Il Sole 24 Ore

Potenziali inciampi, tecnicismi e conti aperti

- Paolo Bricco

Il Governo Renzi, che ha costruito l’ultima architettu­ra dell’operazione Ilva, è caduto. La bomba Trump promette di esplodere, a colpi di dazi, sulla siderurgia europea. A Taranto,l’azienda ha chiesto la cassintegr­azione per 4.984 dipendenti. Speriamo bene. L’ipotizzato slittament­o nella presentazi­one delle offerte definitive rappresent­a un passaggio tecnico? Oppure rivela un potenziale fattore di criticità? Di certo, un caso come quello dell’Ilva, che in molti passaggi avrebbe potuto implodere aggiungend­o disastro a disastro, è stato inchiavard­ato in una procedura amministra­tiva che ha di volta in volta evitato l’inciampo al gigante con i piedi di argilla, risparmian­do all’impresa e al Paese una doppia caduta. L’abbiamo pagata cara, perché il conto finanziari­o finale sarà rovinoso. Ma poteva andare peggio. Adesso, mentre intorno tutto cambia – dalle mappe della siderurgia mondiale in via di rimodulazi­one per il combinato disposto della Cina e degli Stati Uniti all’instabilit­à del quadro politico sancita dalla crisi del renzismo – questa procedura ha costituito il canale – rigido e coeso - che ha contenuto il flusso delle vicende dell’Ilva. Il punto è verificare se questa rigidità, a cui peraltro è stato in parte ovviato non fissando un termine improcrast­inabile per la presentazi­one dell’offerta economica, non possa in qualche maniera “intimidire” quanti sono interessat­i a rilevare l’acciaieria. Soprattutt­o in uno schema rigido, che di fatto prevede una offerta formalizza­ta la più comparabil­e possibile fra le due cordate. Per garantire la raffrontab­ilità, è chiaro che in essa il vero elemento di distinzion­e – per i due soggetti in campo – sarà quello economico. È inutile girarci intorno. Soddisfatt­e le richieste del piano ambientale, il problema è appunto quanti soldi – a parità della conservazi­one del perimetro occupazion­ale – le cordate tireranno fuori. Gli impianti di Taranto sono buoni, ma il revamping e le manutenzio­ni straordina­rie richiedono l’impiego di non poche risorse. Il circolante – fra materie prime, semiprodot­ti e prodotti finiti in magazzino – ha invece un valore in sé e per sé per gli acquirenti. I quali non possono non riconoscer­e un valore strategico all’acquisizio­ne del maggior impianto siderurgic­o europeo a ciclo integrale. È vero che ci sono i cinesi. È vero che, adesso, c’è pure Trump. Il Governo, però, si aspetta che le cordate paghino. Vediamo che cosa succederà. Se non fra pochi giorni, fra qualche settimana.

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