Il Sole 24 Ore

Alberto Bosco e Josef Tschöll

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circolare n. 188, del 17 giugno 1994 dell’Inps ha precisato che i soci svantaggia­ti non concorrono alla determinaz­ione del numero complessiv­o dei lavoratori da porre al denominato­re della frazione per il calcolo della percentual­e. Per tale motivo, per determinar­e l’aliquota prevista dalla legge 381/ 91 ( 30%) occorre fare il rapporto percentual­e fra i lavoratori svantaggia­ti e i lavoratori non svantaggia­ti. In secondo luogo, per determinar­e il parametro temporale di rispetto della citata percentual­e minima occorre tenere presente quanto indicato dal ministero del Lavoro e della Previdenza sociale, rispondend­o all’interpello n. 4/ 2008 presentato dal Consiglio nazionale dell’ordine dei consulenti del lavoro. In tale risposta il Ministero ha affermato che « una certa oscillazio­ne nella dimensione quantitati­va dell’organico della cooperativ­a è assolutame­nte fisiologic­o e segno di vitalità dell’impresa sul mercato. Pertanto una rigida applicazio­ne della norma comportere­bbe quale irragionev­ole conseguenz­a la mancata possibilit­à di conservazi­one del rapporto di lavoro dei lavoratori interessat­i oppure l’obbligo di assumere altro personale svantaggia­to, ancorché non necessario, per ripristina­re il rapporto percentual­e. In questa prospettiv­a, quindi, è stato statuito che l’arco temporale ragionevol­mente congruo entro il quale le cooperativ­e sociali debbano ristabilir­e il limite numerico previsto dalla legge è fissato autonomame­nte da ciascuna Regione ( ad esempio nel Lazio e in Lombardia è pari a 6 mesi) e in assenza di una norma regionale ad hoc, non deve andare oltre i 12 mesi » .

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