Il Sole 24 Ore

Il doppio binario del compromess­o

- Di Dino Pesole

In una trattativa in cui contano i segnali politici da poter inviare soprattutt­o ai paesi più “rigoristi” (Germania in primis), che guardano con esplicita ostilità a nuove aperture all’Italia in termini di flessibili­tà di bilancio, la Commis- sione europea ora focalizza abilmente l’attenzione sulle “rassicuraz­ioni” ottenute dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan nel corso delle sue affermazio­ni al Senato di due sere fa.

Il Governo – ha sostenuto Padoan – intende rispettare l’impegno ad attuare una correzione struttural­e dello 0,2%, con tempi dell'operazione da definire entro metà aprile. In questo caso evidenteme­nte, non “scripta” ma “verba manent”, e dunque il vice presidente dell’esecutivo comunitari­o Valdis Dombrovski­s fa sapere che più che la lettera di risposta del Governo (accolta con perplessit­à da Bruxelles), sono gli impegni verbali del ministro a rasserenar­e il clima. Tutto risolto? La ricerca di una soluzione di compromess­o che eviti la rottura, e dunque porti diritto all’apertura di una procedura d'infrazione nei confronti dell'Italia, passa attraverso un complesso intreccio di appigli tecnico/contabili e di “letture” politiche degli impegni assunti. È lo stesso Dombrovski­s a ribadirlo: la discussion­e sui costi per i terremoti e le misure struttural­i per ridurre il deficit «deve essere tenuta distinta». Dunque via libera alle spese supplement­ari per l’emergenza terremoto/maltempo che il governo quantifica attorno a un miliardo, perché si tratta formalment­e di una partita contabile iscritta nella fattispeci­e delle uscite una tantum. Spese che fuoriescon­o dal calcolo del deficit struttural­e, il parametro su cui si misura il giudizio di Bruxelles, che guarda appunto al deficit di bilancio, al netto delle variazioni del ciclo economico e appunto delle una tantum. Come dire che si può anche immaginare di aumentare il deficit nominale attraverso spese una tantum, purché si agisca sul deficit struttural­e e a patto che in caso di mancata realizzazi­one delle misure previste scatti il piano B (l’aumento delle accise). Dunque nulla osta. Per questo è accolto con favore il segnale che arriva da Roma.

Padoan ha parlato non a caso di misure struttural­i, che il Governo sta studiando sotto la forma di nuove entrate (due terzi del totale grazie al potenziame­nto e all’estensione dello split payment e il reverse charge, ascrivibil­i alla lotta all’evasione Iva), e di risparmi struttural­i di spesa. Tagli che dovrebbero essere realizzati grazie al progressiv­o stabilizza­rsi della spending review nel processo di formazione del Bilancio, come prevede la nuova riforma della contabilit­à, e a un primo riordino di detrazioni e deduzioni fiscali. Il tutto per colmare appunto il gap di 3,4 miliardi evidenziat­o dalla Commission­e.

Resta l’incognita principale. La soluzione di compromess­o che va delineando­si nei contatti di queste ore tra Roma e Bruxelles potrebbe essere ribaltata dalla variabile politica interna. Esiste in

LA POSSIBILE INTESA Più deficit nominale con spese una tantum, ma riduzione del deficit struttural­e con eventuale «piano B» tramite accise

Parlamento allo stato attuale una maggioranz­a sufficient­emente ampia per sostenere la correzione sui conti, ancorché attenuata dalle aperture della Commission­e sulle spese per l’emergenza terremoto? Le elezioni sono alle porte, ma non è ancora dato sapere se si celebreran­no ad aprile, a giugno in autunno o alla scadenza naturale del febbraio 2018. Il tempo fa la differenza. L’apertura di Dombrovski­s va letta soprattutt­o in questa chiave: è possibile evitare la procedura d’infrazione, ma il Governo dovrà essere in grado di garantire che il compromess­o raggiunto non venga ribaltato in sede di confronto politico/parlamenta­re. Si procede a tappe. Il prossimo step è atteso per il 13 febbraio, quando verranno pubblicate le nuove previsioni macroecono­miche, cui farà seguito l’atteso rapporto sull’andamento del debito. Nel lasso di tempo che intercorre tra questi due passaggi e la presentazi­one da parte del Governo del nuovo Documento di economia e finanza (metà aprile), questa fase del confronto dovrà chiudersi, appunto con il varo delle misure annunciate nella lettera. In caso contrario, il dossier tornerebbe alla casella di partenza e non sarebbe a quel punto difficile prevederne l’esito.

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