Trump litiga con Australia e Messico
Telefonata di fuoco con il premier Turnbull - Minacce a Peña Nieto sull’invio di soldati Usa oltreconfine Messa in dubbio la storica alleanza con Canberra: «Idiota l’accordo sui rifugiati»
pHa pregato, prima di tutto, per i rating tv di Arnold Schwarzenegger, conduttore della trasmissione The Apprentice che l’aveva reso famoso prima di diventare presidente. Ma l’umorismo di Donald Trump si è spento subito: rapide, in successione, sono scattate le sue “preghiere” di politica estera, aggressive, unilaterali, esplosive come non mai: «È ora che siamo duri. Tutti i Paesi del mondo si prendono gioco di noi. Non accadrà più». Ancora: gli Stati Uniti faranno entrare solo chi «ama l’America e i suoi valori», non chi «ci odia». Poi: «Non preoccupatevi delle difficili telefonate» con leader internazionali, dall’Australia al Messico. E poco dopo, in incontri con aziende quali Harley-Davidson e con i parlamentari, ha invocato un’«accelerata rinegoziazione» dell’accordo di libero scambio nordamericano Nafta. Infine non solo parole ma un provvedimento del Tesoro, schiaffo agli alleati come all’intelligence e all’establishment di Washington preoccupati per la Russia di Vladimir Putin: ha allentato le sanzioni contro i servizi segreti di Mosca dichiarate da Barack Obama in rappresaglia per le interferenze nelle elezioni statunitensi. La misura autorizza «certe transazioni» con il Federal Security Service del Cremlino.
Così - davanti a duemila dignitari all’annuale National Prayer Breakfast- Trump ha difeso a spada tratta il divieto ai rifugiati e all’ingresso di cittadini di sette Paesi islamici devastati da guerra e terrorismo. E così ha difeso il drammatico litigio telefonico, proprio sui rifugiati, con il premier australiano Malcolm Turnbull. Ha di fatto messo in dubbio la storica alleanza con Canberra asserendo che potrebbe stracciare un accordo umanitario per accettare 1.250 rifugiati, soprattutto iraniani, ospitati in provvisori centri di detenzione australiani. Ha denunciato come «la più idiota di sempre» un’intesa che era stata raggiunta da Obama e dall’Onu. A nulla è valsa neppure la calma risposta di Turnbull, che ha spiegato come l’accordo non eliminasse affatto stretti controlli sui profughi. Una telefonata che ha avuto luogo sabato scorso ma il cui tono è venuto alla luce nelle ultime ore, confermato dall’Australia e dallo stesso Trump via tweet. Trump ha sbattuto il telefono in faccia a Turnbull a 25 minuti da una conversazione che avrebbe dovuto durare un’ora con un alleato che ha combattuto a fianco di Washington in Vietnam come in Iraq e Afghanistan.
Altrettanto teso il colloquio con il messicano Enrique Pena Nieto: nonostante le smentite, stando alle trascrizioni anzichè sanare lo scontro sul muro antiimmigrati ha visto Trump minacciare Pena Nieto dell’invio di soldati statunitensi oltreconfine se i suoi militari hanno paura dei “bad hombres”, i criminali messicani. E in rivolta contro il clima di gelo sono le università, che reclutano studenti e ricercatori internazionali: il bando ai sette Paesi già costa 700 milioni l’anno e il contributo degli studenti stranieri all’economia è stimato in 30,5 miliardi. Dopo che disordini erano scoppiati mercoledì notte a Berkeley contro Milo Yiannopoulos, esponente proTrump della Alt Right e Breitbart News, Trump ha proposto di toglierle i fondi federali.
Il presidente ha anche pianto i caduti statunitensi nella prima operazione militare della sua amministrazione contro al-Qaida in Yemen, costata la vita a un fante d’assalto e a numerosi civili, donne e bambini, oltre che a terroristi. Ma è emerso che è stata un colpevole fallimento: rinviata da Obama per inadeguata intelligence, è stata spinta da Trump e le truppe speciali sono finite in mezzo a impreviste violente battaglie e campi minati. A far filtrare la mancanza di preparazione sono stati alti ufficiali del Pentagono, preoccupati per la nuova amministrazione. «La nostra intelligence era minima», ha detto un funzionario.
Segno delle gravi polemiche, ha continuato a riverberare la scelta della Casa Bianca di spedire il consigliere per la sicurezza nazionale Michael Flynn a “mettere in guardia” l’Iran dopo un test missilistico nelle stesse ore del giuramento di Rex Tillerson quale nuovo segretario di Stato. Teheran ha irriso alle «vuote minacce». La Casa Bianca oggi dovrebbe imporre nuove sanzioni su decine di enti iraniani accusati di ruolo nei programmi missilistici e nel terrorismo. Mentre Tillerson ha preso il suo posto rivolgendosi con toni moderati e tolleranti ai funzionari del dipartimento, teatro di una ribellione anti- Trump senza precedenti con oltre mille firmatari di un Dissent Cable contro l’editto sui rifugiati.
MEDIO ORIENTE La Casa Bianca oggi dovrebbe imporre nuove sanzioni su decine di enti iraniani accusati di avere un ruolo nei programmi missilistici