Ora la partita è sui tempi e l’incertezza politica pesa
Il confronto a suon di lettere e dichiarazioni tra Roma e Bruxelles, che anche quest’anno puntualmente sta andando in scena, dovrebbe giungere a conclusione tra marzo e aprile, nell’intreccio di passaggi formali già fissati (il primo è l’imminente pubblicazione delle nuove previsioni economiche da parte della Commissione europea) e di variabili politiche tutte da verificare sul campo. Ora il focus è sulla correzione chiesta da Bruxelles (3,4 miliardi). Con alcune incognite non da poco sui tempi di realizzazione dell’intervento richiesto, che nella lettera di risposta inviata ieri sera risultano alquanto sfumati rispetto al timing, per la verità netto e perentorio, indicato dalla Commissione Ue. Lotta all’evasione e tagli alla spesa, in un orizzonte temporale tutto da definire, e su questo punto Bruxelles potrebbe eccepire.
Al netto del braccio di ferro in corso in queste ore, i problemi per il Governo e per i conti pubblici vanno ricercati altrove. Dovrà darne conto a metà aprile il prossimo documento di economia e finanza. A partire dalla piena attuazione delle misure contenute nella legge di Bilancio del 2017, condizionata dall'evolvere della situazione politica. In caso di voto in tempi brevi (a giugno), il rischio è la sostanziale stasi sul fondamentale versante della spinta agli investimenti, che dovrebbe per gran parte contribuire a spingere il Pil anche oltre il target dell'1% fissato dal Governo. La complessa macchina burocratico/amministrativa ancora di fatto non si è messa in moto, e il rischio è che i piani di investimento vengano posposti a dopo le elezioni. Il set di misure messe in campo dal piano Industria 4.0 è notevole con un potenziale di ben 13 miliardi da qui al 2024. La partenza nel primo anno di applicazione può essere decisiva.
Il secondo fronte si concentra con gli impegni, alcuni dei quali già “scritti”, da onorare con la prossima manovra, e di cui occorrerà dar conto nel Def di aprile. Si tratta di 19,6 miliardi da reperire, se si vorrà evitare che dal prossimo anno scattino i previsti aumenti dell’Iva e delle accise (le famose clausole di salvaguardia). Il deficit 2018 è indicato al momento all'1,2%, quindi si potrebbe riaprire un confronto con Bruxelles sull'utilizzo di un ulteriore extradeficit. Ma l’esito di questo nuovo negoziato, anche alla luce della strada intrapresa almeno formalmente dalla Commissione (l’invio di una lettera dal tono e contenuto
LA PROVA DEL DEF Ad aprile il Governo dovrà evitare aumenti di tasse per 19,6 miliardi, investimenti a rischio con il voto a breve
perentorio) si prospetta fin d'ora in salita. È un quadro che limiterà il raggio di azione del Governo, di questo o di quello che verrà dopo le elezioni. In tale contesto, soprattutto grazie all’auspicato incremento del Pil (tutto da verificare), occorrerà mantenere l’impegno non solo alla “stabilizzazione” del debito ma all'avvio da quest’anno della sua riduzione. Senza crescita, il debito non si riduce, e allora torneremmo alla casella di partenza. In autunno sarà arduo evitare una procedura d'infrazione. E allora per l’Italia l’urgenza numero uno non è spuntare lo 0,1% in più o in meno nella trattativa in corso, ma convogliare tutte le risorse disponibili in direzione della crescita, anche a costo di un aspro confronto con Bruxelles. Pesa l’incognita politica, certo, e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha posto in luce i rischi, in termini di perdita di credibilità e di reputazione, di una procedura per debito eccessivo. Un’Italia di nuovo nel caos dell’instabilità politica e in preda ai sussulti dello spread è un rischio che per prima la Commissione europea dovrebbe contribuire a sventare.