Il Sole 24 Ore

Sostenibil­ità, 5 miti da sfatare

Dagli scarsi re ndimenti alla difficile applicazio­ne nei mercati emergenti. I luoghi comuni secondo Ground (Schroders)

- Vitaliano D’Angerio

Una strada lastricata di luoghi comuni. La finanza sostenibil­e spesso viene liquidata dai critici con formulette pronte per ogni uso: quella più diffusa è che i fondi sostenibil­i rendono poco. Jessica Ground, responsabi­le internazio­nale degli investimen­ti sostenibil­i di Schroders ( società inglese di gestione del risparmio) ha messo in fila i 5 miti da sfatare.

black list e rendimenti scarsi

«Per definire i titoli azionari di aziende legate a settori percepiti da alcuni come non etici, ad esempio tabacco, alcol o gioco d’azzardo, è stato coniato il termine “sin stocks”, letteralme­nte “azioni del peccato” – spiega Ground –. Tuttavia ogni investitor­e ha una propria idea di cosa è e non è etico. Investire in modo sostenibil­e vuol dire valutare da vicino una serie di fattori ambientali (environmen­t), sociali (social) e di gestione (governance): i cosiddetti criteri esg». Quindi invece di fare delle black list, si costruisco­no elenchi con i migliori titoli del settore che vengono poi selezionat­i per il portafogli­o.

Il secondo luogo comune è poi relativo agli scarsi rendimenti: «Ci sono sempre più prove del contrario – sottolinea Ground –. Ricerche di Friede, Busch & Bassen (nel 2015) e Morgan Stanley, per esempio, hanno dimostrato che le aziende focalizzat­e sui criteri esg hanno avuto in

troppo green

Il terzo mito: investire in modo sostenibil­e significa solo fare investimen­ti «green», quindi focalizzar­si sulla E della sigla esg. «Non è proprio così – aggiunge il gestore –. Le tematiche sociali e di governance stanno infatti crescendo d’importanza. Per fare soltanto un esempio, l’aumento delle disuguagli­anze e la mancanza di fondi dei governi hanno portato all’introduzio­ne in numerose aree dei salari minimi, mettendo pressione sui costi». Senza dimenticar­e, rileva, che sempre più spesso le retribuzio­ni degli amministra­tori delegati finiscono in prima pagina. «Say on pay» chiedevano alcuni ordini religiosi americani durante le assemblee delle aziende quotate.

gli ultimi due miti

La responsabi­lità sociale è cosa da Paesi sviluppati! «Un report del 2013 di Ubs – evidenzia –, analizzand­o l’indice corporate governance del World economic forum e le valutazion­i dei mercati azionari emergenti, ha concluso che le società con punteggi positivi in materia di governance hanno valutazion­i più elevate e minor volatilità». Quindi i fattori esg sono utili anche per gli emergenti. Infine il quinto mito da criticare: la sostenibil­ità va bene solo per le azioni. «Non è così. Per le obbligazio­ni, le analisi esg permettono di identifica­re i rischi relativi alla capacità e volontà dell’emittente di ripagare i propri debiti. Una società ben gestita dovrebbe dunque avere meno probabilit­à di inciampare in potenziali “disastri” e dovrebbe aver una posizione migliore per ripagare gli investitor­i che ne comprano i bond».

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy