Detrazione Iva ad alta resistenza
L’acquisto r itenuto svantaggioso dal fisco non basta a giustificare la cancellazione dello sconto L’amministrazione deve contestare la fraudolenza dell’operazione
pL’acquisto ritenuto antieconomico dal fisco non legittima il recupero dell’Iva in quanto il diritto alla detrazione non può essere negato solo sul presupposto che il costo sostenuto sia eccessivo. L’amministrazione, infatti, dovrebbe contestare, con elementi oggettivi, la falsità dell’operazione. Ad affermare questi importanti principi è la Corte di cassazione con la sentenza n. 2875 depositata ieri.
Una società acquistava un fabbricato che iscriveva tra le rimanenze, nel bilancio di fine anno, ad un valore inferiore al prezzo pagato. Qualche anno dopo, lo stesso immobile veniva venduto ad un corrispettivo inferiore al prezzo di acquisto, pari circa alla predetta valutazione in bilancio. L’agenzia delle Entrate, ritenendo l’operazione commerciale priva di valida ragione economica, recuperava parte dell’Iva detratta in sede di acquisto, corrispondente alla svalutazione contabilizzata in bilancio. Secondo l’amministrazione, poiché il prezzo pagato per l’acquisizione del fabbricato era superiore al valore “normale”, la parte di Iva su tale differenza non poteva essere detratta.
Il provvedimento era impugnato dinanzi al giudice tributario che, per entrambi i gradi di merito, confermava la legittimità della tesi dell’ufficio considerando antieconomica la compravendita. La società ricorreva in Cassazione, lamentando sia la violazione del diritto al contraddittorio endoprocedimentale, sia la violazione del principio di neutralità dell’Iva.
La Suprema corte ha accolto entrambe le eccezioni. Innanzitutto, ha rilevato che trattandosi di una rettifica Iva, quindi di un tributo armonizzato, l’amministrazione finanziaria è gravata di un generale obbligo di contraddittorio preventivo all’emissione dell’atto, la cui violazione comporta l’invalidità se il contribuente dimostra concretamente le ragioni che avrebbe potuto far valere (Cassazione, sezioni unite, n. 24823/2015). Nella specie, la società, anche con specifico motivo di impugnazione, aveva rilevato la violazione del principio di neutralità dell’Iva e pertanto tali ragioni potevano essere affrontate nel contraddittorio omesso. Ne conseguiva l’invalidità dell’avviso di accertamento in quanto emesso senza rispettare tale diritto.
I giudici di legittimità hanno poi affrontato la lamentata violazione del principio di neutralità. Secondo la società il prezzo corrisposto per l’acquisto dell’immobile, seb- bene superiore al corrispettivo di vendita, era stato regolarmente fatturato con l’addebito della relativa Iva, che risultava così interamente versata al fornitore. La contribuente aveva pertanto diritto alla detrazione in quanto la rettifica contrastava con il principio di neutralità.
La Cassazione ha ricordato che rientra nei poteri dell’amministrazione finanziaria la valutazione di congruità dei costi e dei ricavi, anche se non ricorrano irregolarità nelle scritture contabili o vizi degli atti giuridici compiuti. A ciò consegue la possibilità di negare la deducibilità della parte di costo sproporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa. Tuttavia, tali “poteri” non sono automaticamente applicabili in materia di Iva poiché il diritto alla detrazione, secondo i principi affermati dalla Corte di giustizia, può essere negato solo quando l’amministrazione dimostri con elementi oggettivi, che si tratti di un’operazione non veritiera, fraudolenta o abusiva. Ne consegue che pur in presenza di antieconomicità non è consentito rideterminare il valore delle prestazioni e dei servizi acquistati dall’imprenditore escludendo il diritto alla detrazione.