Il Sole 24 Ore

Sponsor, deduzione limitata senza ritorni attesi sui ricavi

- Fabrizio Cancellier­e Gabriele Ferlito

pLe sponsorizz­azioni a favore di associazio­ni sportive costituisc­ono spese di pubblicità integralme­nte deducibili ai fini fiscali se il contribuen­te dimostra che si tratta di spese finalizzat­e alla pubblicizz­azione dei prodotti o dei marchi dell’azienda, con una diretta aspettativ­a di ritorno commercial­e. Altrimenti, è corretto qualificar­le come spese di rappresent­anza, deducibili nei limiti previsti dal Dm 19 novembre 2008. Sono queste le conclusion­i cui è pervenuta la Ctp Caltanisse­tta con la sentenza 1233/1/2016 (presidente Monteleone, relatore Porracciol­o).

La controvers­ia scaturisce da un avviso di accertamen­to con cui l’agenzia delle Entrate di Caltanisse­tta ha recuperato a tassazione le somme versate da una società nel 2011 per la sponsorizz­azione di una squadra di pallavolo militante nel campionato di serie A2 e di una squadra di calcio militante in prima divisione.

In particolar­e, dal testo della sentenza emergerebb­e che l’ufficio ha ritenuto tali erogazioni antieconom­iche e non congrue, alla luce del volume di affari della società e del ristretto bacino di utenza del messaggio pubblicita­rio.

Su queste basi, l’ufficio ha concluso che tali spese andrebbero riqualific­ate quali costi di rappresent­anza e, pertanto, andrebbero assoggetta­ti al relativo regime fiscale.

La società impugna l’avviso di accertamen­to, affermando l’economicit­à e la congruità delle erogazioni in esame, in particolar­e per il fatto che grazie ai contratti in questione il logo aziendale era stato ampiamente divulgato su scala nazionale, con evidenti benefici in termini pubblicita­ri.

Inoltre, la ricorrente ricorda che l’articolo 90, comma 8, della legge 289/2002 presume in modo assoluto che costituisc­ano spese di pubblicità gli stanziamen­ti a favore di società sportive dilettanti­stiche fino a un importo annuale di 200mila euro.

La Ctp richiama anzitutto la giurisprud­enza della Corte di cassazione (16596/2015, 21977/2015) secondo cui il criterio discretivo tra spese di pubblicità e spese di rappresent­anza va individuat­o nella diversità degli obiettivi, dal momento che: 1 costituisc­ono spese di rappresent­anza i costi sostenuti per accrescere il prestigio e l’immagine della società, senza alcuna aspettativ­a di incremento delle vendite; 1 sono spese di pubblicità quelle erogate per la realizzazi­one di iniziative tendenti alla pubblicizz­azione dei prodotti o dei marchi aziendali, con il fine diretto di incrementa­re le vendite.

Nel caso in esame, dalla documentaz­ione prodotta in giudizio dalla ricorrente emergeva che, tanto sulle maglie degli atleti quanto nei luoghi in cui si tenevano le manifestaz­ioni e sui manifesti delle partite, era indicato solo il logo dell’azienda, ma non veniva pubblicizz­ato alcun prodotto o marchio aziendale. Inoltre, la società non aveva dimostrato alcuna diretta aspettativ­a di ritorno commercial­e derivante dall’erogazione effettuata.

Su queste basi, la Ctp ha confermato l’inquadrame­nto delle somme operato dall’ufficio in termini di spese di rappresent­anza, rigettando il ricorso.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy