Si assottiglia il fronte delle Fondazioni
pTorino ha già deliberato una sottoscrizione fino all’intera quota, intorno al 2,3%, ora dovrà decidere se attuarla fino in fondo. A Verona la partita è più aperta: soprattutto dopo l’intervento del presidente Alessandro Mazzucco, nell’assemblea straordinaria del 12 gennaio scorso, non può essere data per scontata un’adesione totalitaria per il 2,2% ancora a disposizione, e comunque il nodo verrà sciolto oggi in cda. Le emiliane, invece, hanno le mani legate: con il protocollo Acri-Mef che impedisce di concentrare in un solo asset oltre il 33% del patrimonio, Fondazione CrModena e soprattutto Monte di Bologna sono sul filo di lana, e così per la holding comune, Carimonte, ci sarà probabilmente da alleggerire l’1,88% posseduto fino a pochi mesi fa, che in assemblea risultava già sceso allo 0,744%.
Ad oggi, la pattuglia degli enti, stando al verbale di gennaio, comprende anche Fondazione Manodori (0,317%), CrPerugia (0,331%), Cr Trieste (0,3%) e Cassamarca (0,226%). In pratica, lo zoccolo du- sì bassi da solleticare un compratore.
Evidentemente, il mercato viene ritenuto abbastanza ampio - oltre 350 i miliardi di Npl lordi nelle pance delle banche - da poter accontentare tutti. Anche chi, come Fondaco, pensa di proporre ai suoi sottoscrittori un fondo dai rendimenti inferiori a quelli ricercati dagli investitori puramente speculativi ma anche con rischi consoni ai profili di investitori prudenti come Fondazioni ed enti previdenziali.
Fondaco andrebbe a ravvivare un mercato che vede per lo più attori esteri, visto che tra gli italiani - oltre a Quaestio - si segnala l’iniziativa di Algebris e poche altre. Ma l’Sgr avrebbe già individuato come partner un investitore internazionale, destinato a fornire competenze gestionali e a co-finanziare gli interventi nei singoli dossier, facendo confluire risorse estere su asset italiani. ro - computando anche lo 0,27% di CrModena extra Carimonte - attualmente si aggira intono al 6,4%, un mosaico di quote che cinque anni fa, dopo l’aumento del 2012, raggiungeva l’11,9 e oggi vale meno della partecipazione del primo azionista, Capital Reserach, che ha in mano il 6,7% di Piazza Gae Aulenti. La taglia dell’aumento è da grandi istituzionali, il protocollo Acri-Mef incombe e le casse degli enti suggeriscono prudenza: inevitabilmente, nel suo complesso il fronte delle Fondazioni è destinato ad assottigliarsi.
Almeno per le piccole. Verona, si diceva, decide oggi: la Fondazione «non è una banca, non ha scritto nel suo statuto che deve restare vita natural durante in UniCredit. Ci resterà fino a quando la partecipazione risponderà alle sue esigenze», ha dichiarato il presidente della Fondazione Cariverona, Alessandro Mazzucco, nel week end. Da allora la banca ha annunciato il risultato dell’esercizio 2016, con un miliardo di svalutazioni extra che «non ha stupito» la Fondazione, e sull’aumento la decisione dovrebbe arrivare oggi.
Un passo più avanti Torino. Proprio ieri è stato eletto il neo presidente, Giovanni Quaglia, che peraltro nel cda UniCredit è stato fino al 2015. Ieri Quaglia ha ricordato che il mandato dell’ente è a sottoscrivere la ricapitalizzazione fino a un massimo pari al pro quota «ma dipenderà dalle condizioni», ha aggiunto. «Il consiglio di amministrazione che è ancora in carica nei prossimi tre mesi e il consiglio di indirizzo, dopo un’analisi attenta, con il supporto del segretario generale, hanno già fatto una scelta», ha spiegato Quaglia. Il segretario generale della fondazione, Massimo Lapucci, ha ricordato che «l’autorizzazione del Mef per partecipare alla ricapitalizzazione sta arrivando, contiamo che arrivi prima che parta l’aumento, il 6 febbraio».
Eletto all’unanimità, ieri Quaglia incontrando i giornalisti ha fatto un cenno a Generali, di cui l’ente è socio all’1,2% («Non abbiamo pregiudiziali su Intesa, ma è presto»), Atlante («Abbiamo risposto alla chiamata come hanno fatto altri») e alla proposta lanciata da Carlo Messina di rivedere il protocollo Acri-Mef («Non sarebbe male introdurre un po’ di elasticità»), poi si è concesso anche una battuta sui suoi storici rapporti con Fabrizio Palenzona: «Il mio amico Palenzona mi apprezza e mi vuole bene come io ne voglio a lui, ma l’unanimità di consensi è la risposta più semplice e naturale a ipotetiche cordate che non ci sono». Per quanto riguarda invece le priorità dell’ente, «dobbiamo fare squadra - ha sottolineato - per condividere strategie, analisi e decisioni, perché da soli si può correre, ma solo insieme si può andare lontano, e costruire una Fondazione che sia sempre più una comunità di persone».
CR TORINO Giovanni Quaglia eletto alla presidenza: «L’aumento? Impegnati a difendere la quota ma decideremo in base alle condizioni»