Acquisti centrali anche per le concessioni
pI Comuni non capoluogo non possono eludere l’obbligo di ricorso alle centrali di committenza e devono utilizzarle non solo per gli appalti, ma anche per l’affidamento delle concessioni.
Il Tar Veneto, sez. I, con la sentenza n. 85 del 26 gennaio 2017 affronta la portata applicativa delle disposizioni del codice dei contratti pubblici che disciplinano i modelli aggregativi per le amministrazioni comunali che non sono capoluogo di provincia.
Il caso esaminato riguardava un ente che ha indetto e gestito una procedura di gara per l’aggiudicazione di una concessione di servizi, pur essendo obbligato a fare ricorso a uno dei modelli previsti dal comma 4 dell’articolo 37 del decreto legislativo 50/2016 e pur avendo costituito con altri comuni una centrale unica di committenza, mediante una convenzione per la gestione associata.
Proprio l’accordo tra le amministrazioni prevedeva una dettagliata specificazione delle attività di competenza della centrale e dei vari enti aderenti, riportando a questi ultimi una serie di attività rilevanti, tra cui l’assunzione della determinazione di aggiudicazione defini- tiva e la stipulazione del contratto, oltre a quelle attinenti alla fase esecutiva dello stesso.
Il Comune non poteva pertanto gestire autonomamente la procedura di gara, essendosi a maggior ragione vincolato all’utilizzo della centrale unica di committenza come modello aggregativo, che veniva pertanto a risultare l’unico soggetto legittimato a sviluppare la procedura selettiva.
Tra i vari atti riconducibili necessariamente alla competenza della centrale unica di competenza risultava anche la nomina della commissione giudicatrice per la valutazione delle offerte tecniche e delle offerte economiche, effettuata invece dal Comune, con conseguente produzione di un atto illegittimo, inficiante i successivi atti di gara.
La sentenza evidenzia anche come l’obbligo di ricorso ai modelli aggregativi previsto dall’articolo 37 del nuovo codice dei contratti pubblici si applichi ai Comuni non capoluogo non solo per gli appalti, ma anche per le procedure che hanno ad oggetto l’affidamento di concessioni. Secondo il Tar Veneto, peraltro, una diversa interpretazione avrebbe conseguenze pericolose, in quanto consentirebbe ai singoli Comuni di sottrarsi al vincolo normativo strutturando il servizio come concessione anziché come appalto, arrivando a gestire procedure per le quali non avrebbero adeguate capacità.
La forzatura del Comune ha quindi determinato l’illegittimità della procedura di gara, con il conseguente annullamen- to degli atti posti in essere dall’amministrazione.
L’intervento dei giudici amministrativi rafforza le previsioni contenute nell’articolo 37 del codice dei contratti pubblici, valorizzando tuttavia il ruolo delle centrali di committenza costituite dai Comuni non capoluogo come strumenti efficaci per conseguire razionalizzazione della spesa e ottimizzazione delle procedure di affidamento.
L’inclusione delle concessioni (di lavori e di servizi) tra gli oggetti gestibili dalle centrali di committenza locali (peraltro desumibile anche dalle linee-guida Anac n. 4/2016 sugli affidamenti sottosoglia) conferma l’importanza del ruolo che le stesse possono assumere in processi di elevata complessità, come quelli riferibili a molte tipologie di servizi pubblici locali non riconducibili alla competenza degli enti d’ambito.
IL NUOVO «CODICE» Anche per lavori e servizi il decreto legislativo 50/16 rende tassativo il ricorso alle centrali di committenza