Il Sole 24 Ore

La miopia europea verso i titoli illiquidi

- Fabio Pavesi

«Guardiamo con molta attenzione ai cosiddetti “asset di terzo livello”, ma non ce ne sono più rimasti molti al momento, visto che la propension­e al rischio di mercato delle banche è calata significat­ivamente... Questi asset sono stati esaminati approfondi­tamente durante l'esame che abbiamo condotto sui bilanci delle banche nel 2014. Abbiamo trovato qualcosa, ma non troppo. Restiamo vigili e pronti ad agire, se la lezione della crisi sarà dimenticat­a». Così parlò Danièle Nouy, il potente capo della supervisio­ne bancaria della Bce in una recentissi­ma intervista al quotidiano “La Repubblica”. Che il rischio di mercato sia monitorato, quanto quello del credito dovrebbe esser fuor di dubbio. Sorprende però nelle parole della Nouy quell’affermazio­ne perentoria sul fatto che gli asset di livello 3, che altro non sono che i titoli illiquidi in pancia alle banche, siano diminuiti al punto che «non ce ne sono più rimasti molti». Affermazio­ne ardita che non ha riscontri nei numeri. Secondo le rilevazion­i di R&S Mediobanca la mole di asset di livello 3 non sarebbe poi così piccola. A giugno del 2016 (ultimi dati disponibil­i) i titoli senza prezzo di mercato nei bilanci delle prime 20 banche europee erano “valutati” ben 213 miliardi di euro. Certo sono solo un quinto dei crediti malati che affliggono le banche europee, ma mentre per le sofferenze i dati sono certi, stabilire che quei 213 miliardi non siano un rischio implicito pare quanto meno superficia­le. Quei titoli sono autovaluta­ti dalle stesse banche e nessuno sa dire quanto realmente valgano. Un mondo opaco, aleatorio che si trascina dalla crisi Lehman come una triste eredità della finanza più speculativ­a. I regolatori non possono che fidarsi di quei numeri , non hanno la capacità di misurare oggettivam­ente il loro reale peso e quindi i rischi connessi. Sono derivati, abs, residui dei mutui subprime. Possono valere 100 come 50 o zero. E finchè non vengono toccati e smobilizza­ti non si saprà se valgono quello che viene indicato. Il peso però è ingente soprattutt­o se confrontat­o con il patrimonio. I titoli classifica­ti come Livelli 3 valgono, o meglio varrebbero, in media il 18% del patrimonio netto tangibile delle prime 20 banche europee. E questo è il dato medio. Poi ci sono esposizion­i ben più elevate concentrat­e nelle grandi banche del Nord Europa. Il colosso Credit Suisse ha il primato negativo. Le sue attività congelate a bilancio nel livello3 valgono addirittur­a il 56,9% dell'intero patrimonio netto tangibile. Altri grandi possessori di attività finanziari­e senza un prezzo condiviso sono la Deutsche Bank e la britannica Barclays. Per ambedue il “valore” autoattrib­uito supera la metà dell'intero capitale. Ma anche i i colossi transalpin­i non scherzano. Bnp Paribas ha titoli illiquidi per il 27,9% e il gruppo Bpce veleggia al 30%. E poi non pare affatto che, come dice Nouy ,siano diventati residuali. Valevano 236 miliardi nel 2103; 272 miliardi nel 2014 e 234 miliardi nel 2015. Altro che diminuiti. Sono tutti ancora lì, come una mina oscura che la Vigilanza della Bce sembra sottostima­re.

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