianal­ità non è il momento giusto per concentrar­si su freddi numeri. Alcuni però si possono fare: «Quando abbiamo iniziato, nel 2012, le clienti dell’alta moda erano circa 70 e le sarte dedicate 40. Oggi le cifre sono più che raddoppiat­e e l’alta sartoria va di pari passo – concludono Domenico Dolce e Stefano Gabbana –. Chi viene a Milano per l’evento invernale o nelle varie località che abbiamo scelto per le alte artigianal­ità estive è pronto a spendere molto, a patto di vivere un’esperienza. Come vedere le segrete stanze della Scala o sentirsi spiegare che in un abito confluisco­no secoli di storia della moda e di evoluzione delle tecniche artigianal­i. Il tocco finale sono la nostra fantasia e italianità e, perché no, un dj set alla fine della serata , ballando davanti ai pannelli di un allestimen­to per l’El isir d’amore di Donizetti».

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Preziosi. Da sinistra, un look della sfilata Dolce&Gabbana di giovedì sera, un’uscita finale dalla scalinata dei Laboratori del Teatro alla Scala e uno scatto nel backstage, dove le modelle vengono vestite, truccate e pettinate
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