Annullata la sanzione Trust, per il notaio sono sufficienti i controlli formali
pNon è incolpabile il notaio in relazione alla stipula di atti di trust a struttura non proprio ortodossa: una volta verificati i presupposti formali - di un istituto comunque recepito nell’ordinamento italiano da ormai 28 anni, legge 364/89 - il professionista non deve porsi il problema delle eventuali revocatorie e cioè della annullabilità relativa del trust stesso.
Con una lunga e articolata motivazione la Corte d’appello di Milano ha revocato la sanzione disciplinare inflitta a un notaio (circa 16 mila euro) per aver rogitato nel biennio 2010/11 quattro trust familiari a struttura piuttosto “elastica”. Le ipotesi contestate dal Sovrintendente dell’archivio notarile di Milano - che con la sua segnalazione aveva avviato il procedimento disciplinare alla Co.re.di. lombarda - spaziavano da un trust con settlor e trustee coincidenti (parzialmente, nel senso che c’era anche un altro disponente), a un altro che aggiungeva la mera finalità di «mantenere l’attuale tenore di vita, la cura ed assistenza personale e medica», ad un altro infine in cui i coniugi disponenti affidavano al marito l’amministrazione ( trustee) e con beneficiari loro stessi ed il figlio all’epoca infante. Anomalie queste, almeno secondo il Sovrintendente e poi secondo la Coredi, che avevano portato all’affermazione della responsabilità disciplinare del professionista per aver ricevuto atti contrari alla legge (articolo 28 della L. 89/1913). Il notaio ha impugnato la sanzione davanti alla Cor- te d’appello dove il Sovrintendente ha chiesto peraltro la conferma del provvedimento. I giudici togati per arrivare alla revoca della sanzione hanno ripercorso la giurisprudenza di legittimità degli ultimi due anni, passata da un vaglio intransigente circa il vincolo di destinazione autodichiarato (3886/15) a posizioni più tolleranti (21614/16). Nel primo caso i giudici avevano richiesto tassativamente la perdita di disponibilità di quanto conferito nel trust («condizione ineludibile»), pochi mesi dopo la stessa Cassazione si era orientata a considerare il trust autodichiarativo come forma di donazione indiretta.
Ma il punto è, scrive oggi la Corte, che l’approccio valutativo deve essere improntato di volta in volta all’analisi della causa in concreto perseguita dal trust, operazione non agevole dovendosi apprezzare la liceità, l’utilità sociale, la solidarietà e l’equilibrio negoziale. Quanto alle finalità “elusive” dei creditori, questo è un problema che il notaio non può porsi a priori, tanto più che i rimedi in questo caso sono già previsti dal codice civile, con la previsione dell’inefficacia dell’atto in frode (art.2740 del codice civile) e della azione revocatoria (art.2901). Pertanto, scrive la Corte d’appello milanese, «il giudizio di meritevolezza che is può pretendere dall’ufficiale rogante non può andare oltre il controllo di legittimità, tendendo esso ad accertare che l’interesse dichiarato non sia contrario a norme imperative, all’ordine pubblico, al buon costume».