Prelievi, raddoppi d’imposta e «collegati» tra i punti critici
La nuova possibilità di regolarizzare le attività detenute illecitamente all’estero, la cosiddetta «voluntary disclosure», ripresenta gli stessi problemi che hanno indotto diversi contribuenti a non accedere alla precedente edizione.
Ci si riferisce, in particolare, a tre elementi: 1 alla necessità di coinvolgere altre persone, individuate
come «soggetti collegati”; 1 al trattamento fiscale dei prelievi non giustificati; 1 all’atteggiamento restrittivo della prassi amministrativa riguardo all’applicazione delle norme che consentono di evitare le doppie imposizioni (scomputo dell’euroritenuta, tax credit, riporto delle minusvalenze).
Se si vuole rimuovere il primo ostacolo è necessario che la legge chiarisca che le informazioni da fornire nella relazione d’accompagnamento non sono maggiori di quelle che l’agenzia delle Entrate potrebbe ricavare utilizzando i poteri d’accertamento anche presuntivo conferiti dalle norme d’accertamento. Così che sia chiaro che l’imprenditore che ha effettuato prelievi non giustificati abbia l’onere di indicare l’eventuale beneficiario delle somme prelevate, per evitare la tassazione del prelievo, ma non l’obbligo a pena di invalidità della procedura. Sono peraltro indicazioni già desumibili da note interne dell’agenzia delle Entrate, e per lo più – ma non sempre – già applicate dagli Uffici.
Un altro ostacolo, che riguarda soprattutto la collaborazione volontaria in ambito nazionale (la «voluntary domestica»), è costituito dalle incertezze sulla disponibilità degli uffici a dare rimedio alle forme di doppia imposizione nel caso in cui la voluntary nazionale della società sia combinata con quella internazionale dei soci.
Di norma, si presume che i soci abbiano incassato i redditi non dichiarati dalla società. Ma questa presunzione presuppone che il reddito tassato in capo al socio sia trattato come «utile», il che significa che la relativa tassazione dovrebbe essere applicata sull’importo emerso in capo alla società e indicato nella voluntary nazionale al netto delle imposte (Ires e Irap) da essa pagate.
È questa la soluzione adottata dalla gran parte degli Uffici (ma, anche in questo caso, non da tutti), alla condizione ovviamente che il socio riversi alla società le imposte dovute da quest’ultima.