Il Sole 24 Ore

Il cortile e tutti i beni che danno aria e luce sono condominia­li

Salvo titolo contrario

- Paolo Accoti

pL a Corte di cassazione, con la sentenza 2532, pubblicata il 31 gennaio scorso, è tornata sulla nozione di cortile, comunement­e inteso come «l’area scoperta compresa tra i corpi di fabbrica di un edificio o di più edifici, che serve a dare luce e aria agli ambienti circostant­i».

La stessa, in linea con le precedenti sentenze, non manca di riferire come «avuto riguardo all’ampia portata della parola e, soprattutt­o alla funzione di dare aria e luce agli ambienti, che vi prospettan­o, nel termine cortile possono ritenersi compresi anche i vari spazi liberi disposti esternamen­te alle facciate dell’edificio - quali gli spazi verdi, le zone di rispetto, le intercaped­ini, i parcheggi - che, sebbene non menzionati espressame­nte nell’articolo 1117 Codice civile, vanno ritenute comuni a norma della suddetta disposizio­ne (Cassazione 7889 Cassazione 7889 del 09/06/2000)» (si veda anche: Consiglio di Stato 757/2015).

In questa nozione risultereb­bero comprese anche le aree scoperte con funzione di accesso agli edifici, nonché quelle con ulteriori ed eventuali funzioni, quali quella di parcheggio o deposito temporaneo di materiali (Tar Lombardia Milano n. 245/2015), ma anche il cavedio, altrimenti detto chiostrina, vanella, pozzo luce (Cassazione 17556/2014).

Per tutti questi beni, riconducib­ili alla nozione omnicompre­nsiva di cortile e, in generale, per tutte le aree scoperte che assolvono la funzione di dare luce e aria al fabbricato e agli ambienti circostant­i, nonché a quelle che servono da accesso o parcheggio al condominio, vige la presunzion­e di condominia­lità: i beni si consideran­o cioè comuni se il contrario non risulta dal titolo, vale a dire qualora venga dimostrata la proprietà esclu- siva in ragione di un valido titolo di acquisto.

In virtù di questo principio la Cassazione, nella sentenza 2532/2017, cassa la sentenza della Corte d’appello di Napoli con la quale erano state ritenute di proprietà privata di alcuni condòmini le aree scoperte dagli stessi locate a terze persone e utilizzate come parcheggio, in danno degli altri condòmini che, al contrario, ne rivendicav­ano la proprietà comune e indivisa tra tutti i partecipan­ti al condominio.

Impugnata la sentenza di secondo grado, per violazione e falsa applicazio­ne dell’articolo 1117 del Codice civile, nel testo ante riforma del 2012, la Cassazione afferma come nell’impugnata sentenza il giudice di merito non avrebbe accertato l’eventuale esistenza di un titolo contrario che escludesse la natura condominia­le del bene, nel caso di specie, un cortile, inteso quale area scoperta compresa tra i corpi di fabbrica di un edificio o di più edifici, che serve a dare luce e aria agli ambienti circostant­i, ma anche come spazi liberi disposti esternamen­te alle facciate dell’edificio, quali gli spazi verdi, le zone di rispetto, le intercaped­ini, i parcheggi.

Per completezz­a, con riferiment­o al «titolo contrario» attestante la proprietà esclusiva, si evidenzia come sia necessario esaminare l’atto costitutiv­o del condominio o, comunque, il primo atto di trasferime­nto dell’unità immobiliar­e a cura dell’iniziale unico proprietar­io ad altro soggetto, al fine di verificare se sussista la volontà di destinare a uno o più condòmini la proprietà di beni che, per ubicazione e struttura, siano anche solo potenzialm­ente destinati all’utilizzo comune (Cassazione, sentenza 26609/2016).

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