L’alta sartoria sul palco della Scala
Sfilata evento di 100 look maschili unici per clienti top arrivati da tutto il mondo
a Teoria dei sei gradi di separazione. O, con espressione più poetica, “teoria del mondo piccolo”: secondo molti psicologi, sociologi e semiologi, ogni persona può essere collegata a qualunque altra persona o cosa da una catena di conoscenze e relazioni con non più di cinque intermediari. Proprio come nel caso di Dolce&Gabbana con Giuseppe Verdi, al quale gli stilisti si sono ispirati per la collezione di alta sartoria che ha sfilato sabato scorso sul palcoscenico della Scala, dove Verdi esordì nel 1839 con l’opera Oberto, Conte di San Bonifacio. Più di cento look unici, pensati per i circa 150 clienti arrivati da tutto il mondo.
Domenico Dolce incontra Stefano Gabbana; nel 1985 Beppe Modenese li scopre, li consiglia e contribuisce a portarli al centro del mondo della moda e dello spettacolo, dove si avvicinano, tra gli altri, a Monica Bellucci; tramite l’attrice Dolce&Gabbana conoscono Luciano Pavarotti, che li introduce alla magia dell’opera lirica e di Verdi in particolare. Ecco i sei gradi di separazione che fanno fare un salto di quasi duecento anni e stabiliscono un legame diretto tra il compositore che Riccardo Muti definisce «il patriarca della musica italiana» e i due stilisti. Oggi più che mai, dopo 30 anni di carriera, fieri difensori e ambasciatori dell’artigianalità italiana nel mondo.
«Giuseppe Verdi per noi è l’Italia e questo basterebbe, insieme al rapporto che ebbe con la Scala, a spiegare perché su ogni capo o accessorio di questa collezione c’è un riferimento a lui o a una sua opera. Grazie anche alla Fondazione Ricordi, che ci ha aperto gli archivi delle locandine e programmi di scena originali – spiegano Domenico Dolce e Stefano Gabbana –. Abbiamo però cercato di raccontare un Verdi meno conosciuto: fu un grande musicista, ma pure un uomo che amava divertirsi, non solo con il bel canto». Benché in Italia esistano 3.046 viali, vicoli, strade e piazze intitolate al compositore (tra gli artisti solo Dante lo batte), il suo lato più giocoso è poco conosciuto. «È così bella cosa il ridere quando soprattutto s’annoja (sic) come io faccio», scriveva nel 1854 Verdi da Parigi all’amico librettista Francesco Maria Piave, che aveva la fortuna di trovarsi a Venezia.
Su giacche, pantaloni, tabarri, camicie e persino t-shirt, Dolce&Gabbana hanno fatto ricamare o dipingere a mano brani delle arie più celebri delle opere di Verdi. «Come nell’alta moda, abbiamo reso l’alta sartoria più contemporanea, oggi tutto cambia molto velocemente e dobbiamo accettarlo – aggiungono Dolce&Gabbana –. Cerchiamo di intercettare le novità nel gusto, nelle attitudini di acquisto e ci capita anche di anticiparle. Abbiamo iniziato il nostro percorso più di 30 anni fa e ci piace molto l’espressione inglese “walk of life”, perché dà l’idea che la vita sia in effetti una lunga camminata dove ogni passo è legato all’altro e si guarda sempre avanti. L’alta moda e l’alta sartoria sono la nostra interpretazione del see now buy now che sembra spopolare nel pret-à-porter».
Già nel pomeriggio di sabato scorso, dopo la sfilata e un pranzo allestito nel foyer del primo piano della Scala, i clienti hanno potuto rivedere e comprare la collezione che aveva sfilato in teatro negli atelier di corso Venezia. Gli stilisti sono già al lavoro sulle prossime collezioni di pezzi unici: per la donna sfileranno in luglio al Sud (forse in Sicilia), per l’uomo ancora una volta a Milano. Ma sarà difficile trovare un palcoscenico più adatto della Scala.