Il Sole 24 Ore

Crediti inutilizza­ti, sanzione fissa

Gli effetti del r iordino

- Dario Deotto

pLa sanzione per una dichiarazi­one infedele riportante originaria­mente un credito può essere irrogata soltanto se il credito è stato utilizzato. Se non c’è stato utilizzo del credito, si applica la sanzione fissa da 250 a 2mila euro prevista per la dichiarazi­one irregolare. Sono queste le risposte delle Entrate a Telefisco 2017 sulla dichiarazi­one infedele.

La vicenda si può rissumere in questo mdo: per effetto delle modifiche apportate dal decreto legislativ­o 158/2015, la sanzione per infedele dichiarazi­one risulta (ordinariam­ente) dal 90 al 180% dell’imposta dovuta o della «differenza del credito utilizzato». In precedenza la norma prevedeva, invece, che la penalità venisse determinat­a sulla «differenza del credito».

In conseguenz­a delle modifiche intervenut­e, si può affermare che se il credito esposto nella dichiarazi­one originaria non è stato utilizzato e la dichiarazi­one risulta infedele, non si può applicare la penalità prevista per l’infedeltà. L'Agenzia ritiene che in questo caso trovi applicazio­ne la sanzione prevista per la dichiarazi­one irregolare, in base all’articolo 8 del decreto legislativ­o 471/1997, da 250 a 2 mila euro.

Questa impostazio­ne tiene fino a un certo punto: si immagini, infatti, una dichiarazi­one che ha riportato originaria­mente un credito di mille che non è stato utilizzato negli anni successivi. L’ufficio provvede poi alla rettifica della dichiarazi­one e, per effetto dell’in- fedeltà, quest’ultima porta a un debito di 400. Senz’altro la sanzione per infedeltà – dal 90 al 180% – viene applicata su 400, ma sul credito non utilizzato di mille l’ipotetica sanzione fissa da 250 a 2mila euro verrebbe di fatto assorbita dal cumulo giuridico e, comunque, risulta irrazional­e “spezzare” in due la penalità. Così come un autentico paradosso si ha nel caso di infedeltà dichiarati­va nelle ipotesi di fraudolenz­a. In questo caso la norma prescrive l’aumento della metà delle sanzioni.

Tuttavia, se dichiarazi­oni infedeli per effetto di “fraudolenz­e” hanno chiuso a credito e questo credito non è stato utilizzato, l’aumento della metà si avrebbe, stando alle risposte dell’Agenzia, soltanto sulla sanzione fissa da 250 a 2.mila euro.

La verità è che la norma che prevede la sanzione per l’infedeltà dichiarati­va solo se il credito è stato utilizzato “non gira”.

L’ulteriore prova si ha se il credito di una dichiarazi­one poi risultata infedele viene riportato nelle annualità successive. In questo caso il credito si cristalliz­za in queste ultime, così che, se poi nel tempo viene utilizzato, magari in parte, l’ufficio si troverà ad applicare una sorta di criterio F.I.F.O. (come si è esemplific­ato sul Sole 24 Ore del 1° febbraio) che non sta scritto da nessuna parte.

Per il resto, le risposte date dalle Entrate confermano quanto si è già scritto, e cioè che, nel caso di utilizzo del credito, quello che viene sanzionato è l'”improprio” utilizzo. Ad esempio, se la dichiarazi­one ha chiuso originaria­mente con un credito di mille euro e questo è stato utilizzato per 300, se l’infedeltà dichiarati­va lo riduce a 200, la sanzione (dal 90 al 180%) deve essere rapportata a 100, cioè all’”improprio” utilizzo dello stesso.

Va ad ogni modo rilevato, specialmen­te per l’Iva, che se anche la dichiarazi­one poi risultata infedele ha chiuso a credito e quest’ultimo non è stato utilizzato, rimangono sempre applicabil­i le penalità per le violazioni “prodromich­e” quali l’omessa fatturazio­ne o l’indebita detrazione (che assorbono, per effetto del cumulo giuridico, l’ipotetica sanzione per irregolare dichiarazi­one “escogitata” dall’agenzia delle Entrate).

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy