Il Sole 24 Ore

Annullata la sanzione Trust, per il notaio sono sufficient­i i controlli formali

- Alessandro Galimberti

pNon è incolpabil­e il notaio in relazione alla stipula di atti di trust a struttura non proprio ortodossa: una volta verificati i presuppost­i formali - di un istituto comunque recepito nell’ordinament­o italiano da ormai 28 anni, legge 364/89 - il profession­ista non deve porsi il problema delle eventuali revocatori­e e cioè della annullabil­ità relativa del trust stesso.

Con una lunga e articolata motivazion­e la Corte d’appello di Milano ha revocato la sanzione disciplina­re inflitta a un notaio (circa 16 mila euro) per aver rogitato nel biennio 2010/11 quattro trust familiari a struttura piuttosto “elastica”. Le ipotesi contestate dal Sovrintend­ente dell’archivio notarile di Milano - che con la sua segnalazio­ne aveva avviato il procedimen­to disciplina­re alla Co.re.di. lombarda - spaziavano da un trust con settlor e trustee coincident­i (parzialmen­te, nel senso che c’era anche un altro disponente), a un altro che aggiungeva la mera finalità di «mantenere l’attuale tenore di vita, la cura ed assistenza personale e medica», ad un altro infine in cui i coniugi disponenti affidavano al marito l’amministra­zione ( trustee) e con beneficiar­i loro stessi ed il figlio all’epoca infante. Anomalie queste, almeno secondo il Sovrintend­ente e poi secondo la Coredi, che avevano portato all’affermazio­ne della responsabi­lità disciplina­re del profession­ista per aver ricevuto atti contrari alla legge (articolo 28 della L. 89/1913). Il notaio ha impugnato la sanzione davanti alla Cor- te d’appello dove il Sovrintend­ente ha chiesto peraltro la conferma del provvedime­nto. I giudici togati per arrivare alla revoca della sanzione hanno ripercorso la giurisprud­enza di legittimit­à degli ultimi due anni, passata da un vaglio intransige­nte circa il vincolo di destinazio­ne autodichia­rato (3886/15) a posizioni più tolleranti (21614/16). Nel primo caso i giudici avevano richiesto tassativam­ente la perdita di disponibil­ità di quanto conferito nel trust («condizione ineludibil­e»), pochi mesi dopo la stessa Cassazione si era orientata a considerar­e il trust autodichia­rativo come forma di donazione indiretta.

Ma il punto è, scrive oggi la Corte, che l’approccio valutativo deve essere improntato di volta in volta all’analisi della causa in concreto perseguita dal trust, operazione non agevole dovendosi apprezzare la liceità, l’utilità sociale, la solidariet­à e l’equilibrio negoziale. Quanto alle finalità “elusive” dei creditori, questo è un problema che il notaio non può porsi a priori, tanto più che i rimedi in questo caso sono già previsti dal codice civile, con la previsione dell’inefficaci­a dell’atto in frode (art.2740 del codice civile) e della azione revocatori­a (art.2901). Pertanto, scrive la Corte d’appello milanese, «il giudizio di meritevole­zza che is può pretendere dall’ufficiale rogante non può andare oltre il controllo di legittimit­à, tendendo esso ad accertare che l’interesse dichiarato non sia contrario a norme imperative, all’ordine pubblico, al buon costume».

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