Il «compromesso danese» sul Leone
Edi riflesso il ritorno sul capitale investito a Trieste si ridurrà dal 17% al 12%. Di conseguenza, Mediobanca potrà al massimo evitare di dar corso alla cessione del 3% di Generali, ipotizzata nel piano triennale, ma non certo crescere nel capitale del Leone.
Viceversa Intesa, se deciderà di lanciarsi in un’offerta carta contro carta per il controllo di Generali, potrà sfruttare il danish compromise per aumentare i suoi ratio patrimoniali poichè - essendo un “conglomerato finanziario”, a differenza di Mediobanca - potrà appellarsi a un altro articolo della stessa normativa che non prevede una scadenza temporale. Di quanto potrebbe aumentare i ratio dipende da come sarà strutturata l’operazione, se alla fine si concretizzerà. Barclays calcola che il Cet1 di Intesa dal 13% potrebbe salire al 15% col danish compromise o calare all’11,2% senza. Nel migliore dei casi Credit Suisse stima un impatto positivo di 130 punti base sul parametro che precipiterebbe in- vece al 7% nello scenario peggiore basato su un’offerta per contanti (che però si può escludere a priori). JP Morgan prefigura il rischio spezzatino per il Leone (ipotizzando la cessione di 12 miliardi di asset ad Allianz), ma sui ratio si limita a sottolineare che Intesa, se vuole restare la “best in class”, dovrà necessariamente appellarsi al compromesso danese. Bnp spiega che la banca milanese è già un conglomerato finanziario, ma che deve ancora chiedere l’autorizzazione ad applicare le relative regole al perim etro di gruppo attuale. Ci sono voluti ben due anni di discussioni in Europa per concordare la versione finale della direttiva CRD IV e il regolamento 575/2013 sui requisiti di capitale, en- trato in vigore nel 2014, ricorda Michele Siri, professore di diritto delle assicurazioni e del mercato finanziario all’Università di Genova, e al momento non è all’ordine del giorno della Commissione Ue una revisione che riguardi l’applicazione del danish compromise. Su richiesta delle banche interessate, la Bce - a determinate condizioni - può derogare alla regola generale che impone la deduzione delle partecipazioni assicurative dai mezzi propri. «Il trattamento “speciale” - spiega Siri - dipende da una valutazione delle autorità di vigilanza, che devono riscontrare in maniera continuativa l’adeguatezza del livello di gestione integrata, di gestione dei rischi e di controllo interno delle im- prese assicurative incluse nel consolidamento». Conclusione: se deciderà di fare il gran passo, Intesa avrà due buoni motivi per tifare Francia e due buoni motivi per sperare nella Germania. Tifare, cioè, affinchè le lobbies transalpine continuino a difendere l’agevolazione che stava particolarmente a cuore a banche come Bnp e Crédit agricole che hanno compagnie assicurative all’interno del gruppo e che nel contempo Axa tenga fede al proposito di non intervenire, nemmeno in presenza di un’offerta che farebbe definitivamente sparire dai suoi radar Generali. E sperare inoltre che Allianz si accontenti di giocare di rimessa e che la Bce (l’organo di vigilanza sta a Francoforte, ma è guidato dalla francese Danièle Nouy ) ritenga i modelli interni di gestione dei rischi adeguati anche a digerire un boccone grosso come un Leone.
LA PALLA A FRANCOFORTE In caso di Ops, la Bce valuterà se ci sono le condizioni per applicare alla banca il trattamento più favorevole sulle quote assicurative