Estromissione senza vincoli gerarchici
Possibile r itenere limitato alle società di capitali l’«ordine» nell’utilizzo delle r iserve
pLa riapertura della facoltà di estromettere l’immobile strumentale da parte dell’imprenditore individuale, resa nuovamente possibile dall’articolo 1, comma 566, della legge di Bilancio 2017, deve “fare i conti” con gli ultimi chiarimenti resi dall’agenzia delle Entrate in tema di assegnazione dei beni ai soci, in considerazione del fatto che le relative disposizioni sono applicabili «in quanto compatibili» anche alle operazioni in esame (comma 121 dell’articolo 1 della legge di Stabilità 2016).
Ma andiamo per ordine. La legge di Bilancio rende possibile l’estromissione degli immobili strumentali posseduti dall’impresa individuale alla data del 31 ottobre 2016, con opzione da esercitarsi tra il 1° gennaio e il 31 maggio 2017. Gli effetti retroagiscono al 1° gennaio, data a partire dalla quale l’immobile è fiscalmente considerato appartenente al patrimonio personale e al di fuori della sfera imprenditoriale. L’operazione, in sé piuttosto semplice, si complica se l’impresa individuale – che supponiamo in contabilità ordinaria - ha proceduto, negli anni scorsi, alla rivalutazione dei beni d’impresa, versando l’imposta relativa ma non quella per l’affrancamento della riserva in sospensione d’imposta. Generalmente queste imprese hanno un restante patrimonio netto fiscalmente irrilevante in quanto già tassato per trasparenza al momento della sua formazione.
Con circolare n. 37/E/2016 l’Agenzia, piuttosto a sorpresa, ha affermato che, in sede di assegnazione, le società possono utilizzare le riserve in sospensione d’imposta solo nella misura necessaria a consentire l’assegnazione dopo aver utilizzato le altre riserve (di utili e di capitale) già disponibili. Al di là del fatto che una simile “gerarchia” nella distribuzione delle riserve non è prevista da alcuna norma, occorre chiedersi se la previsione vale solo per le società di capitali o vada estesa anche alle società di persone e, per quanto attiene all’estromissione, alle imprese individuali. Si tratta di una previsione “compatibile” con la natura di questi soggetti?
In attesa di nuovi chiarimenti, va osservato che la motivazione sottostante all’affermazione delle Entrate si lega alla previsione, contenuta nella medesima circolare, in base alla quale l’affrancamento della riserva in sospensione con l’imposta sostitutiva del 13% - per la parte annullata a segui- to dell’assegnazione - non comporta ulteriori effetti per i soci. Ipotizzando l’utilizzo di sole riserve di utili, l’eventuale dividendo in natura imponibile in capo al socio si ottiene scomputando dal valore normale/catastale attribuito al bene assegnato il differenziale rispetto al costo fiscalmente riconosciuto del bene medesimo e l’entità delle riserve in sospensione d’imposta annullate con versamento del 13 per cento.
Pertanto, vi è generalmente un beneficio per la società di capitali ad utilizzare, per l’assegnazione, le riserve in sospensione d’imposta, in quanto si sostituisce una imposta del 13% alla imposizione del dividendo in capo al socio. Ed è per questo motivo che l’Agenzia ne ha limitato l’utilizzo in caso di presenza di altre riserve, di utili o di capitale.
Se questo è lo scopo della previsione recata dalla circolare n. 37/ E, non sembra che essa possa rivelarsi compatibile al di fuori di tale ambito, atteso che il principio di trasparenza fa sì che, ordinariamente, non vi siano altre riserve da assoggettare ad imposizione sul socio. Per cui, non vi sarebbe motivo di imporre una simile “gerarchia”. Questa conclusione sarebbe molto opportuna per le società di persone e le imprese individuali che pensano alla cessazione dell’attività a seguito della assegnazione o della estromissione, poiché le riserve in sospensione non consumate all’interno della estromissione o della assegnazione subirebbero, in assenza di perdite, la tassazione ordinaria. Anticiparne la tassazione al 19% finirebbe per costituire un vantaggio, che, tuttavia, si ritiene faccia parte dell’ordinario beneficio voluto dal legislatore per queste operazioni.
Peraltro, a ben vedere, è la stessa Agenzia a riconoscere un ruolo peculiare della riserva in sospensione d’imposta nelle società di capitali. Sempre nella circolare n. 37/E si legge che l’applicazione dell’imposta sostitutiva del 13% non incrementa il costo fiscalmente riconosciuto del socio di SnC o SaS, perché tale effetto si è già prodotto «al momento della rivalutazione, quando la società ha versato l’imposta sostitutiva sul maggior valore dei beni». Stando così le cose, l’attribuzione del bene determina, per un pari importo, la decurtazione del costo fiscalmente riconosciuto, che ritorna – in assenza di ulteriori movimenti – al valore pre-rivalutazione, come accade ordinariamente quando queste società ripartiscono utili. Si tratta di una interpretazione innovativa, che, se confermata, contribuirebbe, indirettamente, ad avallare l’incompatibilità della “gerarchia” sulle riserve al di fuori dell’ambito delle società di capitali.
IL PUNTO La conclusione si rivelerebbe favorevole per imprese individuali e società di persone che chiudono dopo l’operazione