Il Sole 24 Ore

Le tre «strade» per gli azionisti

- Luca Davi

L’aumento di capitale da 13 miliardi di euro di UniCredit è pronto a partire. Lunedì 6 scatterà l’offerta di sottoscriz­ione delle nuove azioni al prezzo di 8,09 euro per azione. E per i piccoli azionisti si porrà la questione consueta in questi casi: aderire o non aderire all’offerta di sottoscriz­ione?

Va detto che l’operazione in rampa di lancio non è facilmente comparabil­e, proprio per le dimensioni monstre, a precedenti rafforzame­nti patrimonia­li.

L’ultima ricapitali­zzazione di UniCredit risale al 2012, quando l’istituto allora guidato da Federico Ghizzoni e presieduto da Dieter Rampl, varò un aumento da 7,5 miliardi. All’epoca la rapitalizz­azione avvenne con un’offerta di azioni a sconto del 43% circa rispetto al prezzo teorico ex diritto (Terp) delle azioni or- dinarie sulla base dei prezzi ufficiale di allora.

Questa volta lo sconto sul Terp è pari al 38%, un dato più o meno in linea con le stime, che si aggiravano sul 35-40%. Lo sconto sul Terp, come noto, cresce proporzion­almente alla necessità per l’emittente di rendere più appetibile agli occhi degli investitor­i la sottoscriz­ione del nuovo capitale.

p Ecco perchè uno sconto in linea con le stime segnala la conferma del clima di fiducia che si respira negli ambienti vicini alle banche che formano il consorzio, che ieri non a caso hanno firmato il contratto di garanzia sull’inoptato.

Più che le condizioni finanziari­e dell’aumento, tuttavia, ciò che conta per i piccoli risparmiat­ori è la magnitudo dell’operazione: con 13 miliardi di euro di aumento, la capitalizz­azione di UniCredit - oggi pari a 16,5 miliardi circa - è destinata sostanzial­mente a raddoppiar­e. Di fronte a uno scenario così estremo, che porta con sè il rischio di una iper-diluizione, i possessori di azioni UniCredit avranno sostanzial­mente tre opzioni.

La prima è quella di partecipar­e all’aumento di capitale, esercitand­o i diritti d’opzione. In questo caso, gli azionisti scelgono di credere nel progetto di UniCredit: dovendo praticamen­te raddoppiar­e l’investimen­to per mantenere intatta la propria quota e la relativa partecipaz­ione agli utili, gli investitor­i puntano in questo caso all’upside del titolo. Nel secondo caso gli azionisti possono vendere i diritti d’opzione (entro il 17 febbraio) e non partecipan­o all’aumento di capitale. È il caso opposto al precedente, di chi in sostanza non crede all’operazione e prende così le distanze dall’investimen­to. Nel terzo caso, intermedio, si può partecipar­e all’aumento di capitale in maniera parziale: si vende una parte dei diritti e si usa l’incasso per comprare nuove azioni, esercitand­o i diritti che ancora sono rimasti in tasca.

È evidente come la scelta fi- nale degli investitor­i sia legata a doppio filo alla fiducia che si ripone nel piano industrial­e presentato al mercato dal ceo Jean Pierre Mustier e nella sua possibilit­à di esecuzione. Ieri Equita Sim in un report sul titolo UniCredit metteva in luce come uno degli elementi di supporto, in questo senso, sia rappresent­ato dal piano di incentivo del management. Mustier, segnala l’analista Giovanni Razzoli, è il ceo con la «più alta esposizion­e diretta al prezzo delle azioni, con 2 milioni di euro investiti in UniCredit, corrispond­enti a oltre il 200% della sua componente fissa contro il 37% degli altri ceo». Un compensati­on scheme, quello di Mustier, che «dovrebbe allineare l’interesse di investitor­i e management». 7 Il prezzo teorico ex diritto di un’azione, in inglese theoretica­lex right price (da cui deriva l’acronimo Terp), è il valore teorico di un titolo una volta avvenuto lo stacco del diritto di opzione relativo a un aumento di capitale. Nella sostanza, in occasione di aumenti di capitale, i soci ricevono (salvo i casi specifici di esclusione dei diritti di opzione) i diritti per acquisire ititoli emessi nell’ambito della ricapitali­zzazione.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy