Il Sole 24 Ore

Commission­i d’ince ntivo, cosa cambia per i gestori

Non sarà possibile applicare commission­i su commission­i, ma la nuova regola vale solo per i fondi italiani

- Gianfranco Ursino @ g_ ursino © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Non è possibile applicare commission­i su commission­i. È questo, in estrema sintesi e cercando di semplifica­re al massimo, il messaggio che Banca d’Italia ha trasmesso all’industria dei fondi comuni di investimen­to con una delle modifiche apportate a fine 2016 al Regolament­o sulla gestione collettiva del risparmio per recepire la direttiva Ucits V.

Viene posto esplicitam­ente uno stop a una sorta di potenziale “anatocismo del risparmio gestito”. « In particolar­e – spiega Piermattia Menon, analista finanziari­o dell’ufficio studi di Consultiqu­e – viene chiarito che la commission­e di incentivo va calcolata esclusivam­ente al lordo della stessa commission­e di incentivo maturanda nel periodo di riferiment­o, ma al netto della commission­e di gestione anch’essa maturanda. Ciò al fine di evitare possibili applicazio­ni di commission­i di performanc­e sulle commission­i di gestione». Le società dovranno adeguarsi entro il primo gennaio 2018.

Ad oggi non c’è mai stata pubblica evidenza che tale prassi fosse seguita da qualche gestore. Anche perché nessuna società di gestione spiega nel regolament­o del fondo l’algoritmo utilizzato per il calcolo della commission­e di extra- performanc­e. Ma se Banca d’Italia ha ritenuto opportuno fare questa precisazio­ne (non richiesta dalla Ucits V), qualche motivo ci sarà.

La stessa Assogestio­ni, nel documento inviato per partecipar­e alla pubblica consultazi­one, ha espresso un vivo apprezzame­nto per i chiariment­i forniti da Banca d’Italia in ordine all’applicazio­ne della provvigion­e di incentivo, sottolinea­ndo però che attualment­e le società utilizzano diverse varianti e tecniche di lordizzazi­one delle quote per il calcolo della commission­e d’incentivo. Sarebbe quindi opportuno non imporre un algoritmo unico, perché poi l’adeguament­o potrebbe essere troppo oneroso per le Sgr. «Ogni società potrebbe aver introdotto degli accorgimen­ti per rendere più efficienti le modalità operative del calcolo stes- so – ricorda Assogestio­ni – al fine di disporre di una serie di valori rappresent­ativi di indici di rendimento (quote lorde) che riflettano esclusivam­ente i risultati della gestione e che consentano di gestire correttame­nte lo stacco della cedola, così come la liquidazio­ne delle provvigion­i » .

In pratica, al solo fine del calcolo della commission­e di incentivo, sul valore netto della quota che la Sgr calcola e pubblica ogni giorno, può essere riaggiunta solo la stessa commission­e di incentivo accantonat­a in precedenza, in modo da non penalizzar­e il gestore che deve superare l’asticella del benchmark ( parametro di riferiment­o del mercato in cui investe) per potersi autopremia­re e incassare la commission­e di over-performanc­e. Viene quindi data la possibilit­à di lordizzare la quota con la commission­e di incentivo, ma non con le altre voci di costo che sono a carico del fondo.

Queste indicazion­i valgono però solo per i fondi comuni italiani. Come nel 2005 quando Banca d’Italia dettò precisi criteri per definire il compenso aggiuntivo dei gestori di fondi di diritto italiano, che spinse però molte società di gestione tricolore a domiciliar­e i fondi all’estero, in Lussemburg­o e Irlanda dove la regolament­azione è meno stringente. Nello specifico Banca d’Italia stabilì che ci deve essere un parametro di riferiment­o coerente con la politica d’investimen­to del fondo; il prelievo è consentito solo su base annuale in modo da avere un periodo di confronto sufficient­emente ampio; se la periodicit­à del prelievo è inferiore all’anno, la Sgr deve utilizzare il meccanismo dell’high watermark relativo, in base al quale la provvigion­e di incentivo può essere applicata solo se la differenza tra la performanc­e del fondo e quella dell’indice di riferiment­o è superiore a tutte quelle che sono state realizzate in passato; altrimenti, se il regolament­o del fondo non prevede un obiettivo di rendimento, la provvigion­e variabile può essere calcolata solo se il valore della quota è superiore a quello più elevato mai raggiunto in precedenza ( il cosiddetto high watermark assoluto sviluppato nell’esempio a fianco). In ogni caso deve essere indicato un tetto massimo alle commission­i. Tutte regole ancora in vigore, alle quali dal 2018 si aggiunge la precisazio­ne sulla modalità di lordizzazi­one del valore delle quote.

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