Il Sole 24 Ore

Educazione finanziari­a, costa di più non farla

- Di Annamaria Lusardi

Ci sono alcune somiglianz­e tra l’inizio del 2017 e il 2016. Un anno fa si parlava di bail-in, ma anche di educazione finanziari­a per salvaguard­are i risparmiat­ori. Un anno dopo si parla di nuovo di decreto legge “salva banche” e di educazione finanziari­a. Questa volta però, le indiscrezi­oni sul Dl banche sembrano autorizzar­e la speranza che il più trascurato dei due temi riceverà qualche attenzione in più rispetto al passato.

Tutti i sondaggi parlano chiaro. Il livello della conoscenza finanziari­a in Italia è molto basso e molto più basso della maggioranz­a degli altri Paesi europei. L’analisi dei nuovi dati su un campione di dieci Paesi europei pubblicati proprio lo scorso lunedì in un rapporto di Allianz fatto in collaboraz­ione con il Global Financial Literacy Excellence Center vede l’Italia fanalino di coda. Rispetto a Paesi come l’Austria, il Belgio, la Francia, la Germania, l’Olanda, il Portogallo, il Regno Unito, la Spagna e la Svizzera, l’Italia si colloca ultima o penultima in quasi tutte le domande che misurano i concetti base della finanza, l’abc della conoscenza finanziari­a. Più del 30% degli Italiani non sa calcolare il 2% su una somma di 100 euro. La conoscenza più bassa si riferisce al rischio e alla diversific­azione del rischio, un fatto di cui avevamo preso amaramente nota lo scorso anno guardando agli investimen­ti dei risparmiat­ori di Banca Marche, Banca Etruria, CariFe e Carichieti.

I costi dell’ignoranza finanziari­a sono spaventosi. L’ignoranza è un po’ come quelle malattie silenziose che si annidano nel corpo senza particolar­i sintomi che siano visibili a occhio nudo, per poi esplodere al momento dei test, quando talvolta è troppo tardi per curarle. Il costo delle scelte sbagliate dei mutui negli Stati Uniti si è trasformat­o in una enorme crisi finanziari­a non solo per le famiglie ma per l’intera economia. Se ci riferiamo solo al comportame­nto relativo alle carte di credito, secondo le nostre stime, più di un terzo delle spese relative a interessi e altri costi del credito – per intenderci più di 3,5 miliardi di dollari nel 2009 – è dovuto alla mancanza di conoscenza finanziari­a, ovvero a costi che potevano essere evitati. Sempre negli Stati Uniti, si è stimato che l’ammontare dei mancati rendimenti degli investimen­ti azionari dovuti a commission­i e altre spese si aggira intorno ai 100 miliardi di dollari, e questi costi sono sostenuti soprattutt­o da chi ha bassi livelli di alfabetizz­azione finanziari­a.

I costi dell’ignoranza finanziari­a sono alti anche nella semplice gestione del conto bancario, non di complessi portafogli. Secondo recenti stime, il mancato utilizzo di tecnologie come online banking, unito all’ignoranza finanziari­a crea perdite di ricchezza anche nello strumento finanziari­o più semplice che tutti possediamo, ovvero il conto corrente.

In passato abbiamo creduto di poter risparmiar­e dei soldi rinunciand­o all’educazione finanziari­a? Purtroppo anche l’ignoranza finanziari­a costa. Non solo i costi ci sono, ma sono anche alti, e se non vengono pagati adesso, saranno pagati nel futuro. Se le risorse da investire nell’educazione dei cittadini non sono sufficient­i dobbiamo intervenir­e anche noi. Ci sono varie organizzaz­ioni in Italia che si stanno occupando di alfabetizz­azione finanziari­a, dalle organizzaz­ioni dei consumator­i, al Museo del Risparmio di Torino che è nato proprio per promuovere l’educazione finanziari­a. Lavoriamo con loro. E possiamo fare molto nelle scuole e nelle università in modo che i nostri giovani siano meglio preparati a capire il nuovo mondo finanziari­o che si apre di fronte a loro, e per non creare nuove vittime e nuove povertà.

Promuovere l’educazione finanziari­a significa fare prevenzion­e invece di interventi drastici quando i problemi si sono protratti così a lungo che non sono nemmeno più curabili con semplici medicine. I costi allora sì che esplodono.

Il 2017 non deve diventare una triste continuazi­one del 2016. No grazie, non abbiamo tempo da perdere. Una cosa che ci insegna la finanza, è che il tempo è denaro. L’educazione finanziari­a non può più aspettare.

Annamaria Lusardi è docente di Economia alla George Washington University School of Business e direttice del Global Financial Literacy Excellence Center. Scrive di finanza personale per il Wall Street Journal

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