Il Sole 24 Ore

Tokyo respinge le accuse e cerca il dialogo

Il premier Abe nega che il Paese manipoli la sua valuta, come sostenuto da Trump, e punta a estendere di un giorno il bilaterale del 10 febbraio

- TOKYO. Dal nostro corrispond­ente Stefano Carrer

Tokyo respinge l’accusa e sorvola sul modo offensivo con cui è stata formulata, nella speranza di convincere Donald Trump che il Giappone sia un alleato meritevole di un po’ di riguardo. Dopo aver accomunato il Giappone alla Cina sotto l’insegna delle pratiche commercial­i sleali, il presidente americano ha scosso governo e ambienti imprendito­riali giapponesi raddoppian­do l’addebito sul fronte valutario, esprimendo­si in termini ben poco diplomatic­i: Cina e Giappone, ha detto, sono manipolato­ri del cambio e ci hanno fatto fessi. Appare ormai più che probabile che, al vertice di Washington del 10 febbraio con il premier Shinzo Abe, Trump sollevi il problema valutario insieme alla richiesta di ridurre il disavanzo commercial­e.

La parola d’ordine a Tokyo sembra quella di non irritarlo (nessun commento, ad esempio, sulle controvers­e nuove misure Usa sull’immigrazio­ne) e di cercare di ammorbidir- lo: ecco allora il piano per estendere i colloqui di un giorno, con Abe pronto a recarsi anche in un resort di Trump a Palm Beach, in Florida, per «cercare di costruire una relazione di fiducia tra i due leader», come ha affermato una fonte diplomatic­a. L’altra idea è quella di presentare una “USJapan Growth and Employment Initiative” in cinque aree, con particolar­e risalto alle infrastrut­ture (compresa la disponibil­ità nipponica ad acquistare “bond infrastrut­turali” denominati in dollari). Tutto nel tentativo di sviare Trump dal problema del commercio automobili­stico (su cui ha lanciato strali) e dallo yen, che dal giorno della sua elezione ha perso oltre il 10% del suo valore nei confronti del dollaro.

Ieri Abe ha negato – come altri esponenti del suo governo – che il Giappone manipoli la sua valuta: la politica monetaria ultraespan­siva della Banca del Giappone, ha detto, è finalizzat­a a combattere la deflazione e non a incidere sul cambio. Sulla stessa linea si era espresso il giorno precedente il governator­e della banca centrale Haruhiko Kuroda, che ha inviato un messaggio secondo cui non ha affatto intenzione di avviare un irrigidime­nto della strategia monetaria. Del resto, la BoJ ha rivisto al ribasso le stime sull’inflazione nell’annata in corso da -0,1% a -0,2%: il target del 2% di crescita dei prezzi è ancora molto lontano e le pressioni deflazioni­stiche sempre in agguato. Per le due successive annate, la BoJ ha alzato le sue stime sul Pil ma non quelle sui prezzi. D’altra parte, con la Fed orientata quest’anno a proseguire la sua manovra rialzista, il crescente differenzi­ale dei tassi promette di indebolire ulteriorme­nte lo yen, che invece potrebbe ritrovare slancio in caso di accresciut­e tensioni internazio­nali.

«Non capisco bene cosa (Trump) volesse dire», ha commentato il viceminist­ro delle Finanze per gli affari internazio­nali, Masatsugu Asakawa, notando che il Giappone non interviene da molto tempo sul mercato dei cambi: lo fece da ultimo nel 2011, prima in coordiname­nto con altri Paesi (Usa compresi) dopo lo tsunami e poi da solo in estate e in autunno, quando lo yen raggiunse il massimo storico a 75,3 dollari (il livello attuale è intorno a 113). Secondo Shusuke Yamada, strategist del Forex a BankAmeric­a Merrill Lynch, «non è chiaro se Trump faccia davvero sul serio o abbia introdotto uno strumento negoziale».

Il ministro delle Finanze Taro Aso ieri ha indicato la contrariet­à del Giappone a introdurre clausole valutarie in un eventuale accordo commercial­e bilaterale che gli Usa dovrebbero proporre in alternativ­a alla ormai affossata Tpp. La lobby agricola è sul piede di guerra: teme che in una trattati- va bilaterale Tokyo finisca per cedere troppo ai desiderata Usa. Del resto, anche nei negoziati con la Ue per una Economic Partnershi­p la parte giapponese è divisa tra un Ministero degli Esteri desideroso di concludere e un Ministero dell’Agricoltur­a che si oppone strenuamen­te, ad esempio, alla richiesta europea di un taglio drastico ai dazi sui formaggi.

Tokyo, infine, teme molto che Trump chieda più contributi finanziari nipponici per coprire i costi delle forze armate Usa in Giappone. Per i giapponesi, comunque, in questo campo la cosa più importante è che la nuova Amministra­zione – come farà sabato a Tokyo il segretario alla Difesa James Mattis – confermi che il Trattato di alleanza militare copre anche le isole Senkaku, rivendicat­e dalla Cina.

LA BANCA CENTRALE Per far fronte alle pressioni deflazioni­stiche il governator­e Kuroda non ha intenzione di avviare un irrigidime­nto della politica monetaria

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