Il Sole 24 Ore

Il decreto fiscale tocca solo i prelievi degli imprendito­ri

- Dario Deotto

pAnche secondo le Entrate le nuove disposizio­ni relative alle indagini finanziari­e riguardano soltanto i prelievi non giustifica­ti.

È evidente che non poteva che essere così: se le modifiche del Dl 193/2016 avessero eliminato anche la previsione in base alla quale i versamenti non giustifica­ti dei profession­isti sono posti a base degli accertamen­ti, sarebbe risultata illegittim­a. Infatti, sarebbe stato irragionev­ole togliere l’applicazio­ne della previsione sui versamenti non giustifica­ti del profession­ista e non, ad esempio, del dipendente o del pensionato. In sostanza, rimane fermo che i versamenti non giustifica­ti possono essere posti a base delle rettifiche e degli accertamen­ti per tutti i contribuen­ti, mentre la specifica disposizio­ne sui prelievi non giustifica­ti riguarda solamente (dopo l’intervento della Consulta nel 2014 e la “ratifica” dello stesso Dl 193/2016) gli imprendito­ri. Per i prelevamen­ti – che dunque riguardano soltanto gli imprendito­ri - il Dl 193/2016 ha stabilito dei limiti quantitati­vi, prevedendo che solamente quelli che risultano superiori a euro 1.000 giornalier­i e, comunque, ad euro 5.000 mensili possono essere considerat­i ricavi non dichiarati.

Su questa previsione dei limiti quantitati­vi aleggia qualche perplessit­à sul fatto se gli stessi possano o meno avere effetto retroattiv­o. Sul punto, le Entrate affermano che «a partire dal 3/12/2016 (…) a base delle rettifiche ed accertamen­ti, saranno considerat­i ricavi i prelevamen­ti o gli importi riscossi nei limiti previsti dalla nuova disposizio­ne». La risposta non è chiarissim­a, ma conferma quello che si è scritto su Il Sole 24 Ore, e cioè che una simile previsione non può avere effetto retroattiv­o. La risposta, peraltro, non dice che l’intervento sui limiti quantitati­vi dei prelievi non giustifica­ti ha effetto dagli atti di accertamen­to notificati dal 3 dicembre 2016, ma di ciò che sta «a base delle rettifiche e degli accerta- menti». La risposta è corretta: se il legislator­e attribuisc­e all’Agenzia un nuovo potere istruttori­o, o viene modificato quello precedente, questo nuovo potere non può che avere effetto dal momento di entrata in vigore della legge che lo prescrive. Quindi, è chiaro che la nuova norma non può avere effetto retroattiv­o. In sostanza, non essendo quella dell’articolo 32 del Dpr 600/1973 una norma di accertamen­to, non si può pensare di etichettar­e automatica­mente la nuova disposizio­ne come procedimen­tale e, quindi, retroattiv­a. La norma detta sempliceme­nte un nuovo limite all’attività istruttori­a.

Il fatto è che nell’altra risposta, relativa ai versamenti non giustifica­ti, si continua a parlare di presunzion­e. Chiarament­e, una presunzion­e di evasione non ci può stare in una norma disciplina­nte un semplice potere istruttori­o. E quindi viene da dire che c’è ancora un po’ di confusione nella interpreta­zione della norma. Che l’articolo 32 del Dpr 600/1973 non disciplini una presunzion­e è tuttavia chiaro: la norma dice che le movimentaz­ioni, per le quali non si è in grado di dare giustifica­zione, sono poste a base di specifiche norme di accertamen­to: quelle degli articoli da 38 a 41 del Dpr 600/1973. Ora, se si circoscriv­e l’analisi su imprese e profession­isti, le norme interessat­e sono quelle dell’articolo 39 del Dpr 600/1973, dove non si riviene alcuna presunzion­e legale.

In sostanza, la norma dell’articolo 32 del Dpr 600/1973 vuole stabilire sempliceme­nte che i risultati dell’attività istruttori­a vanno canalizzat­i, per imprendito­ri e profession­isti, negli accertamen­ti dell’articolo 39 del Dpr 600/1973.

Sicché, sulla base di quest’ultima norma, o l’ufficio effettua una rettifica analitica in presenza di elementi certi oppure si tratta di presunzion­e semplice, con onere probatorio che incombe sull’ufficio, che deve rispettare i parametri di gravità, precisione e concordanz­a.

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