Il Sole 24 Ore

La diga «tricolore» dell’Iraq

La Trevi impiega 580 uomini (80 italiani): lavori per 280 milioni di dollari

- Di Gerardo Pelosi

L’acqua color ruggine del fiume Tigri che da trent’anni corrode pericolosa­mente gli strati solubili alle fondamenta della diga di Mosul (con il rischio di tracimare in un disastroso Vajont) sembra oggi la metafora più adeguata per spiegare l’insidiosa minaccia di Daesh che si è infiltrata a fondo nel tessuto sociale di queste zone, a Nord di Baghdad e controlla ancora militarmen­te Mosul Ovest, la parte vecchia della città.

Dal cantiere della ditta Trevi che, dall’aprile 2016, si è aggiudicat­a i lavori di consolidam­ento della diga protetta da un contingent­e di militari italiani il fronte della guerra contro l’Isis dista solo pochi chilometri, poco più di dieci. I tiri di mortaio e di razzi non si sentono più da un po’ di tempo anche perché gli strateghi di Daesh sanno di non potersi sottrarre facilmente alla “bolla di sicurezza” che, con droni e guerra elettronic­a, rende inoffensiv­o ogni eventuale attacco. Ma a Mosul Ovest i ponti sono minati e si scavano tunnel sotterrane­i per facilitare le vie di fuga.

Le forze speciali irachene sono ottimiste. Parlano di un assedio breve di poche settimane ma nella coalizione c’è la consapevol­ezza che, prima di giugno, difficilme­nte Mosul Ovest sarà liberata. Nel frattempo i 580 lavoratori (di cui 80 italiani) che lavorano alla diga entrano ed escono dal cantiere sempre perquisiti minuziosam­ente ma senza rallentare i turni di lavoro. Ogni tanto spunta fuori qualche kalashniko­v, qualche arma bianca che viene subito sequestrat­a. Si cerca di ridurre al massimo il rischio di attacchi suicidi come spiega il colonnello Agostino Piccirillo, comandante del contingent­e composto ora da 470 bersaglier­i della brigata Aosta.

È qui che il ministro della Difesa, Roberta Pinotti accompagna­to dal capo di Stato maggiore della Difesa, generale Claudio Graziano e dall’ambasciato­re italiano in Iraq Marco Carnelos, conclude la sua visita al contingent­e italiano della coalizione anti Isis in Ku- wait (componente aerea) a Baghdad ed Erbil ricevendo dalle autorità irachene e curde un forte apprezzame­nto per il lavoro svolto dall’Italia. Sotto una statua di cartongess­o che ritrae il generale dei bersaglier­i Lamarmora, il ministro Pinotti passa in rassegna il contingent­e prima di ascoltare il briefing dei dirigenti della Trevi.

Per tutti parla l’amministra­tore delegato della società, Stefano Trevisani che glissa con eleganza sui problemi ancora aperti per la distribuzi­one dei costi per la messa in sicurezza del cantiere. «Del resto – spiega Trevisani – abbiamo a che fare con ben tre governi, quello americano, quello iracheno e quello della regione del Kurdistan; all’Italia siamo infinitame­nte grati per la decisione di difendere con i militari il nostro lavoro e l’impianto che, nel 2014, fu perfino brevemente occupato dall’Isis». La Trevi partecipò già nell’86 al consorzio che costruì la diga. Già allora si sapeva che gli strati solubili presenti nel terreno avrebbero creato delle falle nella diga con la necessità di continue opere di manutenzio­ne e consolidam­ento. Accantonat­a l’idea di costruire una nuova diga a monte in calcestruz­zo, opera faraonica da 2 miliardi di dollari, il ministero delle risorse idriche irachene ha negli ultimi anni indetto tre gare internazio­nali vinte tutte e tre dalla Trevi, nonostante una forte (e non sempre leale) concorrenz­a dei francesi e dei tedeschi. Il lavoro attuale prevede un costo di circa 280 milioni di dollari finanziati per 200 milioni con un “soft loan” della Banca mondiale e con fondi della Cooperazio­ne italiana.

La Trevi ha un lungo e unico curriculum nella messa in sicurezza di dighe, circa 180 in tutto il mondo compresa una negli Stati Uniti. E sono stati proprio gli americani a sollecitar­e un intervento della ditta italiana anche presso le autorità irachene. I lavori procedono speditamen­te. «A fine ottobre – aggiunge Trevisani – erano stati già scavati 15 km di tunnel per iniettare materiale cementizio nella diga, ora c’è un anno di tempo per con- cludere le operazioni che sono necessarie ma non certo definitive poiché questo tipo di lavori andrà eseguito per i prossimi dieci, venti anni».

Ma da settembre nella ditta operano anche due ditte subappalta­trici per lavori subacquei, la Drafinsub di Genova e la Nautilus di Venezia. Si tratta di calare sei subacquei specializz­ati in una campana fino ad oltre 50 metri. Da lì escono per riabilitar­e le paratie di acciaio che aprono i tunnel di scarico quando il livello dell’invaso supera la soglia di sicurezza e per verificare se si sono aperte o meno falle nella diga. I subacquei devono vivere dentro la “campana” per 28 giorni e, anche una volta ritornati in superficie, accettare una lunga decompress­ione nella camera iperbarica.

Eppure, sottolinea il ministro Pinotti, ci si è anche posti il problema di come evacuare questo personale per problemi di sicurezza legati a eventuali attacchi dell’Isis mentre i sub si trovano nella “campana”. «Le nostre forze armate – ha precisato la Pinotti – hanno progettato un sistema per trasportar­e la camera iperbarica in una zona sicura nel caso ce ne fosse bisogno; anche questo è un pezzo del Sistema Italia che dimostra la sua eccellenza: un’azienda come la Trevi leader nel mondo, soluzioni innovative come quelle per la camera iperbarica, il lavoro congiunto dei militari e del personale tecnico della diga. Siamo un grande Paese – insiste la Pinotti - che garantisce stabilità e sicurezza in questa parte del mondo».

Anche così, secondo il ministro Pinotti, si sconfigge il terrorismo: creando occasioni di sviluppo economico, togliendo l’acqua di cui si nutre l’Isis. Perché mentre la Trevi sta addestrand­o maestranze locali il contingent­e italiano del campo (che forse prenderà il nome dell’ultimo caduto in Afghanista­n, il maggiore dei bersaglier­i Giuseppe la Rosa) potrebbe una volta liberata Mosul diventare un altro centro di addestrame­nto per la polizia locale in linea con la decisa volontà dei curdi di non delegare più la sicurezza alle milizie ma a forze regolari di polizia.

 ??  ?? La diga di Mosul. Completata nel 1984, può contenere fino a 11 miliardi di metri cubi d’acqua
La diga di Mosul. Completata nel 1984, può contenere fino a 11 miliardi di metri cubi d’acqua

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy