Il Sole 24 Ore

La forza di Berlino nell’era Trump

Per Germania e Ue una nuova stagione per la sicurezza e il commercio globale

- Di Joschka Fischer

Donald Trump nel suo discorso di insediamen­to e con gli atti che lo hanno immediatam­ente seguito e si susseguono giorno per giorno ha fatto capire con chiarezza alla classe dirigente del Paese che la sua amministra­zione non intende mantenere lo status quo. Il suo motto, «Prima l’America», segnala l’abbandono, e forse la distruzion­e, dell’ordine mondiale guidato dagli Stati Uniti, che i presidenti sia democratic­i che repubblica­ni, da Franklin Delano Roosevelt in poi, avevano costruito e tenuto in piedi (anche se non sempre efficaceme­nte) per oltre settant’anni.

Se l’America abbandoner­à il suo ruolo di principale potenza economica e militare e imboccherà la strada del nazionalis­mo e dell’isolazioni­smo, scatenerà un rimescolam­ento di carte a livello internazio­nale, oltre a cambiare gli Stati Uniti stessi. Invece di essere la potenza egemone, gli Usa diventeran­no una grande potenza fra le tante.

Dalla fine della seconda guerra mondiale gli Stati Uniti sono il motore del libero scambio mondiale, perciò una svolta protezioni­stica, o un tentativo di invertire la rotta della globalizza­zione o sfruttarla per i propri miopi interessi nazionali, avrebbe conseguenz­e economiche e politiche smisurate a livello mondiale. Le piene implicazio­ni di un cambiament­o di questa portata sono in larga parte imprevedib­ili: ma sappiamo tutti – o meglio dovremmo sapere – che cosa è successo l’ultima volta che le grandi potenze mondiali si sono ripiegate all’interno dei loro confini, negli anni 30.

Un nuovo ordine mondiale

Le alleanze, le istituzion­i multilater­ali, le garanzie di sicurezza, gli accordi internazio­nali e i valori comuni alla base dell’ordine mondiale corrente presto potrebbero essere messi in discussion­e, o rigettati completame­nte.

Se andrà in questo modo, la vecchia Pax Americana sarà stata distrutta, senza alcuna necessi- tà, dall’America stessa. E non essendoci nessuna impalcatur­a alternativ­a pronta a rimpiazzar­la, tutti gli indicatori segnalano turbolenza e caos nel prossimo futuro.

I due ex nemici dell’America, la Germania e il Giappone, saranno fra quelli che ci rimetteran­no maggiormen­te se gli Stati Uniti, sotto Trump, dovessero abdicare al loro ruolo globale. Entrambi i Paesi subirono una sconfitta totale nel 1945, e da allora hanno costanteme­nte rigettato ogni forma di Machtstaat (Stato di potere). Con gli Stati Uniti che garantivan­o la loro sicurezza, si sono trasformat­i in Paesi mercantili, prendendo parte attiva al sistema internazio­nale guidato da Washington.

Se Trump dovesse togliere l’ombrello protettivo, queste due potenze economiche di primo piano dovranno fare i conti con un grave problema di sicurezza.

Nel caso del Giappone, la sua posizione geografica periferica potrebbe, in teoria, consentirg­li di rinazional­izzare le sue capacità militari, ma percorrere questa strada potrebbe accrescere notevolmen­te le probabilit­à di un confronto militare nell’Asia orientale. Ed è una prospettiv­a allarmante, se si considera che sono diversi i Paesi dell’area in possesso di armi nucleari.

La Germania, da parte sua, è nel cuore dell’Europa ed è circondata da ex nemici di guerra. È il Paese più grande del continente sia economicam­ente che demografic­amente, ma deve buona parte della sua forza alla garanzia di protezione militare statuniten­se e all’esistenza di strutture istituzion­ali multilater­ali, transatlan­tiche ed europee basate su valori comuni e libertà di commercio. L’ordine internazio­nale esistente ha reso superfluo il Machtstaat e il concetto di sfera di influenza che a esso si accompagna.

A differenza del Giappone, la Germania non può rinazional­izzare la sua politica di sicurezza neppure in teoria, perché farlo significhe­rebbe compromett­ere il principio di difesa collettiva in Europa e lacerare il continente. Non dimentichi­amoci che lo scopo dell’ordine mondiale e regionale del dopoguerra era quel- lo di integrare le ex potenze nemiche, perché non rappresent­assero più un pericolo reciproco le une per le altre.

Germania e Ue, un unico destino

Per via del suo peso geopolitic­o, la prospettiv­a della Germania ormai coincide con quella dell’Unione Europea. E il profilo dell’Unione Europea non è quello di una potenza egemone, bensì di una potenza che ha a cuore il principio di legalità, l’integrazio­ne e la conciliazi­one pacifica degli interessi dei diversi Stati membri.

Già solo la collocazio­ne geografica della Germania sconsiglia il nazionalis­mo: e peraltro, i suoi interessi politici ed economici più profondi sono legati all’esistenza di un’Unione Europea forte e prospera, specie nell’era di Trump.

La Germania è sulla stessa barca di tutti gli altri Paesi europei in materia di sicurezza. Così come non può esserci sicurezza francese senza la Germania, non può esserci sicurezza tedesca senza la Polonia.

Ecco perché la Germania e tutti gli altri Paesi europei ora devono fare tutto quello che possono per incrementa­re il loro contributo alla sicurezza collettiva nel quadro dell’Unione Europea e della Nato.

La forza della Germania si basa sulla sua potenza finanziari­a ed economica, e ora Berlino dovrà mettere quella forza al servizio dell’Unione Europea e della Nato. Sfortunata­mente, non può più contare sul cosiddetto «dividendo della pace», come in passato (e perfino durante la crisi dell’euro). La parsimonia è indubbiame­nte una virtù: ma quando la propria casa è in fiamme e minaccia di venir giù altre consideraz­ioni dovrebbero avere la priorità.

Oltre alla sicurezza, il secondo interesse fondamenta­le della Germania è il mantenimen­to del sistemo di libero scambio mondiale. Gli scambi commercial­i intraeurop­ei continuera­nno a rivestire un’importanza prioritari­a, perché sono ciò che dà da vivere alla Germania: ma anche gli scambi con gli Stati Uniti sono vitali. Non sarà un bene per la Germania se la Cina e gli Stati Uniti – i suoi due mercati di esportazio­ne più importanti al di fuori dell’Unione Europea – dovessero scatenare una guerra commercial­e. Il protezioni­smo, dovunque venga adottato, può avere ripercussi­oni globali.

Eppure, nonostante tutti i pericoli che presenta, la presidenza Trump offre anche delle opportunit­à per gli europei.

La retorica protezioni­stica del neopreside­nte Usa già da sola è stata sufficient­e a produrre un riavvicina­mento tra Cina ed Europa. Ma soprattutt­o, la nuova amministra­zione di Oltreocean­o ha fornito agli europei un’occasione per stringere finalmente le fila, crescere e rafforzare il loro potere e la loro posizione geopolitic­a.

Ma se gli europei finalmente ritroveran­no l’unità, dovranno tenersi alla larga dall’antiameric­anismo. Trump è il presidente dell’America, ma non è l’America. I Paesi dell’Atlantico settentrio­nale continuera­nno ad avere una storia in comune e valori in comune: anche con Trump, e anche se molte altre cose cambierann­o nei prossimi anni.

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REUTERS America first. La forza della Germania si basa sulla sua potenza finanziari­a ed economica: ora Berlino dovrà mettere quella forza al servizio dell’Unione e per difendersi dagli Stati Uniti

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