«Dobbiamo cambiare, non possiamo fermare il futuro»
Massimo Miani, classe 1961, ex presidente dell’Ordine di Venezia, consigliere nazionale uscente, tra meno di due settimane si insedierà alla guida del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti. Che categoria troverà? Una categoria in difficoltà perché negli ultimi anni non si è compreso che appiattirsi sugli adempimenti avrebbe portato a un depauperamento. È urgente ridefinire il nostro profilo e accompagnare la professione in un processo di cambiamento.
I commercialisti hanno anticipato la riforma, per esempio con l’abolizione delle tariffe. Siete sempre stati dentro il mercato, senza riserve. Forse l’ingenuità è stata quella di affidare il cambiamento solo al mercato?
È stato così. È arrivata la crisi e abbiamo sbagliato a non viverla come un momento di cambiamento. Ora, con un po’ di ritardo, dobbiamo affrontare il mutamentamento. Come? Le specializzazioni sono tra i pilastri principali. Occorre arrivare al loro riconoscimento. In assenza di questo progetto molti specialisti sono confluiti all’esterno della professione in albi autonomi: i revisori, i revisori degli enti locali, i curatori. Gli elenchi, quando va bene, sono tenuti da un ministero. Dobbiamo fermare questo processo che sta spogliando la professione e sta creando complicazioni, per esempio per quanto riguarda la formazione.
Il cardine delle specializzazioni saranno le scuole di Alta formazione?
Sì. Le scuole di Alta formazione , che sono state istituite in tutta Italia, saranno uno strumento essenziale. Che altro? La professione è ancora organizzata in modo troppo individuale. Occorre puntare sulle aggregazioni.
Di aggregazioni si parla da anni. Si sono invocate le società tra professionisti, ma la disciplina non ha funzionato. Perché?
Perché è nata zoppa, bisognosa di troppi chiarimenti. In ogni caso, al di là dello strumento giuridico, occorre cambiare la mentalità. Lo studio individuale può funzionare nei casi di iperspecializzazione, ma in generale per fare professione è necessario mettere insieme più specialisti. Come Consiglio nazionale, tra l’altro, vorremmo sfruttare le potenzialità di fare rete, mettendo a disposizione sistemi e servizi da offrire anche ai clienti.
Un altro fattore importante è la digitalizzazione. L’e-fattura con la possibilità, da parte dell’agenzia delle Entrate, di fare controlli preventivi può aprire scenari di compliance anche per le piccole e medie imprese. Concorda?
La fatturazione elettronica può comportare agevolazioni rilevanti; la lavorazione anticipata dei dati fiscali può avere sviluppi che oggi facciamo fatica a immaginare appieno. Qualcuno dice che con la fatturazione digitale perderemo lavoro. Dipende. Credo che non possiamo fermare il futu-
«Le specializzazioni sono essenziali Va riconosciuto il nostro ruolo»
ro. Se viene riconosciuto il nostro ruolo, perderemo adempimenti ma potremo avere compiti da certificatori. Anche rispetto al sistema bancario ci sono grandi spazi per certificare processi. Tornando alla fatturazione elettronica, se si tratta di un’opzione siamo noi commercialisti che abbiamo le chiavi del mercato, perché siamo noi che parliamo con i clienti.
Dunque, cosa dovrebbero fare il legislatore e l’amministrazione?
Come ho detto chiediamo il riconoscimento del nostro ruolo, anche con il coinvolgimento preventivo quando si fanno le norme. Semplicemente perché abbiamo le competenze.
Quali saranno i rapporti con i sindacati di categoria, che hanno proclamato l o sciopero, i nterpretando lo scontento dei professionisti?
Ho già anticipato loro che occorre definire bene i ruoli e rispettare le attribuzioni: il Consiglio nazionale ha la rappresentanza istituzionale e politica, le associazioni curano la tutela sindacale degli iscritti. Sette sigle riconosciute, più altre due o tre aggregazioni sono troppe: occore andare verso una unificazione. Il rapporto con le Casse? Fondamentale. Se non creiamo opportunità per la professione, anche attraverso le Casse, ci saranno difficoltà enormi per la previdenza. Se si dimezzano i numeri dei nuovi iscritti, i bilanci previdenziali saranno a rischio.
Il rapporto con il Cup, il Comitato unitario degli Ordini?
Intendo partecipare al Cup, chiedendo in maniera chiara che ci sia il riconoscimento dei ruoli specifici. Il Cup deve parlare di questioni trasversali alle professioni ma i temi specifici, anche per autorevolezza, vanno lasciati ai singoli Ordini.
C’è ancora la possibilità di evitare lo sciopero dal 26 febbraio?
Se ci si siede intorno a un tavolo e si ottiene un impegno formale al riconoscimento del nostro ruolo, lo sciopero si può revocare. E si può proclamarlo di nuovo nel caso di promesse non mantenute.