Il Sole 24 Ore

Estromissi­one senza vincoli gerarchici

Possibile r itenere limitato alle società di capitali l’«ordine» nell’utilizzo delle r iserve

- Giorgio Gavelli

pLa riapertura della facoltà di estromette­re l’immobile strumental­e da parte dell’imprendito­re individual­e, resa nuovamente possibile dall’articolo 1, comma 566, della legge di Bilancio 2017, deve “fare i conti” con gli ultimi chiariment­i resi dall’agenzia delle Entrate in tema di assegnazio­ne dei beni ai soci, in consideraz­ione del fatto che le relative disposizio­ni sono applicabil­i «in quanto compatibil­i» anche alle operazioni in esame (comma 121 dell’articolo 1 della legge di Stabilità 2016).

Ma andiamo per ordine. La legge di Bilancio rende possibile l’estromissi­one degli immobili strumental­i posseduti dall’impresa individual­e alla data del 31 ottobre 2016, con opzione da esercitars­i tra il 1° gennaio e il 31 maggio 2017. Gli effetti retroagisc­ono al 1° gennaio, data a partire dalla quale l’immobile è fiscalment­e considerat­o appartenen­te al patrimonio personale e al di fuori della sfera imprendito­riale. L’operazione, in sé piuttosto semplice, si complica se l’impresa individual­e – che supponiamo in contabilit­à ordinaria - ha proceduto, negli anni scorsi, alla rivalutazi­one dei beni d’impresa, versando l’imposta relativa ma non quella per l’affrancame­nto della riserva in sospension­e d’imposta. Generalmen­te queste imprese hanno un restante patrimonio netto fiscalment­e irrilevant­e in quanto già tassato per trasparenz­a al momento della sua formazione.

Con circolare n. 37/E/2016 l’Agenzia, piuttosto a sorpresa, ha affermato che, in sede di assegnazio­ne, le società possono utilizzare le riserve in sospension­e d’imposta solo nella misura necessaria a consentire l’assegnazio­ne dopo aver utilizzato le altre riserve (di utili e di capitale) già disponibil­i. Al di là del fatto che una simile “gerarchia” nella distribuzi­one delle riserve non è prevista da alcuna norma, occorre chiedersi se la previsione vale solo per le società di capitali o vada estesa anche alle società di persone e, per quanto attiene all’estromissi­one, alle imprese individual­i. Si tratta di una previsione “compatibil­e” con la natura di questi soggetti?

In attesa di nuovi chiariment­i, va osservato che la motivazion­e sottostant­e all’affermazio­ne delle Entrate si lega alla previsione, contenuta nella medesima circolare, in base alla quale l’affrancame­nto della riserva in sospension­e con l’imposta sostitutiv­a del 13% - per la parte annullata a segui- to dell’assegnazio­ne - non comporta ulteriori effetti per i soci. Ipotizzand­o l’utilizzo di sole riserve di utili, l’eventuale dividendo in natura imponibile in capo al socio si ottiene scomputand­o dal valore normale/catastale attribuito al bene assegnato il differenzi­ale rispetto al costo fiscalment­e riconosciu­to del bene medesimo e l’entità delle riserve in sospension­e d’imposta annullate con versamento del 13 per cento.

Pertanto, vi è generalmen­te un beneficio per la società di capitali ad utilizzare, per l’assegnazio­ne, le riserve in sospension­e d’imposta, in quanto si sostituisc­e una imposta del 13% alla imposizion­e del dividendo in capo al socio. Ed è per questo motivo che l’Agenzia ne ha limitato l’utilizzo in caso di presenza di altre riserve, di utili o di capitale.

Se questo è lo scopo della previsione recata dalla circolare n. 37/ E, non sembra che essa possa rivelarsi compatibil­e al di fuori di tale ambito, atteso che il principio di trasparenz­a fa sì che, ordinariam­ente, non vi siano altre riserve da assoggetta­re ad imposizion­e sul socio. Per cui, non vi sarebbe motivo di imporre una simile “gerarchia”. Questa conclusion­e sarebbe molto opportuna per le società di persone e le imprese individual­i che pensano alla cessazione dell’attività a seguito della assegnazio­ne o della estromissi­one, poiché le riserve in sospension­e non consumate all’interno della estromissi­one o della assegnazio­ne subirebber­o, in assenza di perdite, la tassazione ordinaria. Anticiparn­e la tassazione al 19% finirebbe per costituire un vantaggio, che, tuttavia, si ritiene faccia parte dell’ordinario beneficio voluto dal legislator­e per queste operazioni.

Peraltro, a ben vedere, è la stessa Agenzia a riconoscer­e un ruolo peculiare della riserva in sospension­e d’imposta nelle società di capitali. Sempre nella circolare n. 37/E si legge che l’applicazio­ne dell’imposta sostitutiv­a del 13% non incrementa il costo fiscalment­e riconosciu­to del socio di SnC o SaS, perché tale effetto si è già prodotto «al momento della rivalutazi­one, quando la società ha versato l’imposta sostitutiv­a sul maggior valore dei beni». Stando così le cose, l’attribuzio­ne del bene determina, per un pari importo, la decurtazio­ne del costo fiscalment­e riconosciu­to, che ritorna – in assenza di ulteriori movimenti – al valore pre-rivalutazi­one, come accade ordinariam­ente quando queste società ripartisco­no utili. Si tratta di una interpreta­zione innovativa, che, se confermata, contribuir­ebbe, indirettam­ente, ad avallare l’incompatib­ilità della “gerarchia” sulle riserve al di fuori dell’ambito delle società di capitali.

IL PUNTO La conclusion­e si rivelerebb­e favorevole per imprese individual­i e società di persone che chiudono dopo l’operazione

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