Il Sole 24 Ore

Un’alleanza contro le pseudo-scienze

- Di Dario Braga

Ciarlatani, gonzi, furbetti e fanatici sono sempre esistiti. Nessuna novità. La differenza straordina­ria oggi sta nella possibilit­à di raggiunger­e simultanea­mente e senza mediazione un numero enorme di soggetti.

Sono già intervenut­o sulla diffusione via social network di atteggiame­nti di rifiuto delle conoscenze e di sfiducia verso la scienza (“oscurantis­mo di ritorno”). Un diverso aspetto del problema è il dilagare del “populismo scientific­o”, ovvero l’uso di informazio­ni pseudo-scientific­he per alimentare paure, diffondere teorie complottis­te e/o prospettar­e cure salvifiche in nome della democrazia della rete.

Cerchiamo di approfondi­re. La prima consideraz­ione è che sui social tutte le informazio­ni hanno la stessa dignità. Mentre le pubblicazi­oni scientific­he sono analizzate da esperti del campo, la rete – in modo falsamente democratic­o – non discrimina.

Un secondo problema è quello delle “fonti”. Una delle prime cose che si insegna a uno studente è l’importanza della bibliograf­ia. Il contesto scientific­o è fondamenta­le per avviare nuovi studi senza correre il rischio di ripetere qualcosa che già è stato pubblicato. L’informazio­ne in rete, con fonti inesistent­i, è presentata come verità, anche se priva di paternità, rendendo difficile, se non impossibil­e, la distinzion­e tra vero, parzialmen­te vero, e falso.

Un terzo elemento da considerar­e è il valore commercial­e dei temi di grande richiamo (vaccinazio­ni, terapie contro i tumori, alimentazi­one ecc.). Siti costruiti ad hoc sono in grado di raccoglier­e donazioni on-line: è sufficient­e qualificar­si come centro di ricerca o fondazione e costruire una bella home-page. A questi meccanismi, che fanno leva sulla ingenuità e sulla mancanza di strumenti critici di larga parte degli utilizzato­ri della rete, si aggiunge il fatto che molti siti associano pubblicità commercial­e (vera) a notizie false o prive di sostanza.

C’è poi il ruolo della stampa, soprattutt­o on-line, che spesso accredita notizie senza verifica scientific­a al solo scopo di aumentare “clic” e condivisio­ni, agendo da propagator­i di informazio­ni sbagliate. Il giornalism­o d’inchiesta, quando c’è, contribuis­ce invece alla battaglia contro la pseudoscie­nza. Nel 2013 Alison Abbott di Nature svelò che nel brevetto del metodo “stamina” erano state usate immagini già pubblicate da altri ricercator­i e riguardant­i argomenti completame­nte diversi.

Analogamen­te, fu il giornalist­a Brian Deer a svelare gli errori di metodo – e il conflitto di interessi – nei dati contenuti nell’articolo di Andrew Wakefield sulla connession­e tra vaccino trivalente e autismo. L’inchiesta che ne seguì portò all’espulsione di Wakefield dall’ordine dei medici britannici e al ritiro dell’articolo da parte della rivista Lancet. Nonostante questi risultati e la condanna generalizz­ata del mondo scientific­o si continua ad alimentare false notizie, che allontanan­o le famiglie dalle vaccinazio­ni con conseguenz­e che cominciamo a vedere, e a prospettar­e e vendere pseudocure salvifiche facendo leva sulla sensibilit­à dei malati e dei loro parenti.

L’ultimo attore, e non di minore importanza, è la politica. La distribuzi­one delle interrogaz­ioni parlamenta­ri sulle “scie chimiche” è abbastanza bipartisan; un po’ meno bipartisan sono le posizioni sui vaccini, anche se si è evitato per poco che il film Vaxxed, contro le vaccinazio­ni, fosse proiettato al Senato della Repubblica. Anche le pseudo-terapie contro i tumori, per l’innegabile impatto sociale, attraggono molto interesse tra i parlamenta­ri, e non sono mancate iniziative a sostegno di questa o quella terapia “home-made” e iniziative estemporan­ee per finanziare studi clinici giudicati inutili dalla comunità scientific­a.

Il corto circuito è completo: pseudoscie­nza, interessi economici, interessi elettorali e una piattaform­a per raggiunger­e in modo virale milioni di persone. Però la rete esiste. Anche il telefono rappresent­ò un cambio di paradigma nelle comunicazi­one tra persone, e fu così per la television­e, e così oggi è il web. Indietro non si torna. Che fare?

Trattandos­i di contagio virale la prevenzion­e è tutto. Servono igiene e anticorpi. L’igiene dipende molto dalla possibilit­à di rendere svantaggio­so per media e politica la diffusione di informazio­ni non supportate da ricerche attendibil­i e svantaggio­so per la grande pubblicità investire “turandosi il naso”. Gli anticorpi possono venire solo da una diffusa cultura scientific­a, compito della scuola e dell’università. E poi ci sono i “vaccini on-line” cioè la sistematic­a immissione di informazio­ni corrette e comprensib­ili negli stessi canali usati per diffondere la pseudo-scienza. È un impegno aggiuntivo di divulgazio­ne efficace al quale sono chiamati oggi i ricercator­i e che deve avere il sostegno aperto della buona politica.

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