Cala il numero dei fallimenti di società
Nel 2016 riduzione dell’8%, ma il numero assoluto (quasi 13.500) resta lontano dai livelli pre-cr isi
pCala il numero di fallimenti in Italia. Il 2016 si chiude a quota 13.467, quasi 8 punti percentuali in meno rispetto agli oltre 14mila casi dell’anno precedente. A dirlo è il rapporto di Cribis D&B, secondo il quale nell’arco dei dodici mesi si è evidenziata una media di 53 casi al giorno.
Il dato finale dello scorso anno è inferiore del 12,2% rispetto al picco toccato nel 2014, quando i fallimenti furono quasi 2mila in più.
L’aspetto meno positivo è che il numero di imprese fallite nel corso del 2016 è ancora enormemente più elevato di quello che si registrava nell’ormai lontano – non solo a livello temporale, ma soprattutto economico – 2009. I quasi 13.500 casi sono il 43,5% in più rispetto a sette anni prima, quando i fallimenti si fer- marono sotto quota 9.400. Da lì in avanti una crescita continua sotto la spinta della crisi, con un lieve rallentamento tra 2011 e 2012 e una nuova impennata nei due anni successivi. Ora il trend discendente è incoraggiante, ma la strada appare ancora lunga e accidentata per ritornare a livelli fisiologici.
«Nel 2016 il nostro studio ha evidenziato un forte e continuo calo dei fallimenti delle imprese italiane», conferma Marco Preti, amministratore delegato di Cribis D&B. «Dopo anni in cui si sono registrati continui aumen- ti di casi di chiusure di aziende, l’anno appena concluso è stato caratterizzato da un netto calo delle imprese che hanno portato i libri in tribunale. I dati parlano chiaro. Se paragoniamo il 2016 con il 2015 emerge infatti una diminuzione del 7,7%, percentuale che diventa del 12,2% nel confronto con il 2014».
Secondo Preti, questi sono «segnali di fiducia che testimoniano un miglioramento dello stato di salute del tessuto industriale italiano e che fanno sperare in una ripresa economica».
A livello settoriale, come sot- tolinea lo stesso ad di Cribis D&B, «rimane ancora critica la situazione del commercio, che ha chiuso l’anno con 4.064 fallimenti (oltre il 30% del totale, ndr), meglio il settore dei servizi con 1.995 casi».
In una fase come quella attuale, sottolinea Preti, è fondamentale individuare i partner commerciali e quelli invece non affidabili. Ci sono vari indicatori per valutare lo stato di salute di un’azienda. Uno dei più importanti è la puntualità nei pagamenti di un’impresa, mentre rimane parallelamente strategico investire nella gestione del credito commerciale e raccogliere informazioni sui possibili clienti».
Per quanto riguarda l’industria, il dato di 2.649 fallimenti nel 2016 è il più basso dal 2009; in netto miglioramento anche il settore delle costruzioni, tra i più colpiti dalla crisi degli ultimi anni: per le imprese edili un calo di quasi 9 punti percentuali.
A livello territoriale il maggior numero di casi si registra in Lombardia, 2.839, pari al 21,1% del totale Italia. Un primato che si spiega, però, anche con il peso specifico lombardo sul tessuto produttivo del Paese. Seguono Lazio, Veneto, Campania e Toscana, tutti con un numero di fallimenti nel 2016 superiore a quota mille.
TREND POSITIVO Secondo Cribis, è segnale di fiducia e di miglioramento dello stato di salute del tessuto industriale, che fa sperare in una ripresa