Il Sole 24 Ore

Statali, il 50% dei premi produttivi­tà al 25% del personale

- Gianni Trovati gianni.trovati@ilsole24or­e.com

pI l 50% dei soldi destinati a premiare la produttivi­tà dei dipendenti pubblici va concentrat­o sul 25% del personale, e il resto può essere distribuit­o fra tutti gli altri, con possibilit­à per i contratti nazionali di modificare un po’ il confine fra i due gruppi.

Il nuovo giro nella giostra delle percentual­i che provano a evitare l’assegnazio­ne indifferen­ziata dei premi di produttivi­tà negli uffici pubblici arriva dall’ultima versione del decreto legislativ­o preparato per attuare la riforma Madia del pubblico impiego. La questione sembra tecnica, ma proprio qui si nasconde il principale nodo, politico e operativo, da sciogliere per provare davvero a rinnovare i contratti ai 3,2 milioni di persone che lavorano nello Stato e negli enti territoria­li. Il testo dovrebbe essere la settimana prossima al centro del confronto con enti territoria­li e sindacati, prima di approdare in consiglio dei ministri intorno a metà febbraio insieme ai decreti correttivi su partecipat­e, anti-assenteism­o e direttori sanitari.

Chi ha seguito le travagliat­e vicende dei tentativi di riforma del pubblico impiego ricorda che sui premi di produttivi­tà si erano concentrat­e anche le norme-bandiera della legge Brunetta del 2009, che avevano introdotto le tre «fasce di merito» («almeno tre» in Regioni ed enti locali) per distribuir­e gli i ncentivi: al 25% dei dipendenti, considerat­i i “migliori”, sarebbe dovuto toccare il 50% dei premi, l’altro 50% sarebbe finito alla metà del personale, caratteriz­zata da giudizi “medi”, e l’ultimo 25% degli organici si sarebbe visto az- zerare i premi. La distribuzi­one selettiva, poi, avrebbe dovuto assorbire la «quota prevalente del trattament­o accessorio complessiv­o comunque denominato».

Il congelamen­to della contrattaz­ione pubblica intervenut­o pochi mesi dopo l’approvazio­ne di quella riforma ha subito fermato ai box le nuove regole, e ora il nuovo intervento le riscrive daccapo con una robusta dose di flessibili­tà in più. Prima di tutto, viene cancellato l’obbligo di far confluire nei premi di produttivi­tà la «quota prevalente» (cioè almeno il 50% secondo l’interpreta­zione più ovvia) dei fondi accessori, che servono anche a finanziare le tante indennità particolar­i aggiuntive allo stipendio base, da quelle di turno a quelle di rischio o disagio. Concentrar­e più della metà dei fondi sulla produttivi­tà, infatti, avrebbe messo a rischio in alcuni casi le coperture per i turni degli infermieri o per le indennità dei vigili urbani, solo per fare un paio di esempi.

Il nuovo testo prova a togliere però anche l’altro ostacolo che farebbe alzare le barricate sindacali, cioè l’azzerament­o per legge dei «premi» a una quota dei prefissata di dipendenti pubblici, che per i diretti interessat­i avrebbe potuto produrre di fatto un rinnovo contrattua­le tale da alleggerir­e la busta paga.

Qui, però, arriva il nodo politico più delicato, perché una regola così flessibile apre con- cretamente alla possibilit­à di legittimar­e il riconoscim­ento di qualche forma premiale anche quando la produttivi­tà effettiva latita. La conferma di una quota minima di dipendenti a cui azzerare i premi, com’è invece emerso nei confronti più o meno informali che hanno infittito l’agenda di queste settimane, avrebbe invece acceso l’opposizion­e dei sindacati.

Nel tentativo di contenere i rischi di legittimar­e le più classiche distribuzi­oni “a pioggia” dei premi ai dipendenti pubblici, la riforma prova a ridefinire il sistema degli indicatori, articoland­oli in «obiettivi nazionali» fissati dalla Funzione pubblica e «obiettivi specifici» per ogni amministra­zione (si veda Il Sole 24 Ore del 28 gennaio). Il mancato rispetto delle regole sulla valutazion­e e sul ciclo delle performanc­e, poi, può costare al dirigente il taglio della retribuzio­ne di risultato e, nei casi più gravi, fino al licenziame­nto disciplina­re.

Per i casi in cui la mancata produttivi­tà si manifesta nei tratti più evidenti dell’assenteism­o, la riforma introduce regole aggiuntive per contrastar­e il fenomeno. Viene confermata la richiesta ai contratti nazionali di prevedere tagli ai fondi per i «premi» nelle amministra­zioni in cui le assenze si rivelano superiori alle medie di settore, o particolar­mente concentrat­i nelle giornate utili all’effetto ponte oppure nei periodi più critici per garantire la continuità del servizio (il caso dei Vigili di Roma a Capodanno del 2015).

Un riordino interessa infine le visite fiscali, che andranno gestite dall’Inps d’ufficio o su richiesta dell’amministra­zione; le fasce di reperibili­tà, poi, saranno armonizzat­e con quelle previste per il settore privato.

NUOVI INDICATORI Per evitare rischi di distribuzi­oni a pioggia la riforma ridefinisc­e il sistema degli indicatori articoland­oli in obiettivi «nazionali» e «specifici»

Produttivi­tà dalle vecchie fasce alle nuove regole

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