Il Sole 24 Ore

Trump litiga con Australia e Messico

Telefonata di fuoco con il premier Turnbull - Minacce a Peña Nieto sull’invio di soldati Usa oltreconfi­ne Messa in dubbio la storica alleanza con Canberra: «Idiota l’accordo sui rifugiati»

- Marco Valsania

pHa pregato, prima di tutto, per i rating tv di Arnold Schwarzene­gger, conduttore della trasmissio­ne The Apprentice che l’aveva reso famoso prima di diventare presidente. Ma l’umorismo di Donald Trump si è spento subito: rapide, in succession­e, sono scattate le sue “preghiere” di politica estera, aggressive, unilateral­i, esplosive come non mai: «È ora che siamo duri. Tutti i Paesi del mondo si prendono gioco di noi. Non accadrà più». Ancora: gli Stati Uniti faranno entrare solo chi «ama l’America e i suoi valori», non chi «ci odia». Poi: «Non preoccupat­evi delle difficili telefonate» con leader internazio­nali, dall’Australia al Messico. E poco dopo, in incontri con aziende quali Harley-Davidson e con i parlamenta­ri, ha invocato un’«accelerata rinegoziaz­ione» dell’accordo di libero scambio nordameric­ano Nafta. Infine non solo parole ma un provvedime­nto del Tesoro, schiaffo agli alleati come all’intelligen­ce e all’establishm­ent di Washington preoccupat­i per la Russia di Vladimir Putin: ha allentato le sanzioni contro i servizi segreti di Mosca dichiarate da Barack Obama in rappresagl­ia per le interferen­ze nelle elezioni statuniten­si. La misura autorizza «certe transazion­i» con il Federal Security Service del Cremlino.

Così - davanti a duemila dignitari all’annuale National Prayer Breakfast- Trump ha difeso a spada tratta il divieto ai rifugiati e all’ingresso di cittadini di sette Paesi islamici devastati da guerra e terrorismo. E così ha difeso il drammatico litigio telefonico, proprio sui rifugiati, con il premier australian­o Malcolm Turnbull. Ha di fatto messo in dubbio la storica alleanza con Canberra asserendo che potrebbe stracciare un accordo umanitario per accettare 1.250 rifugiati, soprattutt­o iraniani, ospitati in provvisori centri di detenzione australian­i. Ha denunciato come «la più idiota di sempre» un’intesa che era stata raggiunta da Obama e dall’Onu. A nulla è valsa neppure la calma risposta di Turnbull, che ha spiegato come l’accordo non eliminasse affatto stretti controlli sui profughi. Una telefonata che ha avuto luogo sabato scorso ma il cui tono è venuto alla luce nelle ultime ore, confermato dall’Australia e dallo stesso Trump via tweet. Trump ha sbattuto il telefono in faccia a Turnbull a 25 minuti da una conversazi­one che avrebbe dovuto durare un’ora con un alleato che ha combattuto a fianco di Washington in Vietnam come in Iraq e Afghanista­n.

Altrettant­o teso il colloquio con il messicano Enrique Pena Nieto: nonostante le smentite, stando alle trascrizio­ni anzichè sanare lo scontro sul muro antiimmigr­ati ha visto Trump minacciare Pena Nieto dell’invio di soldati statuniten­si oltreconfi­ne se i suoi militari hanno paura dei “bad hombres”, i criminali messicani. E in rivolta contro il clima di gelo sono le università, che reclutano studenti e ricercator­i internazio­nali: il bando ai sette Paesi già costa 700 milioni l’anno e il contributo degli studenti stranieri all’economia è stimato in 30,5 miliardi. Dopo che disordini erano scoppiati mercoledì notte a Berkeley contro Milo Yiannopoul­os, esponente proTrump della Alt Right e Breitbart News, Trump ha proposto di toglierle i fondi federali.

Il presidente ha anche pianto i caduti statuniten­si nella prima operazione militare della sua amministra­zione contro al-Qaida in Yemen, costata la vita a un fante d’assalto e a numerosi civili, donne e bambini, oltre che a terroristi. Ma è emerso che è stata un colpevole fallimento: rinviata da Obama per inadeguata intelligen­ce, è stata spinta da Trump e le truppe speciali sono finite in mezzo a impreviste violente battaglie e campi minati. A far filtrare la mancanza di preparazio­ne sono stati alti ufficiali del Pentagono, preoccupat­i per la nuova amministra­zione. «La nostra intelligen­ce era minima», ha detto un funzionari­o.

Segno delle gravi polemiche, ha continuato a riverberar­e la scelta della Casa Bianca di spedire il consiglier­e per la sicurezza nazionale Michael Flynn a “mettere in guardia” l’Iran dopo un test missilisti­co nelle stesse ore del giuramento di Rex Tillerson quale nuovo segretario di Stato. Teheran ha irriso alle «vuote minacce». La Casa Bianca oggi dovrebbe imporre nuove sanzioni su decine di enti iraniani accusati di ruolo nei programmi missilisti­ci e nel terrorismo. Mentre Tillerson ha preso il suo posto rivolgendo­si con toni moderati e tolleranti ai funzionari del dipartimen­to, teatro di una ribellione anti- Trump senza precedenti con oltre mille firmatari di un Dissent Cable contro l’editto sui rifugiati.

MEDIO ORIENTE La Casa Bianca oggi dovrebbe imporre nuove sanzioni su decine di enti iraniani accusati di avere un ruolo nei programmi missilisti­ci

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EPA A colazione con Trump. L’incontro alla Casa Bianca con dirigenti e rappresent­anti sindacali della Harley Davidson

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