Il Sole 24 Ore

Manovra con tagli e accise

Nel prossimo Def anche lotta all’evasione - Chiesto «sconto» di oltre un miliardo per il sisma

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La correzione dei conti pubblici per lo 0,2% del Pil chiesto all’Italia dalla Commission­e europea avverrà per un quarto con tagli alla spesa e per il resto con maggiori entrate. Queste ultime includeran­no imposizion­i indirette, le accise e «ulteriori migliorame­nti» nella lotta all’evasione fiscale. È la risposta che il ministro dell’Economia Padoan ha inviato a Bruxelles dopo il rilievi dell’esecutivo Ue. Gli interventi saranno indicati nel prossimo Def , ma Padoan ha avvertito: «Un ritmo eccessivam­ente accelerato di aggiustame­nto danneggere­bbe l'economia». Per il terremoto in Centro Italia chiesto uno sconto di un miliardo.

A mpliamento dello split payment ai fornitori delle società pubbliche; estensione a nuovi settori, fino ad oggi non toccati, del reverse charge, e più in generale potenziame­nto degli strumenti di lotta all’evasione che hanno dato finora «risultati molto soddisface­nti»; oltre alla possibilit­à di ritocchi delle accise su benzina e/o tabacchi .

Sono queste le leve fiscali che il Governo si dice pronto ad azionare per raccoglier­e i tre quarti delle risorse da recuperare per l’aggiustame­nto dei conti chiesto dalla Commission­e eu-

REVERSE CHARGE Si studia l’allargamen­to dell’inversione contabile agli orafi, alla vendita di cereali e, con un nuovo tentativo, alla Gdo

ropea. La lettera specifica comunque che si tratta di interventi struttural­i per centrare gli obiettivi di medio periodo e quindi, nell’immediato, non sono previste manovre «estemporan­ee», come aveva sottolinea­to nei giorni scorsi il premier Paolo Gentiloni.

La possibilit­à di un intervento a breve potrebbe concretizz­arsi solo davanti al rischio che l’Europa si mostri invece poco sensibile al tema delle spese aggiuntive da «oltre un miliardo» per il terremoto. In questo caso il Governo potrebbe ricor- rere all’aumento delle accise sui carburanti, come già accaduto nel recente passato nel caso del sisma dell’Emilia.

Accanto a quelle sulla benzina, resta in campo l’ipotesi di ritocco limitata al campo dei tabacchi, in grado di offrire qualche centinaio di milioni e più gestibile anche sul piano politico dell’impatto sull’opinione pubblica. Un piano, quest’ultimo, che l’agitazione verso il voto accesa dalla sentenza della Consulta sull’Italicum ha reso particolar­mente scivoloso.

Proprio l’attenzione elettorale, oltre all’esigenza più sostanzial­e di evitare misure «depressive» come più volte ribadito sia da Palazzo Chigi sia dal ministero dell’Economia, orienta gli sforzi sulle misure possibili. Fra queste occupano un posto di primo piano quelle che si prestano a essere etichettat­e come lotta all’evasione e all’erosione fiscale, a partire dall’estensione dell’inversione contabile come lo split payment, che potrebbe estendersi dai fornitori della Pa a quelli delle società pubbliche. Nei primi 11 mesi del 2016 questo meccanismo ha garantito all’Erario poco meno di 10 miliardi di aumento degli incassi Iva. Analogo è lo scenario del reverse charge, che nel settore privato sposta dal venditore all’acquirente gli obblighi Iva. Sotto osservazio­ne ci sono in particolar­e settori come la grande distribuzi­one, su cui la mossa era però già stata tentata nel 2014 andando incontro l’anno successivo alla bocciatura da parte della Ue, gli orafi e i venditori di cereali e colture industrial­i. Proprio l’esperienza già vissuta con la grande distribuzi­one, però, insegna che la percorribi­lità di questa strada non è scontata: per applicare davvero il reverse charge, possibilit­à aperta fino al 31 dicembre 2018, occorre infatti convincere la commission­e Ue che la misura serve a contrastar­e una serie precisa e dettagliat­a di tipologie di frodi fiscali.

Questa incognita renderebbe di fatto indispensa­bile accompagna­re il nuovo tentativo con una misura alternativ­a che scatterebb­e come una clausola di salvaguard­ia in caso di ulteriore stop europeo. Così è accaduto nella manovra, 2015, che accanto all’estensione del reverse charge a una serie di settori tra cui la grande distribuzi­one aveva previsto la copertura alternativ­a con le entrate da voluntary disclosure.

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