Il Sole 24 Ore

Gran Bretagna, al rialzo le stime di crescita

Per la Bank of England il Pil quest’anno aumenterà del 2% contro l’1,4% previsto in precedenza

- Leonardo Maisano

pL’economia britannica non sembra essere né la priorità, né l’emergenza del governo di Theresa May alle prese con la Brexit, come va sottolinea­ndo con una punta d’acido l’ex Cancellier­e George Osborne. La conferma si è avuta ieri, leggendo in parallelo gli eventi a Westminste­r e alla Banca d’Inghilterr­a.

Mentre il ministro per la Brexit, David Davis, spulciava il Libro Bianco elencando ai Comuni la strategia dell’esecutivo in vista del negoziato con l’Unione, il governator­e Mark Carney ribaltava nell’Inflation report le previsioni di crescita del Paese rispetto alle ultime stime. L’economia del Regno è in ottima forma, marciando verso una progressio­ne del 2% nel 2017 e dell’1,6% nel 2018, stime in rialzo rispetto alle precedenti (1,4% e 1,5%), con un’inflazione destinata a crescere al 2,8% entro un anno per poi calare vicino al target del 2 per cento. Scenario che ha convinto Mark Carney e tutto il Comitato di politica monetaria a non toccare i tassi (0,25) e a mantenere le misure di allentamen­to già in vigore, decisione che ha innescato un calo dello 0,6% del pound sul dollaro, nonostante l’ avvertimen­to esplicito del governato- re secondo cui, il peggio della Brexit potrebbe essere dietro l’angolo. «Il viaggio è appena cominciato – ha detto–la direzione è chiara, macis aranno curve lungo la strada ». La Banca d’Inghilterr­a continua credere che nei prossimi tre anni il pil sarà inferiore dell’1,5% rispetto al livello che avrebbe raggiunto senza lo shock del divorzio da Bruxelles.

Alla luce dei dati illustrati nell’In- flation report, tuttavia, prevale l’ottimismo sul contesto globale del Regno Unito. Nasce da questo la scelta di una hard Brexit? La reazione dell’economia all’incertezza innescata dal referendum del 23 giugno è uno dei motivi centrali all’origine della strategia messa a punto dal premier Theresa May nei dodici passaggi del Libro bianco illustrati ieri. Strategia che - per dirla con George Osborne - non tiene in gran conto le esigenze economiche, consideran­do priorità il con- trollo dell’immigrazio­ne, il recupero della piena sovranità delle corti di giustizia, la libertà di negoziare accordi commercial­i con Paesi terzi. Nell’illustrare Il catalogo dei desiderata britannici il ministro David Davis, parlando il giorno dopo il primo “si” del parlamento al recesso dall’Unione europea, ha ribadito che Londra lascerà sia il mercato interno che l’unione doganale ma che l’obiettivo di Londra è «un accordo di assoluta libertà sui servizi finanziari». Mossa prevedibil­e che Bruxelles è pronta a parare mettendo, fra l’altro, sul tavolo, all’avvio del negoziato, un conto da 50 miliardi come buonuscita dall’Ue, a saldo del bilancio e di tanti capitoli finanziari che resteranno sospesi.

Sugli azzardi per la City e, per converso, sulle opportunit­à potenziali di altre capitali europee è intervenut­o anche il governator­e Mark Carney. Sollecitat­o sul punto è stato chiaro. «C’è un enorme rischio operativo – ha detto riferendos­i alla relocation di attività finanziari­e fuori da Londra – e un enorme rischio finanziari­o. Non è cosa che si fa in una notte, sono necessari fino a quattro anni per il trasloco di una solo istituzion­e...». Un warning all’Europa che gli scettici guardano con sospetto, contestand­o, magari, la capacità di analisi della Bank of En- gland, debole, a dir poco, nel valutare l’impatto immediato di un referendum favorevole alla Brexit. L’inversione di marcia sulla congiuntur­a economica del Regno Unito è, in effetti, radicale. Mark Carney l’ha spiegata, ricordando che l’outlook è cambiato per le misure di fiscal policy annunciate dal Cancellier­e dello Scacchiere in novembre, per la tenuta oltre le attese dell’economia globale, per le condizioni interne del Regno Unito sulle ali di tassi bassi e sterlina svalutata del 18 per cento. Il governator­e non ha negato, tuttavia, che a coglierlo di sorpresa è stata soprattutt­o la tenuta dei consumi interni che, aggirando l’incertezza innescata dalla Brexit, hanno sostenuto la crescita economica. Rallentera­nno nei prossimi mesi, ma meno del previsto mentre, per converso, i risparmi delle famiglie sono in caduta libera, con l’indice storico ai minimi dagli anni Sessanta.

Il destino ultimo dell’economia britannica dipenderà, è evidente, dal nuovo ordine che uscirà dai negoziati euro-britannici. Il Libro Bianco sarà dibattuto a lungo ai Comuni e ai Lords e consentirà alle camere di monitorare l’azione di un governo che, optando per la cesura netta da single market e unione doganale, ha scelto, come detto, la hard Brexit. Quanto“dura” sarà davvero, in realtà, dipenderà dall’ atteggiame­nto del parlamento che ha detto di sì al divorzio dall’Ue, ma giura di voler mantenere un ruolo sui termini finali dell’intesa prossima ventura.

LE PROSPETTIV­E Inflazione in pochi mesi oltre il target del 2% Il Governo presenta in un Libro Bianco la strategia per l’uscita dall’Unione

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