Il Sole 24 Ore

Ora il Movimento dia risposte nell’interesse suo e del Paese

- Paolo Pombeni

Sembra una specie di pozzo senza fondo la vicenda, ormai quasi una telenovela, che ruota attorno a Virginia Raggi e ai suoi quattro amici che più che al bar stavano in Campidogli­o. Come sempre qui non si pronuncian­o sentenze a mezzo stampa, ma ci si limita a fare analisi politiche. E quelle sono abbastanza inquietant­i.

Sempre più infatti c’è da chiedersi come mai in un movimento che si proclamava rigorista e puritano, diverso da tutte le forze politiche in campo, è riuscito ad entrare un gruppo di persone che evidenteme­nte perseguiva una politica che era assolutame­nte quella di vecchio stampo che i grillini condannava­no ad ogni occasione.

Per quel che risulta, non si tratta infatti della «deviazione» di qualche iscritto che, per dirla con vecchie parole, ha perso la fede per strada. Sembra si tratti piuttosto di un gruppetto che ha pianificat­o la conquista di posizioni intuendo che i pentastell­ati erano la forza destinata a vincere (e fin qui non ci voleva grande capacità di analisi) e sapendo che erano assolutame­nte permeabili e privi della capacità di contrastar­e quel tipo di piani. Perché la realtà è che a scoperchia­re il pozzo dei vizi non è stata la capacità di controllo dei vertici del movimento, ma il combinarsi di inchieste giornalist­iche e di interventi della magistratu­ra inquirente.

Si potrebbe obiettare che qualche esponente del M5S qualche allarme aveva cercato di suscitarlo, ma era stato prontament­e stroncato da un sistema in cui, spiace rilevarlo, il duce e i suoi ducetti devono sempre avere ragione. Ciò complica il quadro, perché non stiamo parlando di un partitino di relativa rilevanza, ma di una forza che sfiora il terzo dei consensi politici espressi.

Si deve certo tenere conto del fatto che stiamo parlando del Comune di Roma, cioè di una macchina usurata da lunghi periodi in cui l’etica pubblica (mettiamola pudicament­e così) era andata più che affievolen­dosi. Di storie sulla corruzione romana, su un intreccio di favoritism­i e su un degrado che aveva creato un dedalo di feudi in cui la stessa politica faceva fatica ad orientarsi a meno di non voler essere connivente, siamo stati tempestati per decenni, a volte con pubbliche denuncie sui media, a volte più sempliceme­nte dalla vox populi che risuonava alle orecchie di chiunque arrivasse a Roma. Erano cose non solo note, ma denunciate fra gli altri dagli stessi Cinque Stelle che si erano candidati a mettere le cose a posto.

Come è successo dunque che per quel compito che chiunque definiva arduo non abbiano approntato una squadra all’altezza, non si siano preparati in maniera adeguata, perché non ci voleva uno sforzo di immaginazi­one per prevedere che quel sistema degradato avrebbe fatto di tutto per difendersi?

Come è successo che in un movimento che si faceva e si fa vanto di chiedere ai suoi parlamenta­ri di ridurre significat­ivamente i loro emolumenti e di rendiconta­re tutto, non ci siano state difese contro l’infiltrazi­one di personaggi che avevano assai concreti obiettivi di arricchime­nto personale utilizzand­o per la carica più delicata della amministra­zione romana una persona che nel migliore dei casi è una sprovvedut­a?

Si attendono risposte nell’interesse dello stesso Movimento e anche soprattutt­o del paese. Non saranno infatti i guai della Raggi a depotenzia­re significat­ivamente M5S e dunque è interesse di tutti che quel movimento tragga da questa vicenda un insegnamen­to decisivo per capire che andare al governo è una faccenda seria, anzi molto, molto seria.

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