Ai politici mancano coraggio, visione e idee per il bene comune
Ci risiamo. È partita la girandola delle elezioni e si parla di legge elettorale, date, alleanze, primarie. Mentre il mondo corre, qui da noi si parla sempre e solo di elezioni. Se almeno queste elezioni servissero a selezionare una classe dirigente capace e di alto profilo potrei anche capirlo, ma qui l’unico profilo che si vede è quello che compare su Facebook o su altri social. E allora lancio una proposta. Visto che per vincere un concorso da dirigente nella Pa bisogna superare una serie di prove, tra cui test attitudinali, prove culturali, conoscenza della lingua inglese etc, perché non fare lo stesso con i politici che si candidano?
Lino Renzetti
San Donà di Piave (VE) Gentile Carrubba, reduci da una fratricida consultazione referendaria, ora assistiamo a film già visti. Ci aspetta una nuova elezione ma la nostra classe politica individuerà, con un vero coupe de théâtre, un’innovativa legge elettorale oppure nei prossimi mesi (quanti) sentiremo discussioni su discussioni mentre il Pil resta fermo?
Gianluca Caldironi
Bellaria (RM) I due lettori ripropongono (con ricche argomentazioni che è un peccato dover tagliare) il sentimento di rammaricata impotenza col quale molti cittadini guardano alla politica di oggi. Sono preoccupati di quanto succede (o non succede), vedono classi dirigenti complessivamente paralizzate (per cause proprie ed esterne), denunciano i limiti di un’opinione pubblica in perenne stato di indignazione (purché contro gli interessi degli altri). E le pensano tutte, pur di uscire dal guado, compresi i concorsi pubblici per i candidati, senza badare, probabilmente che anche Cavour, De Gasperi o Churchill, se avessero dovu- to sottoporsi a concorso, sarebbero stati bocciati. Perché le autentiche doti di uno statista e di un leader (vale anche per le aziende), ossia la visione, il carisma, il coraggio, la capacità di trascinare, non sono misurabili in un test o in un colloquio. Se mai, servono le idee, e quelle latitano, per smarrimento dinanzi a una situazione di radicale cambiamento che non siamo più attrezzati ad affrontare perché sprovvisti di chiavi interpretative e visioni del mondo (chiamiamole pure ideologie, anche se, per ricostituire una cassetta degli attrezzi, basterebbe qualche buon libro). Cattolici, comunisti, laburisti, liberali avevano chiavi di lettura e di azione: tutte erano discutibili, qualcuna sbagliata, o era sbagliata la determinazione a piegare la realtà alle proprie idee. Ma forse era meglio che rinunciare alle idee per adeguarsi al mondo.
Consoliamoci (per modo di dire) rilevando che la questione non è inedita (le esplosioni di populismo in Usa ci furono già prima di Trump) e non solo italiana, anche se il nostro sistema certamente paga prezzi più elevati per condizioni di debolezza congenita che non abbiamo più saputo affrontare da anni: ma la mancanza della politica nel rinnovare prima le idee e poi le facce sta condizionando molti Paesi, in cui gli elettori sono pronti piuttosto a scommettere sbrigativamente solo sul ricambio delle persone, indipendentemente dalle idee che sostengono o dai risultati che garantiscono.