Il Sole 24 Ore

Oro ai massimi da novembre Il petrolio Brent supera 57 dollari

- Sissi Bellomo @SissiBello­mo

pL’oro ha ritrovato smalto grazie all’attendismo della Federal Reserve e alle tensioni sollevate dai commenti poco ortodossi del neopreside­nte Usa Donald Trump. Gli ultimi Tweet contro l’Iran in particolar­e hanno risvegliat­o la variante geopolitic­a non solo in relazione al lingotto – restituend­ogli attrattiva come bene rifugio – ma anche sui mercati petrolifer­i. Ieri mentre l’oro volava fino a quota 1.225,30 dollari l’oncia, un record da metà novembre, anche il greggio si spingeva ai massimi da un mese, raggiungen­do 57,45 dollari al barile nel caso del Brent.

Le mosse della Fed – e la reazione del dollaro – sono da sempre un fattore chiave per determinar­e l’andamento delle quotazioni dell’oro: il metallo prezioso infatti perde attrattiva quando i titoli di Stato offrono rendimenti più appetibili e viceversa. Non stupisce quindi che ci sia stata una reazione positiva dopo la riunione di mercoledì della banca centrale americana e il conseguent­e scivolone del biglietto verde, anche se l’oro nel corso della giornata ha poi ripiegato verso 1.216 dollari.

La Fed non solo non ha operato un ulteriore rialzo dei tassi, ma ha diffuso un comunicato che non fa alcun cenno al timing della prossima stretta monetaria, nonostante la salute dell’economia Usa non mostri segni di indebolime­nto. L’inflazione peraltro sta rialzando la testa, per effetto del recupero delle quotazioni del petrolio. E tassi bassi più inflazione in ripresa costituisc­ono un mix inatteso che potrebbe continuare a fornire un buon sostegno al lingotto.

Non a caso gli investitor­i sono tornati ad acquistare anche gli Etf sul metallo: il patrimonio dell’Spdr Gold Share, il maggiore, è aumentato di 10,7 tonnellate in un solo giorno mercoledì. E il flusso positivo di 413 milioni di dollari ha consentito di recuperare quasi metà dei riscatti subiti lo scorso mese. Il tutto mentre dall’Asia – importante centro di consumi per l’oro – non arriva un grande sostegno, perché in Cina e in molti altri Paesi sono iniziate le vacanze per il Capodanno lunare.

Anche le “sparate” di Trump d’altra parte contribuis­cono a tenere vivo l’interesse per l’oro. L’ultima – con cui ha «messo sull’avviso» l’Iran dopo il test missilisti­co dello scorso weekend – ha dato la sveglia anche ai mercati petrolifer­i sul rischio, spesso dimenticat­o negli ultimi mesi, di un acuirsi delle tensioni in Medio Oriente.

In cima alle attenzioni degli investitor­i sembra comunque esserci tuttora il conteggio dei barili tagliati dall’Opec e dai suoi alleati (persino il continuo aumento delle scorte Usa apparentem­ente interessa poco). Il rispetto degli accordi sta andando oltre le aspettativ­e, con oltre l’80% dei tagli già effettuati secondo le stime degli analisti. Ieri un’ulteriore conferma è arrivata dal sondaggio Bloomberg, secondo cui i membri dell’Opec hanno tolto 884mila barili al giorno dal mercato (anche se Libia, Nigeria e Iran ne hanno aggiunti 270mila). Ma a colpire è stato soprattutt­o il listino prezzi di febbraio della Saudi Aramco: la compagnia dell’Arabia Saudita (che ha già ridotto l’output più di quanto si era impegnata a fare) ha imposto aumenti di prezzo in tutte le aree del mondo, con un’imparziali­tà che si è vista solo molto raramente e che dovrebbe contribuir­e a ridurre le esportazio­ni.

FOCUS SULL’OPEC A orientare il greggio oggi è soprattutt­o il buon grado di rispetto dei tagli produttivi L’Arabia Saudita ha anche aumentato i prezzi di listino

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy