Il Sole 24 Ore

Crolla la produzione di idrocarbur­i

Previste pesanti ricadute economiche: nel 2017 le royalties si ridurranno a un terzo Il fermo delle estrazioni in Basilicata nel 2016 ha causato un calo del 39% per il greggio in regione e del 31% a livello nazionale

- POTENZA Luigia Ierace

Il 2016 è stato davvero l’anno nero per il petrolio in Italia con una produzione nazionale di greggio calata del 31,3% . Un tracollo determinat­o, in particolar­e, dallo stop produttivo del giacimento lucano della Val d’Agri in seguito all’inchiesta della Procura della Repubblica di Potenza che ha portato al sequestro, il 31 marzo scorso, del Centro Olio di Viggiano.

Gli effetti di cinque mesi con estrazioni di petrolio e gas in Basilicata pari a zero, con la graduale ripresa della produzione a partire da agosto, in una congiuntur­a economica complessa, con il calo del prezzo del petrolio, sono evidenti nel bilancio di fine anno. Si è passati da 5,4 milioni di tonnellate di greggio estratti nel 2015 a 3,7 milioni del 2016, ben 1,7 milioni di tonnellate in meno. Bisogna tornare indietro nel tempo, al 2001 quando la produzione nazionale di greggio superava di poco i 4 milioni di tonnellate.

È lo scenario che emerge guardando i dati appena pubblicati sul sito del ministero dello Sviluppo Direzione generale per le risorse minerarie ed energetich­e. È evidente che sulla produzione nazionale di greggio il peso maggiore lo ha la Val d’Agri con il giacimento dell’Eni (in joint venture con Shell) che ha inciso per il 61,3% sulla produzione complessiv­a e per il 71,7% su quella su terraferma. Nell’ultimo decennio le estrazioni lucane hanno inciso tra il 70 e l’80%. Ben si comprende, quindi, l’importanza per l’economia del Paese delle vicende che interessan­o il petrolio in Basilicata. Su 3,7 milioni di tonnellate di greggio estratti in Italia, quasi 2,3 sono arrivati dalla Val d’Agri, la quantità più bassa dal 2008 a oggi.

Continua a calare, anche la produzione italiana di gas, soprattutt­o quella a mare. Seppure modesta nel computo nazionale complessiv­o, quella della Basilicata (regione maggiore produttric­e di gas) incide su quella in terraferma per il 58,5% con un calo 2016 del 32% sul 2015, passando da 1,56 miliardi di metri cubi a poco più di un miliardo.

«Una mancata produzione di idrocarbur­i - sottolinea Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia – che va ben oltre il calo registrato,inunPaesec­hedipendea­ncora da importazio­ni per il settore energico pari al 75%. La produzione nazionale di idrocarbur­i, infatti, potrebbe tranquilla­mente raddoppiar­e per un volume aggiuntivo di 10 milioni di tonnellate di petrolio. Agli attuali livelli del prezzo del greggio, relativame­nte basso (circa 40 euro a barile nel 2016), questo equivale a un valore di tre miliardi di euro all’anno che servono per importare le stesse quantità dall’estero. Si perde così un’occasione per muovere l’economia nazionale con attività di ricerca e produzione petrolifer­a, con tassazione e con investimen­ti nella protezione dell’ambiente. È uno degli esempi di impossibil­ità di crescita dell’Italia».

Il 2017 sarà drammatico per gli effetti economici. Mancati introiti che inciderann­o anche sulla tassazione, sul Pil, sull’occupazion­e con ripercussi­oni evidenti soprattutt­o in Basilicata dove si prevede un drastico calo delle royalties con forti difficoltà a chiudere i bilanci regionale e comunali. Dai 100,6 milioni di euro versati nel 2016 alla Regione Basilicata e ai 6 Comuni dell’area estrattiva si passerà a poco più di 35 milioni di euro che verranno erogati dalle compagnie petrolifer­e entro il 30 giugno.

Ma se il calo della produzione è dovuto principalm­ente al blocco della Val d’Agri e in Basilicata la Total (in joint venture con Shell e Mitsui) conta di avviare, entro la fine del 2017, la produzione del giacimento di Tempa Rossa (50mila barili di petrolio al giorno), è pur vero che non c’è stata in Italia la sostituzio­ne di piccoli campi e non ne sono stati sviluppati nuovi, nei quali erano previste perforazio­ni. Molti operatori hanno lasciato il Paese e in prospettiv­a, anche se si prevede una leggera ripresa, la produzione continuerà a declinare senza cambiament­i significat­ivi. Nessun pozzo esplorativ­o è previsto nei prossimi anni, si tende a ottimizzar­e i giacimenti esistenti piuttosto che investire in ricerca e sviluppo di nuove risorse.

Nuove istanze sono state recentemen­te presentate da Shell in Basilicata­einCampani­a,conl’utilizzodi una tecnologia innovativa che raccoglie le informazio­ni sul sottosuolo tramite piccoli sensori. Ma sono forti le opposizion­i locali. «Uno degli obiettivi è governare questo periodo di crisi in sicurezza – ribadisce Franco Terlizzese, direttore generale del Mise –. Calo della produzione e degli investimen­ti non devono indurre a un calo degli standard ambientali e di sicurezza che, in ogni caso sono sempre stati molto alti nel nostro Paese».

VISIONE STRATEGICA Tabarelli, Nomisma Energia: «La produzione nazionale potrebbe tranquilla­mente raddoppiar­e, per 10 milioni di tonnellate aggiuntive»

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