La trattativa e le incognite
Il mix di interventi, distribuito in nuove entrate (tre quarti dell’aggiustamento richiesto) e tagli alla spesa, previsto dal Governo nella lettera inviata due sere fa a Bruxelles, punta a evitare il ricorso a “misure estemporanee” tipiche da una manovra correttiva intesa in senso tradizionale. Con diverse incognite, di cui la Commissione europea potrebbe dar conto fin dalle nuove previsioni macroeconomiche previste per il 13 febbraio. Dal punto di vista delle maggiori entrate, l’esercizio è complesso.
Occorre convincere Bruxelles che l’a m - pliamento del meccanismo del “reverse charge” (l’estensione alla grande distribuzione è già stato bocciato dalla Commissione Ue nel 2015) è da inserire in un disegno più ampio di contrasto alle frodi fiscali, e dunque va iscritto nel capitolo più complessivo della lotta all’evasione. Sub iudice anche l’ampliamento dello “split payment”, anch’esso già utilizzato, ai fornitori delle società pubbliche. Bruxelles non eccepisce in via di principio all’inserimento nelle manovre di finanza pubblica di misure volte ad ampliare la base imponibile, attraverso la lotta all'evasione. Può sollevare dubbi sulla “prenotazione” ex ante di maggior gettito la cui quantificazione può emergere solo a consuntivo. Per garantire che le entrate previste si realizzino comunque, dovrà essere indicata con ogni probabilità una soluzione alternativa, che passa dalle rituali e abusate clausole di salvaguardia. È già avvenuto proprio con l’estensione del reverse charge alla grande distribuzione, attraverso l’individuazione di una copertura bis affidata ai maggiori incassi attesi dalla voluntary disclosure.
Quanto al capitolo dei ri- sparmi di spesa, lo schema individuato dal Governo mette in campo per circa il 10% le agevolazioni fiscali (le tax expenditures) che nella contabilità europea vengono iscritte nel capitolo delle maggiori spese. Per il resto è previsto un intervento strutturale sulla spesa dei ministeri. Ecco l’altro versante di trattativa con Bruxelles, poiché in questo caso non si tratterebbe di tagli lineari (esclusi per il loro effetto potenzialmente recessivo), ma di un articolato programma di spending review da incardinare nel percorso tracciato dalla nuova riforma della contabilità pubblica. Alla luce della normativa che ha fatto il suo esordio quest’anno, il meccanismo di revisione strutturale della spesa dovrebbe entrare a far parte in via permanente del processo di formazione del Bilancio. Con quali certezze che i risparmi indicati vengano poi effettivamente realizzati? Bruxelles dovrebbe affidarsi agli intendimenti programmatici che il Governo esporrà con il prossimo Documento di economia e finanza di metà aprile. Una valutazione in primis politica, dunque. Riuscirà a prevalere, o invece al contrario emergeranno con forza le incognite legate alla durata del Governo e della legislatura?