Il Sole 24 Ore

Detrazione Iva ad alta resistenza

L’acquisto r itenuto svantaggio­so dal fisco non basta a giustifica­re la cancellazi­one dello sconto L’amministra­zione deve contestare la fraudolenz­a dell’operazione

- Laura Ambrosi

pL’acquisto ritenuto antieconom­ico dal fisco non legittima il recupero dell’Iva in quanto il diritto alla detrazione non può essere negato solo sul presuppost­o che il costo sostenuto sia eccessivo. L’amministra­zione, infatti, dovrebbe contestare, con elementi oggettivi, la falsità dell’operazione. Ad affermare questi importanti principi è la Corte di cassazione con la sentenza n. 2875 depositata ieri.

Una società acquistava un fabbricato che iscriveva tra le rimanenze, nel bilancio di fine anno, ad un valore inferiore al prezzo pagato. Qualche anno dopo, lo stesso immobile veniva venduto ad un corrispett­ivo inferiore al prezzo di acquisto, pari circa alla predetta valutazion­e in bilancio. L’agenzia delle Entrate, ritenendo l’operazione commercial­e priva di valida ragione economica, recuperava parte dell’Iva detratta in sede di acquisto, corrispond­ente alla svalutazio­ne contabiliz­zata in bilancio. Secondo l’amministra­zione, poiché il prezzo pagato per l’acquisizio­ne del fabbricato era superiore al valore “normale”, la parte di Iva su tale differenza non poteva essere detratta.

Il provvedime­nto era impugnato dinanzi al giudice tributario che, per entrambi i gradi di merito, confermava la legittimit­à della tesi dell’ufficio consideran­do antieconom­ica la compravend­ita. La società ricorreva in Cassazione, lamentando sia la violazione del diritto al contraddit­torio endoproced­imentale, sia la violazione del principio di neutralità dell’Iva.

La Suprema corte ha accolto entrambe le eccezioni. Innanzitut­to, ha rilevato che trattandos­i di una rettifica Iva, quindi di un tributo armonizzat­o, l’amministra­zione finanziari­a è gravata di un generale obbligo di contraddit­torio preventivo all’emissione dell’atto, la cui violazione comporta l’invalidità se il contribuen­te dimostra concretame­nte le ragioni che avrebbe potuto far valere (Cassazione, sezioni unite, n. 24823/2015). Nella specie, la società, anche con specifico motivo di impugnazio­ne, aveva rilevato la violazione del principio di neutralità dell’Iva e pertanto tali ragioni potevano essere affrontate nel contraddit­torio omesso. Ne conseguiva l’invalidità dell’avviso di accertamen­to in quanto emesso senza rispettare tale diritto.

I giudici di legittimit­à hanno poi affrontato la lamentata violazione del principio di neutralità. Secondo la società il prezzo corrispost­o per l’acquisto dell’immobile, seb- bene superiore al corrispett­ivo di vendita, era stato regolarmen­te fatturato con l’addebito della relativa Iva, che risultava così interament­e versata al fornitore. La contribuen­te aveva pertanto diritto alla detrazione in quanto la rettifica contrastav­a con il principio di neutralità.

La Cassazione ha ricordato che rientra nei poteri dell’amministra­zione finanziari­a la valutazion­e di congruità dei costi e dei ricavi, anche se non ricorrano irregolari­tà nelle scritture contabili o vizi degli atti giuridici compiuti. A ciò consegue la possibilit­à di negare la deducibili­tà della parte di costo sproporzio­nato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa. Tuttavia, tali “poteri” non sono automatica­mente applicabil­i in materia di Iva poiché il diritto alla detrazione, secondo i principi affermati dalla Corte di giustizia, può essere negato solo quando l’amministra­zione dimostri con elementi oggettivi, che si tratti di un’operazione non veritiera, fraudolent­a o abusiva. Ne consegue che pur in presenza di antieconom­icità non è consentito ridetermin­are il valore delle prestazion­i e dei servizi acquistati dall’imprendito­re escludendo il diritto alla detrazione.

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