Tesoro e Sanità, i democratici boicottano le nomine
In r isposta alla messa al bando dei cittadini di sette Paesi islamici - In sospeso la posizione di Steve Mnuchin e Tom Pr ice
p È stata una vera a propria levata di scudi dell’opposizione democratica contro Donald Trump. Denunciando derive autoritarie e violazioni di leggi e Costituzione, i senatori del partito democratico hanno ieri risposto alle crociate del neopresidente - ultimo il bando contro i rifugiati e i cittadini di sette paesi islamici - decidendo di boicottare nomine cruciali per la nuova amministrazione: il candidato a Segretario al Tesoro Steve Mnuchin e quello a Ministro della Sanità Tom Price, accusati d’aver mentito sotto giuramento durante le audizioni per la loro conferma. In blocco si sono anche opposti all’approvazione del prossimo Ministro della Giustizia, Jeff Sessions, denunciato co- me uno dei grandi ispiratori della manovra sull’immigrazione ora denunciate in tribunale da associazioni dei diritti civili, stati, e aziende quali Amazon.
Price è sospettato di insider trading e conflitto do interessi, dopo che il Wall Street Journal ha rivelato che da deputato, contrariamente alla sua testimonianza, aveva ricevuto offerte per comprare azioni biotech scontate. Mnuchin è nel mirino per non aver rivelato asset per 100 milioni alle Cayman e per gli aggressivi pignoramenti da parte della banca, ex IndyMac, che aveva comprato.
L’offensiva democratica, che quantomeno ritarda gli incarichi con la richiesta di maggiori informazioni, ha preso corpo dopo che Trump aveva decapitato il Dipartimento della Giustizia licenziando in tronco il ministro a interim, ex vice sotto Obama, Sally Yates: stimato magistrato con 30 anni di carriera, Yates è stata aggredita come una «traditrice». La colpa? Aver sfidato Trump istruendo i procuratori del Dipartimento di non difendere in tribunale l’ordine su rifugiati e visti perché di dubbia legalità e costituzionalità. Al suo posto è stato insediato Dana Boente, procuratore in Virginia, che si è impegnato a difendere l’ordine mentre è giunto il primo ricorso da parte di uno stato, Washington, sull’incostituzionalità della misura, sostenuto da leader dell’hi-tech del calibro di Amazon e Expedia.
Lo scontro sul Ministero della Giustizia si è ripercosso sulla nomina del prossimo Guardasigilli: i democratici, anche i più moderati come la senatrice californiana Dianne Feinstein, hanno affermato che Sessions, già criticato per un passato razzista e ora accusato di volere la messa al bando dei musulmani, non offre alcuna garanzia di indipendenza dalla Casa Bianca, ritenuta un requisito indispensabile per il Segretario alla Giustizia dagli anni dell’impeachment di Nixon. In difesa del provvedimento sui rifugiati è intervenuto lo Speaker della Camera, Paul Ryan, pur ammettendo «spiacevoli» errori e confusione da correggere (tra cui la detenzione per ore di un bambino iraniano di cinque anni).
Trump, in tarda serata, ha effettuato un’altra delicata nomina, quella d’un nuovo giudice della Corte Suprema che spera di maggior successo. I finalisti erano almeno due: il 49enne Neil Gorsuch e il 51enne Thomas Hardiman, conservatori contrari al diritto d’aborto e favorevoli a quello per le armi, il primo di estrazione accademica e il secondo popolare, ma considerati pragmatici. Ha però continuato a destare allarme l’ascesa dello stratega di estrema destra Steve Bannon, inserito nel Consiglio di Sicurezza Nazionale al posto del capo di stato maggiore e del direttore nazionale dell’intelligence: la Casa Banca, per attenuare i timori, ha fatto sapere che nell’organismo entrerà il capo della Cia Mike Pompeo.
Il presidente ha anche cercato di uscire dalla palude di polemiche tornando al populismo economico. Ha convocato i leader delle aziende farmaceutiche alla Casa Bianca e chiesto loro di metter fine ai «prezzi esorbitanti» dei farmaci e di «produrre di più negli Stati Uniti». Ha offerto la ricetta che dà a tutti: tagli delle regolamentazioni interne, tariffe sull’import, guerre commerciali. Ma non ha svelato proposte, né spiegato come arriveranno i risultati promessi. I farmaci in vendita negli Usa sono già al 60% prodotti qui, l’import è in aumento soprattuto negli ingredienti e tutte le società per competere su scala globale hanno crescenti impianti esteri. Può però vantare che Amgen assumerà 1.600 persone in America.
BATTAGLIA ISTITUZIONALE Licenziata la ministra ad interim della Giustizia che si opponeva al decreto sui migranti. Bezos (Amazon) pronto a iniziative legali