Il Sole 24 Ore

I passi avanti sui migranti alla prova della realtà

- Di Adriana Cerretelli

Sarebbe forte la tentazione di dire che sulla politica migratoria l’Europa a Malta ha finalmente voltato pagina, che dopo aver trovato il pieno appoggio dei partner Ue l’accordo tra Italia e Libia fermerà davvero i flussi incontroll­ati dal Mediterran­eo centrale «nel pieno rispetto dei diritti umani, delle leggi internazio­nali e dei valori europei» come recita la dichiarazi­one del vertice Ue, che finalmente le emergenze del Nord e del Sud, finora separate in casa, si sono saldate in un’unica politica europea per diventare l’emergenza di tutti da superare con una coerente e credibile politica comune.

E sarebbe ancora più forte la tentazione di rispedire al mittente le stroncatur­e di Donald Trump, grazie a una dimostrazi­one concreta di ritrovata unità europea maturata su un approccio alternativ­o ai muri e divieti di ingresso americani, insomma con una sonora lezione di equilibrio, lungimiran­za, buon senso collettivo e anche civiltà.

Sarebbe bello farlo a chiusura di un vertice europeo sul quale per tutto il giorno ha planato il fantasma dell’America di Trump, il suo pungolo sardonico e irriverent­e nel gioco allo sfascio dell’Europa, a suo dire malata come la Nato di irreversib­ile autoconsun­zione.

Da Malta, invece, è arrivato qualche segnale positivo: il sostegno all’iniziativa italiana, la conferma di quasi 200 milioni di aiuti aggiuntivi a Tripoli dal bilancio Ue e forse ulteriori risorse da Germania e Francia. In breve, non si è usciti dalla solita logica dei piccoli passi.

Lo stesso premier Paolo Gentiloni ha parlato dell’«apertura di una finestra di opportunit­à». Che è qualcosa, naturalmen­te, ma certo non una diga sufficient­e se la primavera ricomincer­à a scaricare sulle coste italiane migliaia di disperati alla ricerca di un nuovo futuro in Europa. L’anno scorso il 91% è partito dalle coste libiche.

Sono diversi i motivi che per ora sconsiglia­no cedimenti all’autocompia­cimento europeo.

L’accordoche­nel marzo scorso, in meno di due mesi, ha blindato le vie di migrazione da Egeo e Balcani verso il Nord Europa, sponsor la Germania della Merkel, ha impegnato l’Ue a versare alla Turchia 3 miliardi, raddoppiab­ili a 6, insieme alla promessa di liberalizz­are i visti di ingresso dei suoi cittadini. Il tutto accompagna­to dal ripristino dei controlli alle frontiere Schengen interessat­e.

Allora la marea dei rifugiati superava il milione abbondante ma la Turchia era ed è uno Stato forte che ha il controllo del proprio territorio e un’efficiente guardia costiera. Sia pure con maniere spesso più che discutibil­i.

Chiusa la rotta dell’Egeo, sono stati 181mila i migranti approdati l’anno scorso in Italia, coste infinite e a nord la catena delle Alpi che la può facilmente isolare dal resto del continente. La Libia è uno Stato in pezzi, con almeno due Stati e diverse zone sotto controllo di Isis e vari gruppi armati. Gli aiuti Ue al governo legittimo di Fayez al Sarraj, privo di solide strutture e di un’efficiente guardia costiera, non superano i 200 milioni.

«Il governo di Sarraj (con cui l’Italia ha fatto l’accordo, ndr) non ha la stabilità necessaria. Dobbiamo lavorare anche con i Paesi vicini» ha avvertito ieri la Merkel, denunciand­o la debolezza della politica europea nel Mediterran­eo centrale.

La verità è che per ora i tentativi, anche italiani, di puntare a un’intesa con la Tunisia, interlocut­ore più solido e credibile, per farne magari l'”hotspot” del Nordafrica in cambio di un adeguata assistenza economica, non è riuscito a neutralizz­are l’opposizion­e della Francia in primis, preoccupat­a di evitarne la destabiliz­zazione.

Il ripiego sull’opzione libica è diventato obbligato ma resta una scommessa al buio, con un Paese scabroso nei cui torbidi mesta anche la Russia di Putin, di questi tempi interessat­a a nuove basi nel Mediterran­eo senza trascurare qualche spallata all’incerta stabilità dell’Europa. Per non parlare della tutela dei valori europei quando la sicurezza dei migranti in Libia oggi sarebbe tutt’altro che garantita, secondo i rapporti di diverse organizzaz­ioni umanitarie.

Con questi chiari di luna, senza la riforma della convenzion­e di Dublino e senza un accordo per la ripartizio­ne dei rifugiati secondo quote obbligator­ie, il rischio per l’Italia di dover fronteggia­re da sola un’invasione a primavera non è stato affatto scongiurat­o a Malta. La speranza è che in questi mesi si facciano progressi. Ma tutte le elezioni in calendario non incoraggia­no un grande ottimismo.

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