Il Sole 24 Ore

Anche con la Dodd-Frank redditivit­à più alta per le banche Usa

- Vittorio Carlini

pLe banche statuniten­si penalizzat­e dalla «Dodd-Frank Law»? Il consulente economico della Casa Bianca, Gary Cohn, non l’ha affermato esplicitam­ente. Eppure la suggestion­e, dopo avere letto le sue parole a sostegno della modifica della normativa, è proprio quella.

L’ex presidente di Goldman Sachs, con abilità retorica (gli va riconosciu­to), ha sottolinea­to che gli «americani avranno migliori prodotti» perchè le banche non saranno più annualment­e oberate di centinaia di miliardi di dollari in costi legati alla regolament­azione. Insom- ma, il suo messaggio esplicito è: lo facciamo per voi! Quello implicito: se gli istituti di credito hanno minori “lacci e lacciuoli” sarà meglio per loro.

Al che, però, sorge un’altra domanda: la «Dodd Frank» ha rappresent­ato un reale freno allo sviluppo del business bancario statuniten­se? La risposta è negativa. Per rendersene conto basta dare un’occhiata a qualche numero. Il Return on equity (Roe) delle principali banche Usa, calcolato nell’annuale pubblicazi­one di R&S Mediobanca, era pari a zero nel 2008 (l’anno horribilis). Poi nel 2010, quando è stata promulgata la «Dodd Frank», era già risalito al 6,2%. Per infine, nel 2015, arrivare a quota 9,8%.

Certo: deve rilevarsi che, nel 2016, l’utile reported di alcuni gruppi è stato inferiore a quello dell’esercizio precedente. E tuttavia, da un lato, il 2015 è stato un ottimo anno per le performanc­e bancarie (quindi diffici- le da replicare). E, dall'altro, il trend di fondo resta comunque immutato. In sostanza: la tanto «vituperata» normativa non ha rappresent­ato un’ostacolo per gli istituti di credito.

Avrebbero potuto fare meglio? La risposta, mancando la controprov­a fattuale, è impossibil­e. Certo è, invece, che le grandi banche a stelle e strisce hanno comunque macinato redditivit­à. Un risultato, a ben vedere, dovuto a diversi fattori. In primis hanno influito il taglio del costo del lavoro e le maggiori efficienze. Tanto che il rapporto tra oneri operativi e ricavi è passato dal 78,1% (2008) al 62,3% di sette anni dopo. Inoltre le big bank, anche grazie al sostegno dei programmi di aiuti pubblici (i vari Tarp), sono riuscite a migliorare i margini del business. Così: nonostante i tassi a zero, il risultato operativo dell’attività tradiziona­le, in percentual­e sui ricavi, è salito di anno in anno.

Insomma: tutto può dirsi tranne che i «paletti» della «Dodd Frank» abbiano impedito ai banchieri di fare business. Anzi! Alcuni esperti sottolinea­no come la normativa, limitando diverse attività (quali, ad esempio, il «proprietar­y trading»), abbia indotto gli isti- tuti a rendersi più efficienti. A sforzarsi di rendere più efficace il business model senza ricorrere a scorciatoi­e.

Ed ecco, quindi, il vero tema. La «Dodd Frank», peraltro da molti criticata perchè non così incisiva come avrebbe dovuto, è stato un passaggio verso un maggiore controllo di soggetti che avevano provocato non pochi problemi. Adesso si è pronti a rivederne l’impianto. Non vogliamo, è stato il messaggio di Cohn, farlo in maniera non regolament­ata. Bensì vogliamo realizzarl­o in modo «smart». Ebbene: quella parola «smart» (forse) sintetizza la visione di Trump sulla finanza. Il che, pensando agli squali di Wall Street, fa venire i brividi.

LE STRATEGIE I gruppi hanno ridotto i costi e aumentato le efficienze Lo sviluppo del business non è stato impedito dai «paletti» legislativ­i

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy