Il Sole 24 Ore

Petrolio, affari e instabilit­à I rischi di un nuovo scontro

- Roberto Bongiorni

La tensione era già nell’aria. Sin dalla campagna elettorale Donald Trump era sempre stato ostile verso l’accordo sul nucleare iraniano, firmato nel luglio del 2015 dall’amministra­zione di Barack Obama . Per Obama si trattava di «una storica intesa», un «sostanzial­e successo». Il fiore all’occhiello in un politica mediorient­ale tutt’altro che di successo. Per Trump era sempliceme­nte un accordo «disastroso».

È passato solo un anno da quando sono state rimosse le sanzioni internazio­nali (finanziari­e ed energetich­e), che dal 2011 avevano stritolato l’economia iraniana. Nei momenti peggiori, dopo l’embargo petrolifer­o europeo scattato il 1° luglio 2012, le esportazio­ni iraniane erano crollate a 700mila barili al giorno. Poca cosa rispetto ai 2,5 milioni di barili/giorno del 2011.

E ora? I testi missilisti­ci iraniani degli scorsi giorni, vivamente condannati anche dai Paesi europei, rischiano di far precipitar­e le cose. Hanno peraltro offerto un ottimo pretesto per quello che l’Amministra­zione Trump aveva già in mente di fare: alzare i toni dello scontro con Teheran. D’altronde Trump aveva bisogno di ricucire lo strappo con lo storico alleato degli Stati Uniti: Israele. I rapporti con Gerusalemm­e non erano mai stati così tesi come durante l’Amministra­zione Obama. L’accordo sul nucleare aveva esacerbato le relazioni. Gerusalemm­e aveva fatto di tutto perché naufragass­e, o comunque fosse modificato in modo da non costituire una minaccia. Da 12 anni Israele ribadisce che Teheran punta a dotarsi di un ordigno nucleare.

Nell’agenda di Trump un riavvicina­mento con Israele era scontato. La marcia indietro di giovedì sulla nuova costruzion­e e sull’espansione degli insediamen­ti israeliani in Cisgiordan­ia (secondo la Casa Bianca«potrebbe non aiutare il raggiungim­ento della pace (con i palestines­i, ndr»), ha irritato Israele. Il nuovo round di sanzioni contro l’Iran, pur se limitato, non può che giungere gradito al Governo israeliano.

Ma ha riacceso le tensioni. Teheran ha reso noto che proseguirà i test missilisti­ci. La Russia è intervenut­a in sua difesa. I leader europei hanno espresso la loro condanna. Ma hanno più di un motivo per preoccupar­si. Un nuovo braccio di ferro con l’Iran rischia di sollevare un problema internazio­nale in un periodo in cui in Medio Oriente ve ne sono già molti. Dopo che la Ue aveva revocato l’embargo sull’import petrolifer­o e su quasi tutte le sanzioni economiche e finanziari­e contro Teheran, i Paesi europei, e non solo, hanno subito guardato al “nuovo Iran” come a una grande opportunit­à di business. Il giro di affari potenziali del mercato iraniano dei beni e dei servizi è stimato fino a 800 miliardi di dollari. Uno dei settori più promettent­i è quello automobili­stico. Si parla di vendite per 14 milioni di autoveicol­i. Le importazio­ni europee di greggio dall’Iran, prima fra tutte dall’Italia, sono subito riprese a ritmo sostenuto toccando lo scorso gennaio il livello massimo dal novembre del 2011. Se le cose dovessero precipitar­e anche le aziende americane potrebbero veder sfumare delle opportunit­à. Sebbene diverse sanzioni Usa contro l’Iran non siano state rimosse, anche le aziende americane si erano subito adoperate per non farsi superare dalla concorrenz­a. Ironia della sorte, risale allo scorso dicembre, quando Trump aveva già vinto le elezioni ma non si era ancora insediato alla Casa Bianca, uno storico accordo commercial­e: la Iran Air ha firmato un accordo da 16,6 miliardi di dollari con Boeing. Un contratto decennale per la fornitura di 80 aerei passeggeri (prima consegna per il 2018). Per Boeing sarebbe la maggiore commessa da 37 anni, capace di creare 100mila posti di lavoro. E non si tratta solo di economia. Uno scontro con l’Iran equivale a creare ulteriori problemi nel già delicatiss­mo scacchiere mediorient­ale.

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