Soglie e preferenze, gli ostacoli per armonizzare le due leggi
Non solo coalizione al posto della lista. Una volta presa la strada dell’armonizzazione tra le leggi elettorali di Camera e Senato così come uscite dalle sentenze della Consulta del 25 gennaio scorso (Italicum per la Camera) e del 14 gennaio 2014 (Porcellum per il Senato) i dettagli da cambiare sono più di uno, e come si sa quando si discute di legge elettorale il diavolo di nasconde nei dettagli.
Partiamo proprio dal premio alla lista e non alla coalizione per chi superi il 40% previsto dall’Italicum modificato dalla Consulta e valido solo per la Camera: si tratta di un meccanismo che non consente la formazione di coalizioni prima del voto. Di contro il sistema delle soglie del Consultellum in vigore per il Senato incentiva fortemente la formazione di coalizioni (pur non rendendole, ovviamente, obbligatorie): lo sbarramento è al 3% per i partiti che si coalizzano e all’8% per i partiti che corrono da soli. Per introdurre la coalizione alla Camera occorre innanzitutto intervenire sulla soglia unica del 3% per tutte le liste. Sarebbe ragionevole estendere le soglie del Senato anche alla Camera, ossia 3 e 8%. Ma naturalmente è più facile a dirsi che a farsi, dal momento che i partiti piccoli tenteranno in tutti i modi di abbassarle, magari per riportarle come erano nel vecchio Porcellum al 2 e al 4%.
C’è poi la modalità di scelta degli eletti che è diversa nelle due leggi: alla Camera collegi piccoli e liste corte di 3-7 nomi con capolista “bloccato”, ossia eletto automaticamente, e preferenza per gli altri in lista; mentre al Senato ci sono collegi grandi, corrispondenti a una Regione, e la preferenza. C’è poi il meccanismo cosiddetto di genere presente alla Camera e non al Senato che favorisce l’elezione di donne, ei n molti auspicano un’estensione anche nella Camera Alta. E c’è poi la questione delle multicandidature, lasciate in piedi dalla Consulta che ha però tolto la scelta dell’eletto sostituendola con il criterio del sorteggio: e anche qui sono in molti a sostenere che andrebbe introdotto un criterio più democratico e non casuale come il maggior numero di voti raccolti.
Infine, l’elemento forse più importante e più complicato assieme: il premio di maggioranza del 54% per chi superi il 40% dei consensi, che è previsto solo alla Camera. Vero è che l’impianto così com’è regge, come spiega bene il costituzionalista Stefano Ceccanti: «Rispetto al cuore della formula elettorale i sistemi non appaiono così dissimili e questo spiega forse perché la Corte, pur avendo soppresso il ballottaggio, non ha soppresso il premio previsto per la sola Camera. Infatti la correzione “in alto” del sistema della Camera col premio eventuale può produrre effetti analoghi agli alti sbarramenti previsti come correttivi “in basso” al Senato. Qualora un forza conquistasse il 40% alla Camera e ottenesse la stessa quota di consenti al Senato, avrebbe il 54% di mag- gioranza garantita alla Camera mentre al Senato, a seconda dei voti dispersi, sarebbe comunque la prima forza con un numero di seggi non troppo distante dalla maggioranza. Il 40% dei voti potrebbe valere a Palazzo Madama un 47-48% dei seggi. Due risultati non identici, ma compatibili».
Tuttavia sono in molti nel Pd a sostenere che estendendo la possibilità del premio oltre il 40% al Senato si rafforzerebbe lo spirito maggioritario. Eppure, in un sistema politico ormai tripolarizzato come il nostro, c’è sempre l’eventualità (per quanto ora lontanissima, stando ai sondaggi) che un partito conquisti il premio alla Camera e un altro partito lo conquisti al Senato, mandando completamente in tilt il sistema democratico. Eventualità rafforzata dal fatto che i corpi elettorali sono per Costituzione diversi: per la Camera votano i maggiori di 18 anni, per il Senato solo i maggiori di 25. Per evitare il rischio di premi a partiti diversi alcuni propongono di prevedere un meccanismo per cui il premio scatta solo se è conquistato dallo stesso partito in entrambe le Camere: è la proposta del deputato del Pd Giuseppe Lauricella. Che ha tra l’altro il pregio, agli occhi di chi ha fretta di tornare al voto, di costruire i 50 collegi del Senato (100 alla Camera) dentro la legge stessa, senza deleghe al governo. Tuttavia alcuni potrebbero avanzare dei dubbi di costituzionalità sulla questione dell’armonizzazione dei premi, dal momento che in questo modo i giovanissimi (18-25enni) inciderebbero anche sul risultato del Senato dalla cui elezioni sono esclusi dalla Costituzione.
Come si vede, si fa presto a dire “estendiamo la coalizione anche alla Camera”. Non c’è dubbio che una strada del genere potrebbe allontanare la finestra elettorale di giugno, come invece vorrebbe il leader del Pd Matteo Renzi.