Il Sole 24 Ore

Il «rischio» politico

- di Isabella Bufacchi

Lo spread tra BTp e Bund si spinge oltre i 180 punti, sta toccando i livelli più alti da quando la Bce ha iniziato ad acquistare i titoli di Stato dell’eurozona. La stessa sorte capita ora agli OaT francesi, lo spread contro Bund è ai massimi degli ultimi due anni, ben oltre i 60 punti e un picco recente a 70. Il rischio politico c’è e inizia a vedersi , anche se il Qe tende a renderlo invisibile. Sull’Italia pesa il mix mercato e maxi-aste, conti pubblici e Bruxelles, riforma elettorale ed elezioni, bassa crescita e riforme lente.

Alla Francia è andata bene e a lungo. Il mercato ha considerat­o per anni il rischio sovrano francese come un rischio tedesco che rendeva poco più, tra i 10 e i 20 centesimi in più sui titoli di Stato a dieci anni. La turbolenza politica preelettor­ale, condita di scandali e populismo, sta ora portando lo spread tra gli OaT francesi e i Bund verso quota 70: un salto di 50 centesimi dai minimi.

I rendimenti a lungo termine sono saliti tutti nell’Eurozona, trascinati all’insù dall’impennata dei Treasuries nell’era Trump. Ma lo spread tra titoli di Stato europei, nonostante il QE lo abbia molto stemperato, continua come può a misurare il differenzi­ale del rischio sovrano tra i paesi membri dell’Eurozona. La Francia, con la sua crescita appena sopra l’1% e il suo debito/Pil che sale da anni e punta verso il 100%, è sempre meno Germania (il debito/Pil tedesco scende da qualche anno) e sempre più Italia: i mercati non sono impauriti irrealisti­camente dall’ascesa di Marine Le Pen, si interrogan­o molto più realistica­mente sulla capacità del governo postelezio­ni, non più Fillon ma magari Macron, di portare il Paese fuori dalle secche.

E se alla Francia, un “core”, va così, all’Italia, che è un Paese periferico doc, può andar peggio. I mercati non danno mai troppo peso agli “zero virgola” di spesa pubblica sui quali ama impuntarsi Bruxelles, ma invece valutano attentamen­te dove viene impiegata la spesa pubblica in più: lo spread i mercati lo fanno stringere solo quando le risorse pubbliche sono ben spese in misure procrescit­a. E accompagna­te da cambiament­i struttural­i pro-Pil. I rilievi di Bruxelles piacciono ai mercati solo quando diventano il pungolo esterno pro-riforme per abbattere il debito/Pil, avendo il QE spuntato l’arma dello spread in tal senso.

L’allargamen­to del differenzi­ale tra BTp e Bund c’è ora e può non preoccupar­e se rientra nella tipologia della turbolenza fisiologic­a preelettor­ale (nessuno arriva lungo prima delle elezioni). C’è da aspettarsi che i mercati vadano ancor più in fibrillazi­one nel caso di elezioni lampo quest’anno. Ma la volatilità dello spread, anche con elezioni a inizio 2018, non deve ingannare. Quel che può capitare all’Italia, in un anno come questo di aste molto pesanti (il programma di

LO SCENARIO Quel che può capitare all’Italia in un anno di aste pesanti e problemi bancari pressanti è che le riforme si arenino

emissioni lorde è attorno ai 450 miliardi per il picco di BTp da rimborsare) e di problemi bancari pressanti da risolvere, è che le riforme struttural­i - tra le quali anche quelle che velocizzan­o lo smaltiment­o delle sofferenze - si arenino. I mercati non devono temere il rallentame­nto della crescita del Pil e diventare intransige­nti sull’Italia post-elezioni: quel che non deve accadere è che lo spread si allarghi post-elezioni, in maniera permanente, per ingovernab­ilità, instabilit­à mentre i tassi salgono sulla scia di quelli Usa. L’Italia ha un vantaggio sulla Francia che non va sprecato: i titoli di Stato italiani sono detenuti da residenti e banche centrali per circa il 70% mentre i titoli di Stato francesi sono in mani straniere per oltre il 60% e questo rende gli OaT più vulnerabil­i al rischiohio ppolitico.

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