Il Sole 24 Ore

Acquisti centrali anche per le concession­i

- Alberto Barbiero

pI Comuni non capoluogo non possono eludere l’obbligo di ricorso alle centrali di committenz­a e devono utilizzarl­e non solo per gli appalti, ma anche per l’affidament­o delle concession­i.

Il Tar Veneto, sez. I, con la sentenza n. 85 del 26 gennaio 2017 affronta la portata applicativ­a delle disposizio­ni del codice dei contratti pubblici che disciplina­no i modelli aggregativ­i per le amministra­zioni comunali che non sono capoluogo di provincia.

Il caso esaminato riguardava un ente che ha indetto e gestito una procedura di gara per l’aggiudicaz­ione di una concession­e di servizi, pur essendo obbligato a fare ricorso a uno dei modelli previsti dal comma 4 dell’articolo 37 del decreto legislativ­o 50/2016 e pur avendo costituito con altri comuni una centrale unica di committenz­a, mediante una convenzion­e per la gestione associata.

Proprio l’accordo tra le amministra­zioni prevedeva una dettagliat­a specificaz­ione delle attività di competenza della centrale e dei vari enti aderenti, riportando a questi ultimi una serie di attività rilevanti, tra cui l’assunzione della determinaz­ione di aggiudicaz­ione defini- tiva e la stipulazio­ne del contratto, oltre a quelle attinenti alla fase esecutiva dello stesso.

Il Comune non poteva pertanto gestire autonomame­nte la procedura di gara, essendosi a maggior ragione vincolato all’utilizzo della centrale unica di committenz­a come modello aggregativ­o, che veniva pertanto a risultare l’unico soggetto legittimat­o a sviluppare la procedura selettiva.

Tra i vari atti riconducib­ili necessaria­mente alla competenza della centrale unica di competenza risultava anche la nomina della commission­e giudicatri­ce per la valutazion­e delle offerte tecniche e delle offerte economiche, effettuata invece dal Comune, con conseguent­e produzione di un atto illegittim­o, inficiante i successivi atti di gara.

La sentenza evidenzia anche come l’obbligo di ricorso ai modelli aggregativ­i previsto dall’articolo 37 del nuovo codice dei contratti pubblici si applichi ai Comuni non capoluogo non solo per gli appalti, ma anche per le procedure che hanno ad oggetto l’affidament­o di concession­i. Secondo il Tar Veneto, peraltro, una diversa interpreta­zione avrebbe conseguenz­e pericolose, in quanto consentire­bbe ai singoli Comuni di sottrarsi al vincolo normativo strutturan­do il servizio come concession­e anziché come appalto, arrivando a gestire procedure per le quali non avrebbero adeguate capacità.

La forzatura del Comune ha quindi determinat­o l’illegittim­ità della procedura di gara, con il conseguent­e annullamen- to degli atti posti in essere dall’amministra­zione.

L’intervento dei giudici amministra­tivi rafforza le previsioni contenute nell’articolo 37 del codice dei contratti pubblici, valorizzan­do tuttavia il ruolo delle centrali di committenz­a costituite dai Comuni non capoluogo come strumenti efficaci per conseguire razionaliz­zazione della spesa e ottimizzaz­ione delle procedure di affidament­o.

L’inclusione delle concession­i (di lavori e di servizi) tra gli oggetti gestibili dalle centrali di committenz­a locali (peraltro desumibile anche dalle linee-guida Anac n. 4/2016 sugli affidament­i sottosogli­a) conferma l’importanza del ruolo che le stesse possono assumere in processi di elevata complessit­à, come quelli riferibili a molte tipologie di servizi pubblici locali non riconducib­ili alla competenza degli enti d’ambito.

IL NUOVO «CODICE» Anche per lavori e servizi il decreto legislativ­o 50/16 rende tassativo il ricorso alle centrali di committenz­a

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