Romania, 300mila in piazza contro il decreto salva-corrotti
Il governo non cede ma subisce le pr ime defezioni
pPiù di 300mila romeni stanno protestando nelle piazze di tutto il Paese contro il «decreto salvacorrotti» approvato dal governo socialdemocratico. Ma la più grande mobilitazione popolare dalla caduta del regime comunista nel 1989 non sembra aver ottenuto risultati. E nemmeno i richiami del presidente della Repubblica, Klaus Iohannis, e quelli della Commissione europea hanno convinto il governo a rivedere il provvedimento.
Nella maggioranza uscita dal voto di dicembre ci sono state tuttavia le prime defezioni. Il ministro del Commercio, il socialdemocratico Florin Jianu, ha dato le dimissioni spiegando che «è l’unica cosa da fare, non per onestà professionale, la mia coscienza è pulita su questo fronte, ma per mio figlio. Come potrei continuare a guardarlo negli occhi - ha detto Jianu - e cosa dovrei raccontargli nei prossimi anni?». Il vicepresidente dei socialdemocratici, Mihai Chirica, è andato contro gli ordini del partito chiedendo apertamente che il governo stracci il decreto appena approvato. Il ministro della Giustizia, Florin Iordache, l’artefice del provvedimento, ha lasciato per una settimana ogni responsabilità al suo vice, ufficialmente per prepararsi al dibattito parlamentare sulla legge di bilancio.
Il governo a guida socialdemocratica di Sorin Grindeanu ha approvato martedì sera un decreto di emergenza che depenalizza, con effetto immediato, una serie di reati di corruzione, incluso l’abuso d’ufficio quando il danno provocato non superi i 45mila euro. Così facendo il governo romeno ha sconfessato tutte le politiche messe in atto dal Paese per contrastare la cor- ruzione da quando ha aderito all’Unione europea, dieci anni fa. «La strategia dei socialdemocratici mira a proteggere gli esponenti politici di oggi e del passato da ogni inchiesta per corruzione. Le nuove regole rendono praticamente impossibile perseguire qualcuno per corruzione», spiega James Sawyer, analista di Eurasia Group.
Secondo le analisi dell’organizzazione Transparency International, che elabora il Corruption perceptions index, la Romania è il quarto Paese più corrotto dell’Unione: peggio fanno solo Italia, Grecia e Bulgaria. Negli ultimi tre anni le indagini della magistratura hanno portato a incriminare per abuso d’ufficio più di duemila persone per un danno complessivo di circa un miliardo di euro, pari a sei volte il Pil annuo del Paese.
Il presidente Iohannis, dopo essersi scagliato contro il governo, ha aperto lo scontro istituzionale chiedendo alla Corte costituzionale di dichiarare illegittimo il decreto salva-corrotti. La Commissione europea, che tiene sotto osservazione la Romania per l’accesso all’Area Schengen, ha messo in guardia Bucarest «contro ogni passo indietro nella lotta alla corruzione» e - come ha spiegato il presidente Jean Claude Juncker - «esaminerà attentamente il decreto di emergenza» appena approvato.
Nella capitale ieri ci sono stati scontri tra i manifestanti e la polizia che ha sparato lacrimogeni per disperdere la folla e ha arrestato almeno sessanta persone. Davanti al palazzo del governo, nonostante la temperatura sia scesa sotto lo zero, sono accampati più di 100mila cittadini. Ma l’Esecutivo ha ribadito la linea morbida contro i corrotti che potrebbe salvare anche Liviu Dragnea, il leader del Partito socialdemocratico imputato in un processo per abuso d’ufficio.
REATI DEPENALIZZATI Con le nuove leggi più difficile perseguire l’abuso d’ufficio: il presidente Iohannis chiede l’intervento delll’Alta Corte, Commissione Ue preoccupata